Risorgimento italiano sintesi

 


 

Risorgimento italiano sintesi

 

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Risorgimento italiano sintesi

 

Il Risorgimento

È il periodo della storia italiana dai primi dell’Ottocento fino al 1870, in cui il nostro Paese acquistò l’indipendenza e l’unità.
In Italia la lotta contro la repressione assunse l’aspetto di una riscossa nazionale e si chiamò Risorgimento. Da secoli il Paese era privo di unità politica; inoltre la maggior parte degli Stati in cui la Penisola risultava divisa erano governati da dinastie straniere. Per questo motivo, l’obiettivo comune degli Italiani che combattevano durante il Risorgimento era quello di fare «risorgere» la loro nazione, conquistando l’unità e l’indipendenza.
L’evento usato tradizionalmente per fissare una data da cui far partire idealmente il Risorgimento italiano, è il Congresso di Vienna, tenutosi nella capitale austriaca tra l’ottobre 1814 e il giugno 1815 per ripristinare l’assetto territoriale degli Stati europei e restaurare la legittimità dei sovrani dopo le guerre napoleoniche.

 

La Restaurazione


Il Congresso di Vienna

Il periodo che va dal Congresso di Vienna (1815) alle Rivoluzioni del 1848 è chiamato “Restaurazione” perché in esso ebbe luogo il tentativo delle monarchie e delle aristocrazie europee di restaurare, cioè ricostituire, lo stato di cose precedente agli sconvolgimenti della Rivoluzione francese e del dominio napoleonico. In realtà, agli uomini politici più attenti non sfuggiva che un ritorno puro e semplice alla situazione prerivoluzionaria era impossibile: i principi di libertà e uguaglianza, le conquiste civili e politiche, il ruolo ormai dominante della classe borghese non potevano essere cancellati con un colpo di spugna.

 

I principi della Restaurazione
Le grandi potenze europee che avevano sconfitto Napoleone e la Francia, riunite in congresso a Vienna, si accordarono su una linea politica costituita da due punti fondamentali:
• ridisegnare la carta politica d’Europa cercando di restituire ai legittimi sovrani i territori sui quali regnavano prima delle conquiste napoleoniche (principio del legittimismo);
• impegnarsi a soffocare ogni tentativo di ribellione all’interno di singoli stati. A tal fine, Austria, Russia e Prussica firmarono un patto di reciproca assistenza (la Santa Alleanza).

 

La Restaurazione e i suoi nemici
Questa linea politica era destinata a incontrare una forte opposizione in tutti i paesi europei. Erano contrari, anzitutto, i liberali, cioè coloro che non erano disposti a rinunciare alle grandi conquiste della Rivoluzione: uguali diritti civili; libertà di stampa, di associazione, di commercio; costituzione. Furono queste  le rivendicazioni della parte più moderata del movimento liberale. Altri, i democratici, arrivano a darsi obiettivi di repubblica, suffragio universale, riforme sociali.
In molti paesi europei, inoltre, a questi motivi di opposizione si univano le aspirazioni nazionali e patriottiche. Il Congresso di Vienna, nel tracciare i confini politici dell’Europa restaurata, non aveva tenuto conto della volontà dei popoli, del loro desiderio di unità e indipendenza.
Era questo un modo di procedere tipico dell’ Ancien Régime: non contano i popoli ma i sovrani. Si era però ormai diffuso in Europa un nuovo modo di vedere, fondato sulla dignità del popolo e della nazione.

 

I moti liberali

Più volte, nel corso dei primi decenni dell’Ottocento, l’ordine europeo fu scosso da sussulti rivoluzionari le cui parole d’ordine erano costituzione e indipendenza; così accadde nel 1820-21 in Spagna, a Napoli, in Piemonte, e nel 1830-31 in Francia, Belgio, Polonia e, per l’Italia, in  Emilia Romagna. Questi tentativi, in massima parte falliti, in primo luogo a causa dell’immaturità politica dei patrioti e dell’isolamento in cui si trovavano, indicavano tuttavia come i principi della Restaurazione non potessero costituire una risposta accettabile ai fermenti e alle aspirazioni che attraversavano l’Europa.
I moti insurrezionali scoppiati in Italia e in altri paesi europei nel 1820-21 erano falliti a causa soprattutto dell’isolamento dei patrioti (una ristretta élite di intellettuali ) dal resto della popolazione e a causa del carattere ancora localistico e provinciale di tali iniziative. Fu solamente a partire dal 1831 che in Italia si delinearono programmi politici chiari e capaci di riscuotere il consenso dell’opinione pubblica e che l’obiettivo dell’ ”unità nazionale” fu messo chiaramente all’ordine del giorno.
Emersero diversi punti di vista politici e diverse proposte, che si richiamarono sostanzialmente a due grandi orientamenti: liberale moderato e democratico.

