Spettri di emissione e di assorbimento

 

 

 

Spettri di emissione e di assorbimento

 

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Spettri di emissione e di assorbimento

 

Attraverso una tecnica detta spettroscopia è possibile suddividere una radiazione composta da onde elettromagnetiche di diversa lunghezza d'onda (ad esempio la luce bianca proveniente dal sole), nelle sue componenti, dette radiazioni monocromatiche.

Il risultato di tale scomposizione è una serie di righe, ciascuna corrispondente ad una singola lunghezza d'onda, le quali costituiscono uno spettro.

Si distinguono due tipi di spettri: 1) di emissione 2) di assorbimento.

 

Spettri di emissione

Si formano ogniqualvolta la materia emette radiazione elettromagnetica. Si distinguono in spettri di emissione continui e spettri di emissione a righe.

 

Spettro di emissione continuo

Se si esamina allo spettroscopio la radiazione proveniente da un corpo liquido o solido a qualsiasi temperatura, essa forma uno spettro continuo, in cui sono presenti tutte le radiazioni monocromatiche in una serie continua. L'intensità delle righe luminose cresce da sinistra a destra e, raggiunto un massimo in corrispondenza di una certa lunghezza d'onda, decresce.

Costruendo un diagramma che abbia in ascissa le lunghezze d'onda crescenti ed in ordinata l'intensità luminosa si ottiene una curva tipica, detta curva di corpo nero , che non dipende dalla natura chimica del materiale emittente, ma è funzione solo della temperatura di emissione.

 

La lunghezza d'onda in corrispondenza della quale si ha la massima intensità luminosa dipende solo dalla temperatura del corpo emittente. Diminuendo la temperatura la curva, e quindi il massimo della curva, slittano verso destra, cioè verso le lunghezze d'onda maggiori e viceversa.

La posizione del massimo è ricavabile in base alla legge dello spostamento di Wien (1894).

 

                                                                       max T = K

 

dove K vale 0,290 cm K

 

Temperatura e lunghezza d'onda di massima emissione risultano dunque inversamente proporzionali. È per questo motivo che un corpo portato ad alta temperatura (ad esempio una sbarra di ferro) ci appare prima rosso, poi giallo, poi bianco azzurro.

Il sole ad esempio ci appare giallo perché il giallo è la lunghezza d'onda di massima emissione  di un corpo avente una temperatura superficiale di circa 6.000 °K.

 

 

Per temperature molto basse  il massimo di emissione non cade più nella banda del visibile, ma si sposta nella zona dell'infrarosso fino a raggiungere, per temperature bassissime, le microonde o addirittura le onde radio.

 

Naturalmente un corpo a maggior temperatura deve emettere complessivamente anche una maggior quantità di energia per unità di tempo. Quindi diminuendo la temperatura del corpo emittente la curva non solo si sposta verso destra, ma si abbassa. L'area compresa al di sotto della curva (integrale della funzione) rappresenta infatti l'energia totale emessa nell'unità di tempo e per unità di superficie radiante.

La relazione che descrive la variazione di energia emessa in funzione della temperatura assoluta del corpo emittente è detta legge di Stefan-Boltzmann (1879).

 

                                                                 E = sT4

Dove s (sigma) è la costante di Stefan_Boltzmann. Sia la legge di Stefan-Boltzmann che quella di Wien non descrivono però completamente il comportamento di un corpo nero. Per tutta la seconda metà dell'ottocento l'obiettivo di grandi fisici quali Kirchoff, Bartoli, Stefan, Boltzmann, Wien, Rayleigh, era di trovare l'espressione matematica generale della funzione

                                                          E = f (l,T)

 

che fosse in accordo con i dati sperimentali.

Purtroppo applicando le equazioni di Maxwell e le leggi della fisica classica si ottenevano sempre relazioni matematiche in netto contrasto con i dati sperimentali .

 

Quello del corpo nero rimase un problema irrisolto per tutto l'Ottocento ed uno scoglio insuperato per il modello ondulatorio della luce proposto da Maxwell.

 

Il cubo di Jeans e la catastrofe ultravioletta

Un famoso esperimento ideale, suggerito da Jeans, contribuì a mettere definitivamente la parola fine alla ricerca di una interpretazione classica del problema del corpo nero.

Alla fine dell'800 la fisica classica aveva raggiunto una struttura che allora appariva praticamente definitiva. Essa si reggeva in pratica su tre pilastri: la meccanica newtoniana sistematizzata da Lagrange, l'elettromagnetismo di Maxwell e la termodinamica classica (Carnot, Clausius).

Sia la termodinamica che l'elettromagnetismo aspiravano a ridursi alla meccanica classica, il cui rigoroso determinismo appariva il fondamento stesso della conoscenza scientifica.

Fu proprio dal tentativo di ridurre le leggi della termodinamica classica a quelle della meccanica che, nella seconda metà dell'Ottocento, nacque la meccanica statistica, ad opera dello stesso Maxwell, di Boltzmann e Gibbs.

