Diario di viaggio organizzato in Corsica cosa vedere e cosa fare in Corsica

 

 

 

Diario di viaggio organizzato in Corsica cosa vedere e cosa fare in Corsica

 

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Diario di viaggio organizzato in Corsica cosa vedere e cosa fare in Corsica

 

CORSICA.

08 -13.06.2011 - Tour organizzato con PALLADIO (Arch.Ametrano).

 

  La Corsica, con i suoi 8681 kmq di superficie, è la quarta isola del Mediterraneo, dopo Sicilia, Sardegna e Cipro, si trova appena a nord della Sardegna, da cui è separata da uno stretto detto le Bocche di Bonifacio, e ha in comune con essa le sue origini geologiche. Cento milioni di anni fa, nel Cretaceo superiore, con l’apertura dell’Atlantico settentrionale, cominciarono a collidere le grandi placche Africana ed Euroasiatica e all’inizio del Cenozoico, 65 milioni di anni fa, lo spostamento verso nord della piccola placca Iberica spinta da quella Africana provocò la formazione della catena Pirenaico-provenzale insieme alla Corsica e alla Sardegna. Tra la fine dell’Eocene (38 Mio) e l’inizio del Miocene (23Mio) si creò una frattura fra la placca Iberica e la microplacca che comprendeva Sardegna, Corsica e le Baleari e un movimento tettonico ne provocò la rotazione in senso antiorario che fece sollevare dal Tirreno la catena degli Appennini e delle Alpi Apuane. In questa migrazione fino a 6-7 milioni di anni fa si formò la configurazione della Corsica attuale con la catena montuosa che attraversa l’isola da nord-ovest a sud-est formando uno spartiacque. Le montagne occidentali sono costituite da rocce granitiche sollevate dalla placca nordafricana. Sul lato orientale prevalgono gli scisti del Triassico, come nella catena di Capo Corso che a sud degradano nelle pianure alluvionali. Terreni calcarei si trovano a nord, nel golfo di Saint-Florent e, a sud, nelle scogliere e nel fiord di Bonifacio. La vetta più alta è il Monte Cinto (2706 m), a nord-ovest, quasi sempre innevata.

 