 

I moderati e i democratici

Le divergenze tra questi due schieramenti riguardano sia gli obiettivi della lotta, sia i mezzi da impiegare. I moderati, rappresentati da uomini come Gioberti, D’Azeglio, Balbo e Cavour, ritenevano che il processo di unificazione dovesse essere guidato dall’alto, da un sovrano, attraverso riforme successive e graduali, evitando momenti insurrezionali. Pensavano all’Italia del futuro come a una monarchia costituzionale di carattere liberale.
I democratici, al contrario, pensavano che il “risorgimento” nazionale dovesse coinvolgere pienamente le masse popolari, attraverso l’insurrezione nazionale. L’Italia nuova non doveva essere fatta dai principi, ma dal popolo, doveva essere unita e repubblicana e doveva realizzare il principio della sovranità popolare attraverso il suffragio universale.

 

Il Risorgimento viene guidato dai moderati

Le posizioni vincenti furono quelle del moderatismo liberale: l’unificazione italiana avvenne sotto la direzione dei moderati di Cavour.
Il popolo aveva partecipato in modo determinante al processo risorgimentale.
In Italia nel 1848 iniziò il movimento di riscossa nazionale che in poco più di un ventennio avrebbe portato all’unità politica del Paese, concludendo così il processo storico definito «Risorgimento». Il fuoco insurrezionale si propagò rapidamente. Alcuni  regnanti concessero la costituzione: da ricordare lo Statuto albertino, che dal Regno di Sardegna sarebbe stato esteso a tutta l’Italia.
Nel marzo 1848 l’insurrezione delle «cinque giornate» di Milano determinò l’inizio della Prima guerra d’indipendenza, dichiarata dal Regno piemontese contro l’Austria; si concluse con la sconfitta di Carlo Alberto a Novara e con la sua abdicazione in favore del figlio Vittorio Emanuele II.
Grazie all’abile politica diplomatica del ministro Camillo Benso di Cavour, il nuovo sovrano sabaudo ottenne l’alleanza con la Francia e poté dichiarare all’Austria la Seconda guerra d’indipendenza, conclusasi poi, nonostante le vittorie, con un armistizio insoddisfacente per il Piemonte (che otteneva, comunque, la Lombardia).
Nell’aprile del 1860 in Sicilia scoppiò una rivolta contro i Borboni: Giuseppe Garibaldi, un fervente mazziniano che per anni aveva combattuto in America del Sud a sostegno delle nuove repubbliche indipendenti, allestì una spedizione di mille volontari e sbarcò nell’isola conquistandola. Proseguì quindi la sua travolgente marcia nel Sud dell’Italia liberandolo dalla dominazione dei Borboni. Incontrandosi con Vittorio Emanuele II a Teano, presso Caserta, Garibaldi gli consegnò il Regno delle Due Sicilie e lo salutò con il titolo di «re d’Italia».
Nel marzo del 1861 venne proclamato ufficialmente il Regno d’Italia cui mancavano, per essere completo, il Lazio (Stato pontificio), il Veneto, il Friuli e il Trentino (ancora austriaci). Il riscatto di questi ultimi territori venne tentato nella Terza guerra d’indipendenza (1866), combattuta contro gli Asburgo a fianco della Prussia. Per l’Italia la guerra si risolse in una sconfitta, ma le decisive vittorie dei Prussiani ottennero dall’Austria la cessione del Veneto agli Italiani.


