La disuguaglianza di Bell

 

 

 

La disuguaglianza di Bell

 

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La disuguaglianza di Bell

 

Solo nel 1965  John Bell, teorico del CERN, propose un esperimento reale che avrebbe potuto discriminare tra le due posizioni. Egli adottò i due assunti basilari di Einstein Podolsky e Rosen - l'inesistenza di segnali più veloci della luce  e l'esistenza di una realtà oggettiva indipendente dalle misurazioni dello sperimentatore - e li utilizzò per costruire una relazione matematica in forma di disuguaglianza tra le misurazioni effettuate sulla particella 1 e le misurazioni effettuate sulla particella 2.

Effettuando l'esperimento proposto da Bell, la disuguaglianza sarebbe stata confermata nel caso l'impostazione di Einstein fosse stata corretta, sarebbe invece stata violata nel caso avesse avuto ragione Bohr.

 

L'esperimento proposto da Bell non potè però essere effettuato per tutti gli anni '70, poichè la tecnologia non permetteva di raggiungere i limiti di precisione richiesti.

 

Infatti per essere certi che due particelle separate non comunichino in modo non convenzionale (cioè istantaneamente), è necessario eseguire le misurazioni su entrambe le particelle entro un intervallo di tempo così breve che in esso nessun segnale che viaggi alla velocità della luce (o a una velocità inferiore) possa essere scambiato tra loro. Per particelle separate tra loro da una distanza di un metro, ciò significa che le misurazioni non devono impiegare più di qualche miliardesimo di secondo.

 

Solo nel 1982 Alain Aspect riuscì ad ottenere, in un famoso esperimento la precisione richiesta, dimostrando che Einstein aveva torto.

 

Il risultato dell'esperimento di Aspect potrebbe essere interpretato in due modi diversi.

 

A) il mondo ha carattere non-locale. Viola cioè il principio di causalità locale, permettendo la trasmissione istantanea dell'informazione.

In effetti ci fu chi, in seguito ai risultati di Aspect, affermò che era stata dimostrata l'esistenza della 'telepatia’. Alcuni, riprendendo tesi mistiche di tipo orientale,  interpretarono il fenomeno come una prova evidente di una realtà in cui tutte le parti dell'universo sono interconnesse. Il mondo non andrebbe visto cioè come una collezione di particelle che lo compongono, ma come una rete di rapporti in cui ogni cosa appartiene ed è una manifestazione del tutto.

 

L'interpretazione ortodossa dell'esperimento di Aspect è però un'altra.

 

B) il mondo non è oggettivo. Non esiste cioè in uno stato definito a prescindere dall'osservazione. Se fosse infatti possibile misurare tutte le variabili fisiche di una particella, senza alterarne lo stato, allora l'esperimento di Aspect proverebbe effettivamente l'esistenza di influssi non-locali.

 

 

Fonte: http://digidownload.libero.it/quintaachimica/CHIMICA.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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