  La civiltà neolitica è comparsa in Corsica nel 6000 a.C. e le prime ceramiche erano decorate imprimendo il profilo di una conchiglia locale, il cardium, e per questo furono chiamate “cardiali”. Dal 3300 a.C. si sviluppò la civiltà megalitica e l’agricoltura. Dall’età del bronzo (1800 a.C.), come in Sardegna e nelle Baleari, conmparve la civiltà torreana che costruiva sistemi fortificati a forma di torri circolari e cinte murarie. Intorno al 565 a.C., greci provenienti da Focea (Anatolia) fondarono Alalia, sulla costa est, e controllarono i traffici nel mediterraneo, ma una coalizione etrusco-cartaginese li sostituì nel 280. Nel 259, la città fu conquistata dai Romani che la chiamarono Alelia e ne fecero la capitale della provincia Corsa. In seguito i Romani riunirono Sardegna e Corsica in un’unica provincia, Sardina, ma la pacificazione e la colonizzazione si concluse nel 111 con Caio Mario che debellò i pirati e fondò in Corsica la Colonia romana Mariana. Seneca trascorse in Corsica il suo periodo di esilio dal 41 al49 d.C.. Nel tardo impero (III secolo d.C.) da Aleria e Mariana si diffuse il cristianesimo. Nel V secolo, la Corsica fu invasa dai Vandali di Genserico, poi fu ripresa dai Bizantini e occupata dagli ostrogoti di Totila. Dall’VIII al X secolo i pirati saraceni attaccarono le coste penetrando all’interno e le popolazioni si ritirarono. La Chiesa rimase l’unica autorità organizzata con le sue sedi vescovili mentre le repubbliche marinare, fra cui Pisa e Genova, intervennero nelle lotte dei signori locali. Nel 1077, papa Gregorio VII incaricò il vescovo di Pisa di amministrare la Corsica e da questo momento iniziò il predominio di Pisa, sia economico sia culturale, che influenzò la lingua, la toponomastica e l’architettura con il romanico pisano. Anche Genova fu presente fin dall’inizio a Mariana, Saint-Florent e nell’interno e proseguì la sua penetrazione occupando il porto di Bonifacio nell’estremo sud, fortificandolo. Dopo che i genovesi crearono la cittadella di Calvi nel 1268, aumentò la tensione tra Pisa e Genova, fino alla battaglia navale della Meloria nel 1284, dove i Pisani furono sconfitti e dovettero cedere l’intera isola ai Genovesi. Solo 13 anni più tardi, nel 1297, papa Bonifacio VIII concesse l’investitura del regno di Corsica e Sardegna a Giacomo II d’Aragona. Nel 1348 la Corsica fu devastata dalla peste e perdette un terzo della popolazione. Gli Aragonesi, nonostante i ripetuti tentativi non riusciranno a dominare la Corsica e si fecero odiare per le pesanti tassazioni imposte. Nel 1553, un’alleanza fra il sultano ottomano Solimano il Magnifico e il re di Francia Enrico II permise a quest’ultimo di impadronirsi di tutta la Corsica grazie anche all’azione dei mercenari corsi di Sampiero Corso filo francesi. Nel 1559 tuttavia, la pace di Chateau-Chambresis, dopo la vittoria spagnola di San Quintino, riconsegnava la Corsica ai Genovesi che avevano sostenuto la Spagna. Sampiero Corso proseguì la sua rivolta contro i Genovesi fino alla sua morte nel 1567. Genova rafforzò il controllo sull’amministrazione dell’isola e iniziò un periodo di pace, anche se continuò la minaccia dei pirati saraceni contro la quale si costruì un sistema di torri di avvistamento lungo le coste. La Controriforma arrivò in Corsica e trionfò il barocco nelle chiese. Si svilupparono l’agricoltura e la coltivazione del castagno e iniziò la bonifica delle zone paludose della costa orientale. L’amministrazione genovese tendeva, però, a sfruttare le risorse dell’isola a scapito delle popolazioni considerandole più come sudditi che come cittadini e questo provocò, nella seconda metà del XVII secolo l’insorgere di un movimento autonomista. La prima rivolta fu quella del 1729 contro gli esattori delle tasse disarmando e cacciando un distaccamento di soldati genovesi. Nel 1730, la piana di Bastia fu saccheggiata da una banda di contadini che si spinsero fino in città. Questo dimostrò che ormai Genova non era capace di mantenere l’ordine. I rivoltosi cominciarono a organizzarsi e nel 1731 tennero una Consulta (assemblea) a Corte, il centro dell’isola, riesumarono poi la bandiera aragonese con il Moro bendato in cui la benda era spostata sulla fronte a indicare che i Corsi avevano aperto gli occhi. Francesi e Spagnoli cominciarono a preoccuparsi perché era chiaro che la Corsica aveva bisogno di uno stato stabile autonomo. Il primo tentativo fu quello del barone tedesco Teodoro de Neuhoff che riuscì a convincere la comunità corsa di Livorno a candidarsi come re di Corsica. Nel marzo 1736 sbarcò ad Aleria e si fece accogliere dai capi della rivolta con grandi promesse, ma dopo otto mesi abbandonò la Corsica per cercare aiuti. Vi furono altri due tentativi di restaurazione fino al 1743 e poi cadde nell’oblio. Nel frattempo in Europa scoppiò la guerra di successione austriaca (1740-1748), Genova fu occupata dagli austriaci (episodio di Balilla del 1746) e lasciò mano libera alla Francia in Corsica. Nel 1755 l’indipendentismo corso ebbe un nuovo capo in Pasquale Paoli che fu autore della prima rivoluzione liberale europea. Fu nominato Generale della Nazione Corsa, con Capitale a Corte ed emanò la prima costituzione moderna basata sui principi dell’illuminismo, istituì regolari tribunali e puntò sullo sviluppo economico dell’isola. Il suo tentativo fu bruscamente interrotto dal nuovo assetto dell’Europa a seguito della Guerra dei sette anni (1756-1763). Durante questa guerra la Francia perse molti dei suoi possedimenti coloniali compromettendo il suo prestigio marittimo e cercò una compensazione nella Corsica, vitale per difendere i suoi interessi nel Mediterraneo. Dopo la Pace di Parigi del 1763, che chiudeva la Guerra dei sette anni, nel 1768 Genova fu costretta a firmare il Trattato di Versailles con cui cedeva la Corsica alla Francia. Apparentemente si trattò di una vendita con cui Genova pagava i debiti contratti con la Francia per domare i ribelli corsi. Nel 1769 I francesi sconfissero le truppe corse nella battaglia di Ponte Nuovo e Pasquale Paoli andò in esilio in Inghilterra. Nello stesso anno, ad Ajaccio in Corsica, nacque Napoleone Bonaparte.