Vittorio Emanuele incontra Garibaldi presso Teano
Garibaldi in America Latina

Giuseppe Garibaldi nacque nel 1807 a Nizza da una famiglia benestante di marinai e pescatori. Cominciò la sua carriera come marinaio; iscrittosi alla Giovine Italia, fu costretto ad andare in esilio dopo il fallimento dei moti mazziniani del 1834.
La sua fama gli veniva dal Sudamerica dove si era trasferito per sfuggire alla polizia piemontese (era stato condannato a morte e proscritto), disgustato dall’atteggiamento di Mazzini che pure aveva chiamato “fratello”. Qui soggiornò tra il 1835 e il 1848 e partecipò alle numerose guerre che seguirono all’indipendenza. Combatté in Brasile e difese il piccolo Uruguay dagli attacchi della potente Argentina.
Si imbarcò come comandante in seconda di una nave diretta a Rio de Janeiro, ma appena giunto in quelle terre angariate, i suoi sentimenti di rivolta e l’ansia di libertà lo portarono a combattere nell’esercito della repubblica di Rio Grande do Sul: vita avventurosa, romantica, incontrando altri rivoluzionari, rubando la moglie a un pescatore di Laguna. Anita Jésus lo accompagnerà per tutta la vita, fin dalla prima battaglia navale nell’ottobre 1839 in cui Garibaldi vide morire i suoi amici migliori. A quell’epoca, egli viveva a cielo aperto, cercando rifugio solo dalle intemperie. Anita mise al mondo il primo figlio durante il combattimento contro il feroce Moringue. Anche in questa occasione le vicende furono sfavorevoli a Garibaldi: perse amici e dovette fuggire, attraversando deserti e montagne. Goncalves, il capo dei guerriglieri, gli diede per compenso 900 capi di bestiame, che Garibaldi condusse fino a Montevideo. Il soldato, tuttavia, dimenticò presto di poter diventare un canchero: nel 1845 guidò la Legione italiana nella lunga guerra di difesa combattuta dalla giovane repubblica uruguaiana contro il dittatore argentino Rosas. Lo scontro decisivo avvenne a San Antonio del Salto (8 febbraio 1846) quando Garibaldi e i volontari ebbero ragione del nemico.
Una volta fu preso prigioniero, frustato e trascinato per chilometri legato a un cavallo, un’altra volta una pallottola gli attraversò il collo e poté essere curato solo dopo dieci giorni. La guerriglia nella giungla gli causò la malaria e un’artrite deformante che lo tormentarono per tutta la vita. Ma il suo fisico era straordinariamente forte e questi disagi rafforzarono anche la sua fibra morale.
A quest’epoca egli scrisse a Mazzini, dicendosi disposto a condurre la sua Legione in Italia per combattere per la libertà italiana. Mazzini annotò: «Questo mio compatriota dovrebbe esser meglio conosciuto. Spero che un giorno o l’altro egli voglia prendere parte preminente alle cose d’Italia». Mai Mazzini fu così profeta. Garibaldi non tradì le sue attese: si imbarcò per la patria lontana con appena 63 volontari e offrì la sua spada prima a Carlo Alberto, poi a Pio IX, poi ancora al granduca di Toscana. Tutti tergiversavano, perché Garibaldi intendeva “liberare l’Italia dallo straniero”. Il governo provvisorio della Lombardia, infine, lo nominò generale di brigata: era il 14 luglio 1848. Era iniziata la grande avventura, irta di pericoli, fitta di delusioni, piena di amarezza, ma ricca di vittorie e dell’amore di tutto un popolo. Da quell’anno in poi divenne uno dei massimi protagonisti del Risorgimento.
Nel 1855 comprò un terreno a Caprera e vi si rifugiò spesso quando i suoi dissensi con il governo, prima piemontese e poi italiano, lo amareggiavano.
Oggi Garibaldi ha un posto ben preciso tra i grandi uomini del XIX secolo: in primo luogo come eroe nazionale e come soldato al quale, più che a ogni altro, si dovette l’Unità d’Italia.
L’“Inno d’Italia”

 Goffredo Mameli

 Michele Novaro

Il 1848 si aprì con la decisione di Ferdinando II, sovrano del Regno delle Due Sicilie, di concedere lo Statuto. Si trattava di un atto senza precedenti, in quanto dava la possibilità ai sudditi di partecipare al governo dello stato tramite propri rappresentanti. Pochi mesi dopo anche il pontefice Pio IX e i sovrani Leopoldo II di Toscana e Carlo Alberto re di Sardegna seguirono l’esempio di Ferdinando.
In questo contesto ricco di attese nacque l’inno di Mameli che oggi è il nostro inno nazionale. Esso venne pubblicato e diffuso per la prima volta il 10 dicembre 1847. Composto da cinque strofe, rievoca nei suoi passaggi la storia dell’Italia attraverso esempi di eroismo del passato, gli italiani non devono scordare che l’Italia è stata patria di eroi e per essere degni di tale storia, devono combattere per liberarsi dalla schiavitù allo straniero.

 

Il poeta

Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l’anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone “Il Canto degli Italiani”. D’ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri.
Dopo l’armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.
Muore d’infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli ventidue anni.
Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.
Il musicista

Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò composizione e canto. Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano.
Convinto liberale, offrì alla causa dell’indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine.
Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso, neanche dopo l’Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno.
Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.

 

Come nacque l’inno

La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli.
Siamo a Torino: “Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d’accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell’anno per ogni terra d’Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l’alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi – Coll’azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi.
In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l’egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To’ gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos’è; gli fan ressa d’attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell’aprile del ‘75, avendogli io chiesto notizie dell’Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo.
Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all’inno, mettendo giù frasi melodiche, l’un sull’altra, ma lungi le mille miglia dall’idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c’era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte.
Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d’un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l’originale dell’inno Fratelli d’Italia.”.

