Il novecento sintesi e riassunto

 

 

 

Il novecento sintesi e riassunto

 

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Il novecento sintesi e riassunto

 

STORIA

Nel 1861avviene la proclamazione del regno d’Italia grazie all’intersezione di due processi uno guidato dalla monarchia Savoia, con Vittorio Emanuele II e Cavour, e uno guidato dalla democrazia con a capo Garibaldi e Mazzini. L’unificazione non avviene solo grazie all’unificazione delle loro volontà, ma deriva dagli scontri politici tra le due fazioni.
Nel 1857 Garibaldi aderisce alla Società Nazionale Italiana il cui motto era “Italia e Vittorio Emanuele”, perché per ottenere l’unificazione italiana i democratici si subordinarono al potere monarchico.
Ma mancavano al Regno ancora il Veneto e Roma. Il primo fu annesso all’Italia nel 1866 grazie alla III guerra d’Indipendenza che coincideva poi con la guerra austro - prussiana.
La questione romana è invece più complessa, ma viene risolta nel settembre del 1870 quando i prussiani sconfiggono la Francia. In questo modo vengono a mancare le garanzie politico - militari per lo Stato pontificio. Tra il 1861 e il 1870 c’erano già stati altri tentativi di assediare Roma da parte dei democratici, ma sia la campagna del ’62 che quella del ’67 fallirono.
Nel 1864 si tentò anche per via diplomatica con la Convenzione di settembre dove i piemontesi si accordarono con i francesi affinché questi ultimi ritirassero le truppe dallo Stato pontificio in cambio della promessa di  non prendere Roma. La capitale fu infatti spostata da Torino a Firenze.
Le conseguenze del ’70 fanno postare la capitale a Roma.
Già nel 1864 il mondo cattolico al seguito del Papa si era opposto alle idee del mondo moderno, in modo ideologico; ora con la formazione del Regno d’Italia il Papa proibisce ai cattolici di partecipare alla vita politica, cioè di non partecipare né come eletti né come elettori. Questo riguardava solo la sfera politica, perché in campo amministrativo comunale i cattolici erano attivi.  Era un rifiuto dello Stato dovuto al fatto che il Papa si vedeva privato della sovranità anche se gli rimanevano delle garanzie e un’indennità.
I cattolici si dividevano in intransigenti che rifiutavano categoricamente lo stato, ma che si dimostravano più interessati verso i mali della società come i problemi del mondo contadino o della classe operaia; e i transigenti che cercavano un compromesso con lo Stato e che erano gli eredi di un filone liberale.
Il cattivo rapporto dei cattolici con lo Stato risale alla I^ guerra d’indipendenza quando il Papa partecipa alla guerra mandando alcune truppe. Il ritiro di queste truppe segnano la fine della speranza guelfa che poneva il Papa a capo di un governo federale. I governi della destra avevano chiuso dei conventi, espropriato la Chiesa di alcune terre...perché questi statisti nonostante fossero cattolici mettevano lo Stato al primo posto.
Nel 1876 invece la destra storica sarà formata da anticlericali. Un momento di ritrovamento tra i cattolici e lo Stato si avrà solo nel 1929, quando dopo il patto Gentiloni del 1913 i cattolici si avvicinano allo Stato mantenendo idee conservatrici, alleandosi con i liberali contro il movimento socialista.
Nel 1929 i cattolici si avvicinano allo Stato accettando la dittatura fino a diventare la classe dirigente con la democrazia cristiana tra il 1948 e anni più recenti.
Dal 1870 lo Stato si consolida e il governo della destra arriva al pareggio del bilancio statale nel 1876. Il problema era grave perché il bilancio era andato in rosso per alcune spese fatte per l’impianto dello Stato, per le guerre, per costruire infrastrutture come le ferrovie.
Proprio la questione delle ferrovie è molto discussa.
La destra composta da un personale politico che guardava all’interesse della nazione era contro la privatizzazione delle ferrovie ritenendo che avrebbero reso più forte l’Italia se fossero state affidate allo Stato.
Contro si schierano la sinistra e la destra toscana. La destra cade proprio su questa questione e sale al potere la sinistra storica che convoca delle elezioni per consolidare il suo potere. Le elezioni erano a collegio uninominale a turno doppio, cioè tra tanti candidati di un collegio se ne eleggevano due e poi si faceva i ballottaggio.