  Da questo momento la storia della Corsica si identificò con quella Francese.

 

27.1  LA COSTA ORIENTALE.

 

  Si arriva in Corsica mercoledì 8 giugno con il traghetto da Livorno a Bastia, capoluogo del Dipartimento dell’Alta Corsica e il viaggio inizia scendendo lungo la costa orientale dell’isola.  Bastia sarà visitata nell’ultimo giorno del viaggio.

  La strada lungo la costa attraversa una grande pianura alluvionale passando accanto a una serie di stagni, quelli di Biguglia, zone protette destinate alla coltivazione di ostriche e cozze. Lungo il mare vi sono luoghi residenziali e villaggi di vacanze. All’interno si trova la zona montuosa e collinare detta la Castagniccia con il Monte Petrone che è il punto più alto (1767 m). Questa è un’area di lunga tradizione indipendentista nella rivolta contro i Genovesi, dove Teodoro di Neuhoff fu proclamato re di Corsica e, Pasquale Paoli fu eletto Generale della Nazione. L’area è coperta da castagneti, da cui il nome. Da Bastia al sito di Aleria vi sono 115 km lungo la Costa Verde, ormai tutta zona turistica che ha preservato i villaggi storici dell’entroterra. Uno di questi è appunto il borgo di Aleria, capitale della Corsica greco-romana posto su un ripiano di 40-60 m vicino alla foce del fiume Tavignano. Il nucleo è formato dal Forte genovese di Matra e dalla chiesa barocca di Saint Marcel. Fondata dai Focesi come emporio commerciale con il nome di Alalia, passò sotto i Punici nel 280 e sotto i Romani nel 259 che la chiamarono Aleria e la fecero capitale della provincia Corsa. Sotto Augusto fu creato un porto militare, nello stagno di Diana a nord, e uno commerciale sulla foce del Tavignano. Raggiunse i 20000 abitanti e fu una delle più grandi città del Mediterraneo occidentale. Fu saccheggiata dai Vandali nel V secolo e distrutta dai Saraceni nel IX secolo. Divenuta paludosa e malarica, l’area fu abbandonata e, solo nel XV secolo, i Genovesi vi eressero il forte Matra. Il forte è ora sede di un museo archeologico, dedicato all’archeologo Carcopino che ha scavato la città romana, e raccoglie i reperti degli scavi del sito preromano e romano e delle necropoli. I ritrovamenti preromani mostrano i collegamenti con la Campania e l’Etruria; tra l’altro c’è un vaso di stile etrusco con figure rosse, una testa di mulo in ceramica e un vaso votivo da offerte. A sud-ovest del borgo di Aleria si trova il sito degli scavi, dove è stato portato alla luce, in più di 40 anni di scavi, dal 1960, il centro di due città, una arcaica e una romana. Un sito funerario, due chilometri più a sud, ha rivelato testimonianze di una cultura influenzata da Etruria, Grecia, Cartagine e Iberia. Nel sito della città sono poche le vestigia preromane, quelle romane iniziano dal I secolo a.C. fino al I secolo d.C., da Silla ad Augusto con il Foro trapezoidale e le sue botteghe, il Capitolium e le Terme, e proseguono fino al III secolo. La distruzione della città è del 420/430 d.C. e poi c’è presenza di abitanti fino al VI/VII secolo.

  Lasciata Aleria, si prosegue verso il sud passando per Solenzara, spiaggia turistica e stazione balneare, e poi per Porto Vecchio, nel fondo di un profondo golfo, altra roccaforte genovese. Si arriva infine a Bonifacio, estremo sud della Corsica, dove si pernotta all’Hotel Solemare che si affaccia sulla Marina, di fronte alla Cittadella Genovese.