 

Il testo dell’Inno nazionale

 


La cultura di Mameli è classica e forte è il richiamo alla romanità. È di Scipione l’Africano, il vincitore di Zama, l’elmo che indossa l’Italia pronta alla guerra.


Una bandiera e una speranza (speme) comuni per l’Italia, nel 1848 ancora divisa in sette Stati.


In questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa. Poi, l’estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall’esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci. Il 2 agosto, dieci giorni prima della capitolazione della città, egli sconfisse le truppe nemiche a Gavinana; ferito e catturato, viene finito da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo straniero, al quale rivolge le parole d’infamia divenute celebri “Tu uccidi un uomo morto”.


Ogni squilla significa “ogni campana”. E la sera del 30 marzo 1282, tutte le campane chiamarono il popolo di Palermo all’insurrezione contro i Francesi di Carlo d’Angiò, i Vespri Siciliani.

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.


La Vittoria si offre alla nuova Italia e a Roma, di cui la dea fu schiava per volere divino. La Patria chiama alle armi: la coorte, infatti, era la decima parte della legione romana.


Mazziniano e repubblicano, Mameli traduce qui il disegno politico del creatore della Giovine Italia e della Giovine Europa. “Per Dio” è un francesismo, che vale come “attraverso Dio”, “da Dio”.


Sebbene non accertata storicamente, la figura di Balilla rappresenta il simbolo della rivolta popolare di Genova contro la coalizione austro-piemontese. Dopo cinque giorni di lotta, il 10 dicembre 1746 la città è finalmente libera dalle truppe austriache che l’avevano occupata e vessata per diversi mesi.


L’Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea fortemente: questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese. Insieme con la Russia (il cosacco), l’Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuore della nera aquila d’Asburgo.

 

Fonte: http://www.icbussolengo.com/uploads/SECONDARIA/Tesina_desame.docx

sito web: http://www.icbussolengo.com/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

DOMANDE E RISPOSTE DEL RISORGIMENTO ITALIANO

 

  • Cosa significa Risorgimento? Da chi deriva questo nome?

Il termine Risorgimento deriva dal verbo “risorgere” che significa “sollevarsi”, “rinascere”.
Vittorio Alfieri è il primo ad utilizzare la parola Risorgimento nel senso di “rinascimento nazionale” e con l’idea della liberazione del suolo italiano dalla presenza straniera, anche se questa espressione è utilizzata prima da Saverio Bettinelli nel 1775 ne Il Risorgimento dell’Italia dopo il Mille. “Risorgimento” è anche il nome di un giornale diretto a Torino da Cavour e Cesare Balbo.

  • Illustra le teorie sulla durata del Risorgimento.

 

Il dibattito sulla durata del Risorgimento è ancora aperto. Esistono tre punti di vista:

  • Chi considera il periodo dalla Restaurazione (1815) alla proclamazione del Regno d’Italia (1861).
  • Chi considera il periodo che va dal 1848 (I Guerra d’Indipendenza) fino al 1870 (presa di Roma).
  • Chi lo fa partire dall’età rivoluzionaria (1796 circa per l’Italia) e lo fa terminare alla fine della I Guerra Mondiale.
  • Cosa successe in Italia durante la Restaurazione? Fu possibile seguire le indicazioni date nel Congresso di Vienna?

Durante la Restaurazione vengono reimposti sui troni dei vari Stati Italiani quei sovrani che
erano dovuti fuggire per l’arrivo delle truppe napoleoniche.
Quasi tutte le riforme dell’età napoleonica vengono abrogate, ma molte istituzioni e molte riforme erano ormai divenute indispensabili, quindi non fu possibile un ritorno totale alla situazione precedente l’ondata rivoluzionaria come si era ipotizzato durante il Congresso di Vienna.

 

  • Cosa successe nei moti del 1821?

Nell’estate 1821 scoppia una rivolta a Napoli che trova l’appoggio anche di parte dell’esercito borbonico. Di lì a poco la protesta si diffonde anche a Palermo dove viene fomentata dal separatismo siciliano. Anche a Torino i patrioti si organizzano contando sull’appoggio dell’erede al trono Carlo Alberto. L’intenzione è quella di  convincere il re Vittorio Emanuele I a concedere una Costituzione e muovere guerra contro l’Austria per liberare il Lombardo-Veneto. All’ultimo momento Carlo Alberto fa mancare il proprio appoggio ai ribelli che vengono sconfitti dai reparti fedeli al nuovo re Carlo Felice. A Napoli i Borboni, grazie all’aiuto militare dell’Austria, riescono a portare l’ordine.