Per arrivare al pareggio del bilancio la destra storica aveva attuato due forme di tassazione: una diretta e una indiretta.
Quella diretta grava in modo particolare sul mondo contadino che in Italia è il ceto più numeroso, tanto che si faranno delle inchieste per capire meglio i problemi di questo mondo. (Inchiesta Jacini 1884).
La tassazione indiretta è quella che va a colpire i beni di consumo e perciò tassa indistintamente tutte le classi sociali. Questo metodo è più iniquo soprattutto se tocca beni come il macinato incarando il costo del pane che era la base dell’alimentazione.
Ancora una volta le tasse gravano sul mondo contadino provocando rivolte più o meno organizzate.
C’era già un problema di ordine a partire dal 1861 ed era quello il brigantaggio che aveva ragioni sociali e politiche: malessere delle zone meridionali e conquista del sud da parte del Piemonte.
Si tentò di sopprimere questo fenomeno con la violenza con un vero e proprio intervento militare, con tecniche di rastrellamento da parte dei piemontesi.
La conseguenza è che l’Italia assume l’aspetto di uno Stato accentrato, nelle province esiste un potere che è rappresentato dal Prefetto e che agisce con poteri amministrativi e politici.
Ritornando al problema dei contadini, l’agricoltura in Italia non era così ricca e con un territorio così fiorente come si voleva credere. Alcune zone erano ancora paludose, insalubri, non adatte a essere coltivate; quelle sfruttate a latifondo non erano utilizzate nel modo giusto.
Il governo liberale aveva pensato ad un’Italia impegnata nel settore primario inserita in un discorso economico internazionale, per questo non si sono sfruttate in un primo momento i potenziali industriali della siderurgia e del tessile.
Inoltre l’idea di una specializzazione a livello internazionale garantisce che gli esportatori di prodotti agricoli siano subordinati agli altri.
Solo verso la fine degli anni 70 si ha una mentalità rivolta verso l’industrializzazione.
Dopo la caduta della destra storica sale al governo la sinistra storica che governerà quasi ininterrottamente fino al 1887. Questo periodo si può suddividere in due fasi con un punto di cesura nell’82.
La prima fase è caratterizzata da una spinta innovatrice che si esplica con la legge sull’istruzione elementare per alfabetizzare e svolgere opera di socializzazione nel senso che si educavano le nuove generazioni a pensare secondo gli schemi dominanti.
Inoltre si vuole ampliare il diritto di voto a tutti coloro che sapevano leggere e scrivere, portando la percentuale dei votanti da un 2% a un 8% della popolazione.
A partire dal 1882 nasce il fenomeno del TRASFORMISMO, cioè  la capacità da parte del governo di attrarre dei personaggi che erano in origine di destra, ma che vengono inglobati nella maggioranza. Questo può avvenire facilmente perché non esistevano i partiti, ma un insieme di persone si riunivano solo in occasione delle elezioni, quindi aveva carattere temporaneo e ristretto. Inoltre il collegio uninominale era più improntato sulla singola persona piuttosto che su un programma politico preciso.
In Italia poi non può avvenire un’alternanza delle parti dello schieramento politico perché da una parte ci sono i cattolici e dall’altra gli estremisti, che significa una spaccatura dell’Italia. Infatti a differenza di quello che succedeva in Inghilterra non esistevano valori comuni.
Secondo lo storico Salvadori la mancanza di alternanza è tipica del governo italiano infatti alla fine del regime liberali sale al potere il fascismo e quando finisce il fascismo l’egemonia è nelle mani della democrazia cristiana.
I partiti intesi come partiti di massa nascono con l’avvento dei partiti socialisti, in modo particolare di quello socialdemocratico tedesco, e poi si è diffuso anche alle correnti borghesi.
Il partito di massa richiedevano un’adesione cospicua, permanente e avevano un carattere ideologizzato tenuto insieme da una concezione di potere strutturato e organizzato sul territorio. Esisteva un centro direzionale diramato su tutto il territorio. Sono partiti di stampo democratico nel senso che gli organi direzionali venivano eletti dalla base.