 

27.2  DA BONIFACIO AD AJACCIO: I SITI MEGALITICI.

 

  Il giorno 9 giugno inizia con la visita della città di Bonifacio, posta su una lunga penisola calcarea con alte falesie di 64 m a picco sul mare, orientata a occidente e parallela alla costa, che forma un profondo fiord dove si trova il porto: la Marina. A sud c’è lo stretto braccio di mare di 12 km, detto Bocche di Bonifacio, che separa la Corsica dalla Sardegna ed è il luogo più ventoso del Mediterraneo. Per la conformazione delle coste fra le due isole, l’aria s’incanala fra esse e può raggiungere velocità di 150 km/h. Buona parte della penisola è occupata dalla Cittadella costruita dai Genovesi. In origine il conte Bonifacio II di Toscana, nell’833, costruì qui un castello per la difesa contro le incursioni saracene, Il borgo vicino al castello fu popolato dai Pisani poi, nel XII secolo, Pisani e Genovesi se lo disputarono finché questi ultimi se ne impadronirono nel 1195 e vi si stabilirono definitivamente. La città divenne una roccaforte con i bastioni costruiti dai genovesi nei secoli XIII e XIV sulle falesie che circondano il promontorio Nel 1420 Alfonso V d’Aragona l’assediò per cinque mesi, ma finì con il ritirarsi. Nel 1553, i Turchi, alleati con il re di Francia e comandati dal corsaro Dragut riuscirono a farla capitolare e trucidarono la guarnigione genovese. Rimase francese fino al trattato di Chateau-Cambresis del 1559 che la restituì a Genova. Questa la tenne fino al 1768, quando tutta la Corsica passò alla Francia.

  Alle 8:45, a bordo di un battello a motore si parte per una minicrociera che gira intorno alla penisola uscendo dal porto. Si passa sotto i bastioni e all’uscita del porto si trova un faro. Girando intorno al promontorio e la falesia calcarea, s’incontrano delle grotte prodotte dall’erosione. Una di queste è detta degli Innamorati. L’estremità più meridionale della penisola è detta Punta del Timone o Timone della Corsica perché un blocco di roccia prominente ha proprio la forma di un timone. Procedendo verso est si vedono le case del Borgo Vecchio costruite a picco sul mare e una lunga scala di 187 gradini che dal mare sale al Borgo, Vecchio detta la Scala del Re d’Aragona perché gli aragonesi cercarono di sfruttarla per attaccare la rocca. Anche il Borgo Vecchio è circondato da una cerchia di mura bastionate. Più avanti si scopre un enorme blocco di roccia caduto dall’alto e rimasto come un faraglione, detto “il granello di sabbia” (Grain de Sable). Da questo punto si scorgono a est le isole Lavezzi e Cavallo e altri isolotti granitici che sono il punto più meridionale della Corsica. Da questo punto si torna indietro.

  Conclusa la minicrociera, si riparte con il pullman verso la costa sud-occidentale e si raggiunge, nell’interno, la cittadina di Sartene, il comune più grande della Corsica per estensione territoriale. Nel medioevo era abitata da famiglie della nobiltà corsa, proprietari terrieri, ed ha mantenuto il suo aspetto cinquecentesco con le grandi case in blocchi di granito. Il centro della città è la Place de la Liberation con il palazzo dei Governatori Genovesi, ora Municipio, e la Chiesa di Sainte-Marie del 1700 in granito scuro e un campanile con cupoletta alla sommità. Dalla chiesa, ogni anno durante la settimana santa, parte la cerimonia tradizionale de U Catenacciu che rievoca la salita di Cristo al Calvario. Un penitente vestito di rosso trasporta una croce di quercia e le catene pesanti 14 kg che sono conservate all’interno della chiesa ed è circondato da altri fedeli vestiti di bianco. Dietro la chiesa vi è un piccolo quartiere con negozi di prodotti tradizionali e piccoli ristoranti.

  La regione a sud di Sartena è una delle più ricche della Corsica di siti megalitici in tutto il Mediterraneo. Sartena ha anche uno dei più interessanti musei della preistoria e protostoria corsa organizzata in modo didattico che è secondo solo a quello di Aleria. Si comincia con il Neolitico antico (6000-4000 a.C.) e gli oggetti di terracotta cardiale, vi sono esemplari di punte di freccia del neolitico (3000-2100 a.C.) e di lavorazione dell’ossidiana.