  • Cosa succede nei moti nel 1831?

A capo dei moti sono Enrico Misley e Ciro  Menotti che operano nel Ducato di Modena e Reggio. Hanno l’appoggio del duca Francesco IV che spera, nel caso di un esito positivo dei moti, di guidare uno Stato italiano del Nord. Pochi giorni prima della congiura il Duca cambia idea e fa arrestare quasi tutti i congiurati, compreso Ciro Menotti. La rivolta però ormai è iniziata e si diffonde anche alle Legazioni. Si creano Governi Provvisori che formano anche delle compagnie di volontari. Dopo poche settimane l’Austria mette fine alla rivolta con la battaglia di Rimini.

  • Come si arriva al 1848?

 

A partire dagli anni ’45-’46 Carlo Alberto, il sovrano del Piemonte attua alcune riforme in senso liberale: concede la nascita di un quotidiano, riforma l’università, l’ordinamento giudiziario e sanitario e, finalmente, istituisce il Ministero dell’Istruzione Pubblica.
In Toscana Leopoldo II attua riforme simili a quelle piemontesi.
A Roma è eletto papa Pio IX che attua i suoi primi provvedimenti in senso liberale.

  • Come cominciano i moti del 1848?

Le prime rivolte cominciano in Sicilia contro i Borboni. L’11 febbraio il re Ferdinando II è costretto a concedere una Costituzione. Anche Leopoldo II, Pio IX e  Carlo Alberto finiscono col cedere e promulgare una Costituzione. La Costituzione piemontese (meglio nota come “Statuto Albertino”), diventerà la Carta Costituzionale dell’Italia Unita fino al 1946.

  • Dove e come si diffusero le rivolte del ’48?

Le rivolte scoppiano in tutta l’Europa contro l’Impero austriaco e Metternich è costretto ad abbandonare il potere. Immediatamente si ribellano Venezia, i ducati emiliani legati all’Austria e Milano. Ovunque nascono governi provvisori che cominciano riforme e preparano l’annessione in un unico Stato del Nord Italia. A Milano si hanno le famose “Cinque giornate” quando la popolazione mette in fuga l’esercito austriaco.

  • Cosa successe durante la prima guerra di indipendenza? Come finì? Esponi le fasi principali.

 

Il Piemonte dichiara guerra all’Austria e accorrono volontari da tutta l’Italia e anche corpi di spedizione dalla Toscana e dallo Stato della Chiesa. I Piemontesi vincono a Goito e Pastrengo, ma in giugno gli austriaci sconfiggono i piemontesi a Custoza il 23-25 luglio. Il 9 agosto viene firmato un armistizio che permette all’Austria di riorganizzarsi. Nel frattempo a Venezia viene proclamata una Repubblica e a Napoli  Ferdinando II toglie ogni potere democratico elargito con la Costituzione. A Roma viene cacciato il Papa e si forma la Repubblica Romana e giungono Garibaldi, Mazzini, Saffi, Mameli. Nel febbraio 1849 si riaprono le ostilità e gli austriaci sconfiggono i piemontesi a Mortara e a Novara. Carlo Alberto abdica in favore di Vittorio Emanuele II ponendo fine alle speranze dei patrioti italiani. La Repubblica Romana, dopo aver resistito per mesi alle truppe francesi grazie all’abile guida di Garibaldi, cade il 12 luglio. Qualche mese dopo si arrende anche la Repubblica di Venezia.

  • Perché la prima guerra di Indipendenza non ebbe successo?

Perché mancò la coordinazione tra esercito regolare e volontari, i governi provvisori erano spesso divisi tra liberali e mazziniani, gli errori tattici dei generali permisero il ricostituirsi dell’esercito austriaco.
A ciò si aggiunse l’ondata di esili e condanne che colpì coloro che avevano partecipato ai moti: molti di questi riparano in Piemonte che fu l’unico Stato italiano a non ritirare la Costituzione concessa nel 1848.

  • Chi assunse il ruolo di guida del movimento nazionale? Come riorganizzò Cavour lo stato piemontese?

 

Il Piemonte con Cavour assunse il ruolo di guida del movimento nazionale. Riorganizzò in senso liberale lo Stato piemontese razionalizzando l’amministrazione e la giustizia e laicizzando l’istruzione. Furono riformate le Poste, l’esercito, si adottò un nuovo Codice Civile etc. Si cominciò a creare una vera rete ferroviaria, si investì nell’ammodernamento dei porti (soprattutto quello di Genova).