Ciò che a noi interessa qui è il cosiddetto principio di equipartizione dell'energia. Applicando tale principio alla curva di corpo nero, si giunge al risultato paradossale che l'energia di un corpo emittente si dovrebbe distribuire in modo uniforme tra tutte le lunghezze d'onda di emissione. Ciò produce un risultato assolutamente non  conforme ai dati sperimentali e nel suo esperimento ideale Jeans dimostrò proprio l'inapplicabilità del principio di equipartizione dell'energia alla risoluzione del problema del corpo nero.

Egli immaginò un cubo le cui pareti interne fossero rivestite di specchi ideali, in grado cioè di riflettere il 100% della radiazione incidente, contenente piccolissime particelle di carbone in grado di assorbire e riemettere tutta la radiazione presente nel cubo (in pratica minuscoli "corpi neri", aventi il compito di favorire gli scambi energetici tra vibrazioni di diversa lunghezza d'onda).

 

Se immaginiamo ora di introdurre una radiazione luminosa e di richiudere immediatamente la scatola, dovremmo attenderci che, per il principio di equipartizione, l'energia si distribuisca in parti uguali fra tutti i sistemi componenti (si suddivida in parti uguali tra tutte le lunghezze d'onda possibili).

Ora, se il cubo ha spigolo pari a L, le lunghezze d'onda compatibili con esso (senza che avvenga interferenza distruttiva) sono 2L, 2L/2, 2L/3, 2L/4, 2L/5 etc .

Ciò significa che mentre esiste un limite superiore alle possibili lunghezze d'onda, non ne esiste uno inferiore. Perciò se noi immettiamo nel cubo una radiazione rossa dobbiamo attenderci che questa cominci a trasformarsi, attraverso una fitta serie di assorbimenti e riemissioni ad opera del pulviscolo carbonioso, in luce verde, blu, ultravioletta, radiazione x e gamma. Tale fenomeno dovrebbe avvenire in certa misura anche nei normali forni di cucina e nelle fornaci, aprendo i quali dovremmo essere investiti da una letale radiazione a breve lunghezza d'onda.

Per molti anni dopo la pubblicazione di questo articolo di Jeans nessun fisico fu in grado di spiegare questo paradossale risultato.

               

Spettro di emissione a righe

Un gas o un vapore riscaldato emette una radiazione discontinua, formata solo da poche componenti monocromatiche. Tale radiazione scomposta dallo spettrografo produce uno spettro sul quale righe luminose sono separate da ampie bande oscure. Gli spettri a righe dipendono esclusivamente dalla natura chimica del materiale emittente. Ciascun elemento, ciascun composto chimico emette uno spettro a righe caratteristico, con righe di particolare lunghezza d'onda ed intensità, tanto che oggi la spettroscopia viene utilizzata per effettuare analisi chimiche.

Anche il significato da attribuire alle righe spettrali rappresentò per tutta la seconda metà dell'ottocento un problema che la teoria elettromagnetica non fu in grado di risolvere.

Nel 1855 J. Balmer, studiando le righe emesse dall'idrogeno, scoprì una relazione matematica che permetteva di ottenere il numero d’onde(reciproco della lunghezza d'onda) delle singole righe spettrali.

 

con m = 3,4,5,6....   ed RH costante di Rydberg per l'idrogeno. Se la lunghezza d'onda è misurata in cm la costante di Rydberg per l’idrogeno vale

 

                                                           RH = 109.677,58 cm-1

 

 

                    

 

La relazione di Balmer può essere generalizzata sostituendo al numero 2 un intero n minore di m.

 

In tal modo, è possibile prevedere per l'idrogeno l'esistenza, oltre alle 4 righe nel visibile ( una nel rosso, una nell'azzurro e due nel blu-violetto), anche altre serie, una nell'ultravioletto (serie di Lyman per n = 1) e 3 nell'infrarosso (serie di Paschen per n = 3; serie di Brackett per n = 4; serie di Pfund per n = 5), in seguito scoperte.

Naturalmente la relazione di Balmer non era in grado di spiegare perché si producessero le righe spettrali, ma solo di calcolarne la lunghezza d'onda.

 

 

Spettri di assorbimento

Quando la radiazione continua proveniente da un corpo solido o liquido passa attraverso un gas od un vapore, si constata che allo spettro continuo mancano certe radiazioni monocromatiche, le quali sono state assorbite dal gas interposto.

 

In pratica si riscontra che i gas ed i vapori assorbono le stesse radiazioni monocromatiche che emettono (legge di Kirchhoff 1859), per cui lo spettro di assorbimento risulta l'esatto negativo dello spettro di emissione a righe. Le righe nere degli spettri di assorbimento sono dette righe di Fraunhofer, il quale le osservò per la prima volta (1815) nello spettro solare.

In fisica è detto corpo nero un radiatore integrale, cioè un corpo che riemetta completamente tutta l'energia assorbita. Un corpo nero è naturalmente un'astrazione, ma è possibile approssimarsi ad esso con una scatola di metallo le cui pareti interne sono rivestite di fuliggine, provvista di un foro

Relazione di Wien   con a e b costanti. Relazione di Rayleigh-Jeans    con K costante

 

 

Fonte: http://digidownload.libero.it/quintaachimica/CHIMICA.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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