  Lasciata Sartene, la tappa successiva è il sito preistorico di Filitosa a nord-ovest lungo la valle del fiume Taravo su un poggio abitato dal V millennio a.C. da una comunità megalitica, prima dedita alla caccia e alla pesca e poi evolutasi nell’agricoltura e pastorizia. Nell’età del bronzo (III millennio a.C.) seppellivano i morti sotto lastre di pietra orizzontali (dolmen) e innalzavano blocchi di pietra verticali, alti 2-4 m (menhir), prima grezzi e poi sempre più lavorati con la parte superiore a rappresentare una testa umana stilizzata creando allineamenti di menhir. Verso il 1400 sono comparse le prime statue menhir armate con spada e pugnale a indicare che nell’isola si era affermata una popolazione guerriera e in questo periodo nasce la civiltà torreana che costruisce fortezze circolari (torri). Il sito di Filitosa è privato e il proprietario, nel 1946, ha scoperto le prime statue menhir e vestigia di costruzioni antichissime. Il nome di Filitosa significa “luogo dove crescono le selci” e la civiltà megalitica si era insediata dal 3300 a.C.; Filitosa fu poi abbandonata dagli ultimi Torreani verso il 1000 a.C..

  Subito dopo l’ingresso al sito si trova la statua principale, un blocco di granito con volto stilizzato e davanti scolpita una grande spada con elsa e un pugnale alla cintura. Si arriva quindi a un rilievo con il villaggio, dove sono concentrati i monumenti più antichi e la maggiore diversità di tipologie come utensili e come menhir. Al neolitico antico appartiene una roccia a forma di grotta che rappresentava un riparo e dove sono stati trovati molti attrezzi neolitici. Al centro del villaggio c’è il monumento centrale con una camera sopraelevata che si raggiunge con alcuni gradini e, a sinistra e a destra, distribuiti sei piccoli menhir con testa umana stilizzata. Poco arretrata è una roccia verticale identificata come la Cava da cui si estraeva la roccia già nella forma voluta e in modo più immediato per il trasporto.

  All’ingresso del sito si trova un Museo-Deposito con altro materiale caratteristico trovato nell’area. Fra questi un altro menhir con la spada scolpita davanti e le vertebre sul retro. Sulla testa porta due fori che probabilmente servivano per applicarvi due corna di toro.

  Dagli antichi documenti si apprende che il periodo fra il XV e il XII secolo a.C. fu uno dei più turbolenti nel Mediterraneo e i misteriosi Popoli del Mare, Filisdei e Shardani si scontrarono, coalizzati, con la marina da guerra del faraone egiziano Ramesse III nel 1192 a.C., come raffigurato nel tempio di Medinet-Habu. Dopo la loro disfatta, i Filisdei si rifugiarono in Palestina e gli Shardani si ritirarono in Sardegna. Non si sa nulla della loro origine e della loro cultura.

  Lasciata Filitosa, si riparte verso il nord e si raggiunge Ajaccio, maggiore città dell’isola e capitale della Corsica dal 1811, per essere stata la patria di Napoleone, che si affaccia su un magnifico golfo, la più grande insenatura della costa occidentale. La città genovese di Ajaccio fu fondata nel 1492 in un promontorio a sud dell’attuale porto e nel 1500 fu fortificata con una cittadella. Nel 1553 fu occupata dai Francesi che sostenevano la rivolta di Giampiero Corso, ma poi tornò ai Genovesi con il trattato di Chateau-Cambresis. Tornò definitivamente francese nel 1768, un anno prima che vi nascesse Napoleone Bonaparte.

  L’ingresso all’antico borgo genovese è oggi la piazza Foch ombreggiata da palme e platani e, al centro, la statua di Napoleone Bonaparte in vesti da Primo console romano sopra una fontana con quattro leoni. Nel borgo si trova la casa Natale di Napoleone, divenuta Museo Nazionale. Sopra la porta del museo c’è una targa che ricorda la nascita in questa casa di Napoleone Bonaparte il 15 agosto 1769.

  La casa è del 1600 e divenne proprietà dei Bonaparte nel 1682. I Bonaparte dovettero abbandonarla durante la rivolta di Pasquale Paoli e vi tornarono nel 1797 ma Napoleone vi tornò brevemente solo nel 1799 dopo la campagna d’Egitto. Vi raccolse poi i suoi ricordi. Nel 1852, Napoleone III divenne proprietario della casa e la fece decorare. Nel 1923, gli eredi la donarono allo stato che ne fece un museo aperto nel 1967. Si scoprì poi che le decorazioni erano state ricoperte e mascherate nel 1956 e nel 2003 è stato deciso di riportarle alla luce e restaurarle.