  • Con chi si alleò Cavour e come?

Cavour si alleò con la Francia di Napoleone III, mandando un corpo di spedizione in Crimea come alleato di Francia ed Inghilterra che si trovano in guerra contro la Russia.

  • Cos’è la Società Nazionale e come si organizza?

 

Nasce nel 1857 e mette insieme personaggi di provenienza politica molto diversa come i repubblicani Manin e Garibaldi e vari esponenti monarchici e liberali piemontesi. L’obiettivo comune è quello di scacciare gli austriaci, per far questo tutti si dicono disponibili a rimettersi agli ordini del Piemonte e ad accettare il ruolo guida della monarchia sabauda.

 

  • Quali furono gli accordi tra Francia e Italia?

Napoleone III e Cavour si accordarono sulla creazione di uno Regno del Nord sotto guida sabauda, un Regno del Centro con un sovrano di fiducia, un Regno del sud da lasciare ai Borboni o a un discendente di Murat. Roma sarebbe rimasta al Papa. Napoleone III in cambio pretendeva per la Francia Nizza e la Savoia.

 

  • Come fu la seconda guerra di indipendenza? Come agì la Francia?

Le ostilità si aprirono nella primavera del ’59. I franco-piemontesi sconfissero vicino a Milano gli austriaci mentre Garibaldi con i suoi volontari ottiene varie vittorie. L’8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano. Il 24 giugno si riportarono le vittorie a Solferino e San Martino. L’8 luglio si proclamò l’armistizio. La Francia, però, si ritirò dalla guerra prima di quanto pattuito. Nei Ducati emiliani e in Toscana sono nati dei governi provvisori che hanno cacciato i vecchi governanti e che preparano l’annessione al Piemonte. Si crea una situazione di stallo che dura fino alla primavera successiva.

 

  • Quali Stati Italiani  vennero annessi al Piemonte?

I Ducati emiliani e la Toscana, oltre alle conquiste lombarde.

  • Come avvenne la spedizione dei Mille di Garibaldi? cosa fanno nel frattempo le truppe Piemontesi?

Garibaldi organizza, con la tacita collaborazione di Cavour, una spedizione in Sicilia. Partiti il 5 maggio 1860 da Quarto, vicino a Genova, i Mille sbarcano a Marsala l’11 e attaccano l’esercito dei Borbone a Calatafimi riscuotendo anche l’appoggio della popolazione. In due mesi conquistano l’intera Sicilia e sbarcano sul continente risalendolo fino a Napoli dove Garibaldi entra il 7 settembre. Intanto le truppe piemontesi sono entrate dalle Marche nel territorio pontificio dove hanno sconfitto le truppe papali a Castelfidardo.

  • Quando e come venne proclamato il Regno d’Italia? Quali territori rimasero ancora esclusi?

 

Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia con a capo re Vittorio Emanuele II e la capitale è  Torino. Rimasero esclusi ancora il Veneto, il Trentino e il Lazio.

  • Cosa successe nella la terza guerra d’ Indipendenza?

Nel 1866 scoppiò una guerra tra la Prussia di Bismarck e l’Austria, l’Italia si alleò con i prussiani e riuscì ad ottenere il Veneto.

  • Come avvenne la presa di Roma? 

Nel 1870 la politica espansionista di Bismarck si scontra con la Francia di Napoleone III. La guerra franco-prussiana, che si conclude con una schiacciante vittoria dei tedeschi, ha come conseguenza il richiamo in patria delle truppe francesi schierate a difesa di Roma. Il 20 settembre 1870 un reparto di fanteria e uno di bersaglieri piemontesi aprono una breccia nelle mura della città eterna presso Porta Pia. Roma è conquistata. Il plebiscito che segue nel Lazio e nella città ha un esito schiacciante a favore dell’annessione al Regno. Il 23 novembre Roma è nominata capitale e dal luglio 1871 il Governo e il Parlamento spostano effettivamente la loro sede nella nuova capitale.