  Si pernotta ad Ajaccio all’Hotel Fesch.

 

27.3  PORTO E LA RISERVA DI SCANDOLA.

 

  Il giorno 10, lasciata Ajaccio alle 9:30 del mattino, si segue la statale D81 verso nord lungo il golfo di Sagone e poi passando per Piana, nella regione dei calanchi, in una foresta di rocce di granito rosso, e si arriva a Porto sul golfo omonimo.

  La cittadina di Porto nella più settentrionale delle grandi insenature che si aprono sulla costa occidentale della Corsica si trova al centro di una delle regioni marine più belle dell’isola, nel Parco Naturale Regionale creato nel 1972 su una superficie di circa 300000 ettari, più di un terzo dell’isola, per proteggere la fauna e la flora, mantenendo i diritti di contadini e cacciatori e promuovendo un turismo rispettoso della natura e dei suoi abitanti. Specie minacciate o in via di estinzione hanno avuto assicurata una specifica protezione. Fra gli animali vi sono cervi, cinghiali, volpi, donnole, gatti selvatici e mufloni, fra gli uccelli vi sono il gipeto barbuto, con i suoi 3 metri di apertura alare, l’aquila reale, l’aquila pescatrice, le cui rare coppie nidificano protette solo in Corsica, e il falco pescatore che è il simbolo della riserva.

  Porto è il punto di partenza di tutte le crociere con destinazione alle Calanche di Piana, verso sud, e alla Riserva di Scandola, a nord. Si parte per la prima crociera poco dopo le 12 seguendo la costa che presenta formazioni rocciose di colore fra il rosso e l’arancione erose dal mare e dal vento che, per la loro varietà e bellezza, sono stati inseriti dall’UNESCO fra i Patrimoni dell’Umanità. Seguendo la costa fino al primo promontorio, si osserva una roccia a guglia isolata dalla terraferma e una finestra nella roccia del promontorio che si osserva anche dal lato opposto. Seguono altri promontori, isolotti di roccia, insenature, dove sostano imbarcazioni e finestre prodotte dall’erosione. I calanchi raggiungono anche altezze di 300-400 m con le sommità dentellate. La crociera dura circa due ore fra andata e ritorno. Alle 14:00 circa, si riparte con un altro battello verso il nord per la Riserva di Scandola. Questa riserva si estende a nord di Porto fino a includere il comune di Galeria, estesa per 900 ettari di terreno e 1000 ettari di spazio marino. Tutta la regione è di origini vulcaniche con evidenza di colate laviche e rocce di granito rossastre e di porfido modellate dall’erosione marina ed eolica in forme di eccezionale bellezza, mentre nei fondali crescono vasti erbai di posidonie fiorite, indice della purezza dell’acqua. Sulle rocce compaiono i contrassegni de la Reserve Naturelle de Scandola. Si segue una successione di scogliere a picco, qualche torre genovese, isolotti, promontori e rocce estruse. Si arriva al golfo di Girolata con il villaggio omonimo nel fondo, chiuso da una chiostra di monti e accessibile solo dal mare. Solo da poco, ha avuto elettricità e telefono e si è sviluppato per l’afflusso dei turisti. Il porticciolo di pescatori ha poche case intorno ed è dominato dai resti di una torre genovese. Dopo una sosta a Girolata si riprende la via del ritorno a Porto, dove si arriva alle 17:00 circa.

  Si lascia Porto per l’Ile Rousse attraversando le montagne dell’interno per il passo di Marsolino a 400 m di quota. Si sosta per riprendere i due versanti e una lapide sul passo che ricorda l’incidente aereo del 13 agosto 1992 in cui sono morti Yvon Briant, deputato all’Assemblea Nazionale con la moglie Nathalie Pean, direttrice della Radio NRJ e il loro figlio Hugues, oltre al pilota dell’Aero-Club di Ajaccio, David Vallier.

  Si arriva all’Ile Rousse, località climatica e balneare nella regione della Balagne, dove si pernotta all’Hotel Maria Stella.