 

 

ELENCO DEI FATTI PRINCIPALI

 

  • Restaurazione   Vengono reimposti sui troni dei vari Stati Italiani quei sovrani che erano dovuti fuggire per l’arrivo delle truppe napoleoniche + quasi tutte le riforme dell’età napoleonica vengono abrogate.
  • Moti del 1821  scoppia una rivolta a Napoli, Palermo e Torino, ma vengono represse.
  • Moti del 1831
    • Con l’appoggio del duca Francesco IV, Enrico Misley e Ciro  Menotti che operano nel Ducato di Modena e Reggio iniziano la rivolta.
    • Francesco IV toglie l’appoggio ai rivoltosi e l’Austria mette fine alla rivolta.
  • 1845-1846: Carlo Alberto (Piemonte), Leopoldo II (Toscana) e Papa Pio IX (Roma) attuano alcune riforme in senso liberale.
  • Moti del 1848
    • febbraio: prime rivolte in Sicilia, re Ferdinando II concede la Costituzione.
    • Anche Leopoldo II, Pio IX e Carlo Alberto promulgano una Costituzione.
    • Le rivolte contro l’impero austriaco scoppiano in tutta Europa: si ribellano Venezia, i ducati emiliani legati all’Austria e Milano (“cinque giornate”).
    • Ovunque nascono governi provvisori.
  • I guerra d’Indipendenza
    • 25 marzo 1848: Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria.
    • I piemontesi vincono a Goito e a Pastrengo.
    • 23-25 luglio 1848: Gli austriaci sconfiggono i piemontesi a Custoza.
    • 9 agosto 1848: viene firmato un armistizio.
    • A Venezia viene proclamata una Repubblica, A Napoli  Ferdinando II toglie ogni potere democratico elargito con la Costituzione, A Roma viene cacciato il Papa e si forma la Repubblica Romana.
    • 1849: si riaprono le ostilità e l’Austria sconfigge il Piemonte a Mortara e a Novara.
    • L’Italia è sconfitta: Carlo Alberto abdica in favore di Vittorio Emanuele II, la Repubblica romana cade il 12 luglio e si arrende anche Venezia.
  • Il Piemonte assume il ruolo guida nel movimento nazionale con Cavour: stringe un’alleanza con la Francia contro l’Austria.
  • 1857   Nasce la Società Nazionale con l’obiettivo comune è quello di scacciare gli austriaci accettando il ruolo guida della monarchia sabauda.
  • maggio 1858   incontro a Plombières: Napoleone III e Cavour si accordano sulla creazione di uno Regno del Nord sotto guida sabauda, un Regno del Centro con un sovrano di fiducia, un Regno del sud da lasciare ai Borboni o a un discendente di Murat. Roma al Papa. In cambio Napoleone III vuole Nizza e la Savoia.
  • II guerra d’Indipendenza
    • Le ostilità si aprono nella primavera del ’59
    • I franco-piemontesi sconfiggono vicino a Milano gli austriaci mentre Garibaldi con i suoi volontari ottiene varie vittorie.
    • 8 giugno: Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano.
    • 24 giugno: vittorie a Solferino e San Martino.
    • 8 luglio: armistizio. 
    • La Francia si ritira prima dalla guerra.
    • Nei Ducati emiliani e in Toscana sono nati dei governi provvisori che preparano l’annessione al Piemonte.
    • L’Austria comunque è costretta a riconoscere al Piemonte le conquiste lombarde e le annessioni emiliane e toscane.
    • Alla Francia vanno come pattuito la Savoia e Nizza.
  • Spedizione dei mille di Garibaldi
    • 5 maggio 1860: partono da Quarto e sbarcano a Marsala.
    • 11 maggio 1860: attaccano i Borboni e in due mesi conquistano la Sicilia.
    • 7 settembre 1860 entrano a Napoli.
    • Le truppe piemontesi sono entrate nel territorio papale.
    • 26 ottobre 1860    incontro di Teano: Garibaldi consegna a Vittorio Emanuele II le terre conquistate.
  • 17 marzo 1861   viene proclamato il Regno d’Italia con a capo re Vittorio Emanuele II. La capitale è Torino.
  • III guerra d’Indipendenza
    • 1866: scoppia una guerra tra la Prussia di Bismarck e l’Austria. L’Italia si allea con i prussiani e ottiene il Veneto.
    • Bismarck dichiara guerra anche alla Francia: la guerra si conclude con una schiacciante vittoria dei tedeschi.
    • 20 settembre 1870: Presa di Porta Pia. Roma è conquistata.
    • 23 novembre 1870: Roma è nominata capitale.
    • dal luglio 1871: il Governo e il Parlamento spostano effettivamente la loro sede nella nuova capitale.

 

Fonte: http://dallelaste.wikispaces.com/file/view/DOMANDE+E+RISPOSTE+DEL+RISORGIMENTO+ITALIANO.docx

sito web :http://dallelaste.wikispaces.com/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Il Risorgimento Italiano:

1. cosa significa rinascimento???
Rinascimento significa rinascere.
.Chi è stato il primo ad utilizzarlo???
E’ stato Saverio Bettinelli nel 1775,ma è però Vittorio Alfieri Alfieri ad usarlo in senso nazionale.

2. Cosa si intende per Risorgimento???
Ci sono tre punti di vista sulla durata del rinascimento:

  • dal 1815 al 1861
  • dal 1848 al 1870
  • dal 1796 alla fine della prime guerra mondiale ( lungo rinascimento)

3. Cosa cambia con l’Italia della restaurazione???
Vengono abrogate quasi tutte le riforme dell’età napoleoniche.

4. Si può “tornare indietro” ed eliminare tutte le riforme dell’età napoleonica?
NO, infatti molte riforme napoleoniche erano divenute indispensabili.

5. Cos’è successo nel 1821???
Nel 1821 scoppia una rivolta a Napoli che trova l’appoggio anche di parte dell’esercito borbonico.
Questa rivolta si diffonderà poi anche a Torino, dove ricerca di convincere il re Vittorio Emanuele I a concedere una Costituzione e muovere guerra contro l’Austria per liberare il Lombardo-Veneto.

6. In cosa consistono e da chi sono capitanati i moti???
A capo dei moti sono Enrico Misley e Ciro  Menotti che operano nel Ducato di Modena e Reggio.
Hanno l’appoggio del duca Francesco IV che spera, di guidare uno stato italiano del nord.
Si creano Governi Provvisori che formano anche delle compagnie di volontari.
Dopo poco l’Austria mette fine alla rivolta.

7. Cosa succede a partire dagli anni  ’45-’46???
Carlo alberto e Leopoldo II attuano riforme in senso liberale e Pio IX comincia a pensare ad una federazione di Stati italiani.

8. Cosa succede nel 1848???
L’11 febbraio il re Ferdinando II è costretto a concedere una costituzione in Sicilia.
Anche Leopoldo II, Pio IX e  Carlo Alberto finiscono col cedere e promulgare una Costituzione.
9. Cosa succede in conseguenza al 48???
Le rivolte scoppiano in tutta l’Europa contro l’Impero austriaco. Immediatamente si ribellano Venezia, i ducati emiliani legati all’Austria e Milano.

10. Cosa succede nella I Guerra d’Indipendenza???
Carlo Alberto dichiara guerra all’Austria ( 25 marzo ). Inizialmente vince il Piemonte (a Goito e a Pastrengo) ma poi l’Austria vince a Custoza il 23-25 luglio.

11. Quali sono le conseguenze del 1848???
In tutta Europa scoppiano rivolte.
Si ribellano a  Venezia i ducati emiliani. Ovunque nascono governi provvisori che  si preparano all’annessione in un unico Stato del Nord Italia.
A Milano si hanno le famose “Cinque giornate” quando la popolazione mette in fuga l’esercito austriaco.

12. Cosa succede nel febbraio del 1849???
Gli Austriaci si riescono a riorganizzare e l’Italia viene sconfitta!

13. Chi spicca nonostante i numerosi problemi???
Il Piemonte, che assume il ruolo guida nel movimento nazionale.

14. Con chi si allea l’Italia???
 Con la Francia.

15. Cos’è la Società Nazionale???
La Società Nazionale nasce nel 1857 e mette insieme personaggi di provenienza politica Manin e Garibaldi e vari esponenti monarchici.
L’obiettivo comune è quello di scacciare gli austriaci.

16. Quali sono i patti con la Francia???
Napoleone III e Cavour si accordano sulla creazione di uno Regno del Nord, un Regno del Centro, un Regno del sud da lasciare ai Borboni o a un discendente di Murat. Roma sarebbe rimasta al Papa.

17. Quali sono le principali tappe della II Guerra d’Indipendenza???
8 giugno: Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano.
24 giugno: vittorie a Solferino e San Martino.
8 luglio: armistizio. 

18. Qual è la situazione durante la II Guerra d’Indipendenza???
Sono nati dei governi provvisori, che si preparano all’annessione in Piemonte; l’Austria comunque è costretta a riconoscere al Piemonte le conquiste lombarde.
Alla Francia vanno Nizza e Savoia.

19. Che terre conquista Garibaldi dal 5 maggio 1860 al 7 settembre???
Tutta la Sicilia e Napoli.

20. Cosa succede il 17 marzo 1861???
Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia con a capo re Vittorio Emanuele II.

21. Cosa succede nel 1866???
Nel 1866 scoppia una guerra tra la Prussia e l’Austria.
L’Italia si allea con i prussiani e ottiene il Veneto.

22. Quali conseguenze ha la guerra franco-prussiana (1870)?
I francesi (che difendevano Roma) tornano in patria, quindi i piemontesi riescono e conquistarla (20-9-1870) e il 23-11 diventa capitale.

 

 

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