 

27.4  DESERTO DES AGRIATES E SAINT-FLORENT.

 

  Il giorno 11, alle ore 9:00, si lascia l’Ile Rousse ma, prima di abbandonare la Balagne, che è detta il giardino della Corsica, si fa sosta a Sant’Antonino, un paesino fra i più antichi della Corsica, arroccato su un picco di 447 m di altitudine come un nido d’aquila, ed ha conservato il suo aspetto medievale fra strade anguste e antiche case abbarbicate fino alla vetta.  Lungo la strada a tornanti si può apprezzare il panorama con in fondo il mare e una vista dell’abitato di Aregno fra uliveti e agrumeti e la chiesa della santissima Trinità romanico-pisana del XII secolo con il suo campanile. Il borgo di Sant’Antonino è un osservatorio privilegiato sul panorama della Balagne interna fino alla costa. Dopo questa visita si riparte per il Deserto delle Agriates, un’area costiera che si estende dal lato occidentale del golfo di Saint-Florent fino alla foce dell’Ostriconi, confine orientale della Balagne. Les Agriates, fino alla seconda metà del 1800 erano state per secoli il granaio della Corsica coltivato da contadini che, venendo dal mare, si stanziavano da giugno per la mietitura e rimanevano per la semina autunnale. D’inverno invece, svernavano all’interno i pastori con le loro greggi. L’area fu poi abbandonata e, in poche generazioni, fu invasa dalla macchia mediterranea trasformandosi in una brughiera, fra ampie zone rocciose calcaree, che oggi è diventata Sito Naturale Protetto, riserva di caccia e di fauna selvatica.

  Alle 11:30 circa, si arriva all’ingresso della riserva e si sosta per una passeggiata in una strada sterrata che porta all’interno. La macchia si estende senza confine verso il mare e a primavera è un tappeto di colori per la grande varietà di erbe odorose e cespugli di mirto, corbezzoli, rosmarino, lentisco, ginepro, edisimo (una specie di finocchio). In un’altra direzione biancheggiano le rocce calcaree.

  La tappa successiva è la cittadina di Saint-Florent, borgo marinaro e turistico nel golfo omonimo, dove nel 1439 i Genovesi, per la posizione strategica vi eressero una cittadella che, nelle guerre del 1500 fra corsi, francesi e genovesi, fu sempre potenziata fino allo smantellamento del 1667. La fortezza ha una forma circolare, circondata dagli ampi bastioni cinquecenteschi da cui si domina il golfo.

  Nei pressi di Saint-Florent esiste il sito dell’antica città romana di Nebium sulla foce del fiume Aliso e qui nel IV secolo, divenuto sede vescovile, fu costruita la chiesa di Santa Maria Assunta, riedificata in blocchi di calcare bianco fra il 1125 e il 1140 nello stile romanico-pisano. Nota come la cattedrale del Nebbio, è uno dei gioielli del romanico in Corsica.

  Lasciata l’area di Saint-Florent, si prende la strada per Bastia e si sosta in un punto panoramico, dove si possono osservare, verso nord-ovest il Golfo di Saint-Florent e, a sud-est, gli stagni di Biguglia sulla costa est. Si scende quindi, a sud degli stagni, all’antico sito romano di Mariana fondata nel 105 da Caio Mario vicino allo sbocco del fiume Golo sul Tirreno. Si sviluppò sotto Augusto poi, con le invasioni barbariche del V secolo, i vescovi cattolici dell’Africa, cacciati dai Vandali, si rifugiarono in Corsica e fondarono, fra il V e il VI secolo, un complesso paleocristiano con basilica, battistero a bacino cruciforme, poi trasformato in ottagonale, e il palazzo vescovile, dei quali rimangono i resti nel sito archeologico. La città fu abbandonata fra il IX e il X secolo per la malaria. Agli inizi del XII secolo, con l’amministrazione pisana dell’isola, Mariana divenne sede vescovile e fu ricostruita la chiesa in stile romanico-pisano, chiamata localmente La Canonica e consacrata nel 1119 dall’arcivescovo di Pisa. Nella costruzione furono usati blocchi di scisto dal grigio al giallo dorato con venature policrome. Alla Canonica si ispirò anche la Cattedrale del Nebbio.

  L’ultima tappa della giornata è la città di Bastia, che è il luogo di arrivo e di partenza dalla Corsica, e qui si pernotta nei prossimi due ultimi giorni all’Hotel Best Western Bastia Centre.

 

27.5  LA PENISOLA DI CAPO CORSO.

 

  Il mattino del 12 giugno si esce alle ore 9:00 e la giornata è dedicata a fare il periplo di Capo Corso, una lunga penisola chiamata Il Dito che punta verso la Provenza e la Liguria. Si segue la statale D80, litoranea, compiendo il periplo in senso orario lungo i due versanti, prima lungo il Mediterraneo orientale e poi lungo il Tirreno, di fronte all’arcipelago toscano. Si torna verso il golfo di Saint-Florent e si vedono ancora una volta il golfo a nord-ovest e gli stagni di Biguglia, a sud-est, quindi le formazioni di scisti calcarei che dominano nella penisola. La prima sosta è a Nonza, un paesino sulle pendici di un promontorio alto 100 m a picco sul mare sormontato da una torre genovese del 1550 che sorvegliava la costa. Ai suoi piedi e l’intero golfo di Saint-Florent. Da qui si prosegue in una successione di baie e promontori con torri di guardia, scogliere e spiaggette di sabbia scura fino a Pino, agglomerato di frazioni e case sparse, e a Centuri, composto di più villaggi all’interno e sul mare. Centuri-Port, con una piccola baia e un isolotto che la protegge, è un porto di pescatori specializzati nella pesca delle aragoste. Qui si sosta per il pranzo. Sulle colline che circondano gli abitati è stata installata una schiera di torri eoliche. Lasciato Centuri, si attraversa l’interno attraversando la catena montuosa. Si vede un antico mulino a vento, due torri genovesi con un gregge di capre e le torri eoliche. Alle 15:30 circa si giunge infine sul versante orientale sulla baia di Macinaggio, uno dei porti più protetti dell’isola da cui partì la flotta corsa per la battaglia di Lepanto nel 1571; oggi è un porto turistico sicuro molto noto. Da qui si può vedere l’isola della Capraia, poco a nord-est. Si scende lungo la costa orientale fino a Marina di Pietracorbara e si sosta sulla spiaggetta alla foce del fiume che viene da Pietracorbara, all’interno.

  A sera si ritorna Bastia per pernottare.

 

27.6  SAN MICHELE DI MURATO E BASTIA.

 

  Il 13 giugno è l’ultimo giorno e rimangono ancora altre cose da vedere prima dell’imbarco e del ritorno. Al mattino si torna verso Saint-Florent nella zona del Nebbio, dove si trova un altro gioiello dell’arte romanico-pisana, la chiesa di San Michele di Murato, un chilometro a nord circa dal paesino di Murato su una posizione dominante e isolata. Sfortunatamente la chiesa è in restauro e completamente coperta dalle impalcature, ma intorno ci sono descrizioni e sono visibili molti dettagli.

  La chiesa è un simbolo dell’arte romanico-pisana, costruita nel XII secolo con una scelta di pietre policrome, calcare bianco di Saint-Florent e serpentino scuro del Bevinco, che ha permesso a costruttori e scultori di dare libero corso alla loro creatività. La chiesa ha sulla facciata anteriore un campanile con funzione di portico che è stato sopraelevato nel 1700, dietro ha un’abside semicircolare e, intorno, una ricca decorazione con medaglioni scolpiti e capitelli intagliati. Nel 1875 è stato classificato come monumento storico.

  Il resto della giornata, fino alla partenza, si passa a Bastia, porto principale e più importante centro commerciale e industriale dell’isola. La città fu scelta nel 1380, per il suo porto naturale, come sede dei governatori genovesi e fu dotata di una fortezza, detta Bastiglia, da cui il suo nome. La città vecchia si trova intorno al porto antico, detto oggi Vecchio Porto che è diventato il porto delle barche con ingresso tra due antichi fari e dove sono concentrati ristoranti e locali turistici, mentre il nuovo porto dei traghetti si trova più a nord. La chiesa di San Giovanni Battista costruita nel 1600 nello stile barocco genovese, domina il Porto Vecchio con i suoi campanili gemelli, ma è quasi soffocata dietro una fila di case. La piazza principale è l’antica Piazza del Mercato con il monumento a tutti i caduti corsi delle ultime due guerre mondiali.

  Alle 14:00 ci s’imbarca per Livorno sul traghetto della Moby Lines.

 

Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Eurotour.doc

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