All’epoca dell’Italia liberale l’unico partito di massa era il partito socialista.
Dopo il 1882 la spinta progressista si esaurisce, nel 1887 muore Depretis e cambia la politica economica in Italia.
Sale al potere Crispi che governa fino al n’96 con un’interruzione di due anni nel ‘92-’93. Il suo governo si esaurisce con la sconfitta militare coloniale ad Adua.
Nel 1887 viene introdotta una tariffa protezionista contro la politica economica dell’inizio del Regno d’Italia che tendeva ad abolire i dazi doganali.
Ora si introducono tariffe che riguardano alcune merci importate allo scopo di far salire i prezzi per incentivare le vendite di tali prodotti all’interno del Paese. La tendenza al protezionismo è generale in tutta Europa anche a causa della Grande Depressione dovuta non alla diminuzione della produttività, ma al contrario per il suo aumento e la difficoltà a smaltire i prodotti con conseguente calo dei prezzi.
In Italia vengono protetti i prodotti della cerealicoltura e lo zucchero, mentre dal lato industriale la siderurgia, la meccanica e il tessile.
In Italia l’agricoltura è diversificata sia come produzione che come struttura sociale.
La cerealicoltura è ancora arretrata perché esige un’agricoltura estensiva, basata sulla quantità di terreno utilizzato. Viene protetta perché i grandi produttori di cereali sono legati al governo e così anche quelli dello zucchero. In questo modo gli altri produttori sono svantaggiati, per esempio i viticoltori.
Nel 1888 nasce una tensione tra Italia e Francia, la cosiddetta guerra del vino.
Per quanto riguarda la siderurgia e la produzione di acciaio la protezione è sui prodotti di cantiere come quelli navali. Il prezzo dell’acciaio che viene elevato artificialmente si ripercuote sui prodotti della meccanica perché alla fine della lavorazione hanno un costo troppo elevato.
Il settore cantieristico gode di una protezione particolare nel senso che è lo Stato il committente, soprattutto di navi da guerra. Inoltre lo Stato può garantire l’apertura di linee navali civili aumentando la richiesta di prodotti. Vengono aperte nuove linee che attraverso il Canale di Suez arrivino fino all’Eritrea, colonia italiana.
Questo determina un intreccio tra il governo e gli affari, che verrà criticato dagli economisti liberisti.
Crispi inaugura un nuovo stile di politica, dando importanza a quella estera che assume caratteri di aggressività, nazionalismo e si esplicita in una nuova volontà coloniale.
Questo ci fa capire come mai Crispi chiude la sua carriera politica proprio a seguito di una sconfitta coloniale.
Per quanto riguarda la politica interna ha un atteggiamento autoritario nei confronti degli oppositori, soprattutto dei socialisti, tanto che viene messo fuori legge il partito socialista nato nel 1892. Sradica i moti anarchici in Sicilia e Toscana.
Crispi non era un conservatore tradizionale perché aveva un nuovo stile politico che attingeva dal cancelliere tedesco, anche se in Italia non era possibile svincolarsi dalla maggioranza parlamentare.
Lui voleva parlare direttamente al paese senza avere a che fare con le mediazioni parlamentari, senza avere vincili. Assecondava la tendenza anti parlamentare della seconda metà del secolo, cioè quelle nate quando il parlamento assume peso maggiore nelle decisioni politiche.
Crispi non si limita solo ai discorsi ma mette in pratica il suo progetto dando ai ministri nuove funzioni e ripristinando la figura del prefetto, come rappresentante del Governo nelle varie province.
Nel 1889 il ministro della giustizia Zanardelli costituisce un nuovo codice penale più liberale, che garantisce più diritti all’imputato. Però attraverso la prassi amministrativa viene tolta l’autorità al codice.
La politica interna di Crispi era basata sul mantenimento dell’ordine. I metodi più esplicativi erano le repressioni come quelle contro i fasci siciliani e gli anarchici della Lunigiana nel 1894.
La tattica era quella di punire non chi aveva commesso un reato ma tutti quelli che potevano essere sospetti. Questo avveniva soprattutto contro i socialisti, repubblicani e anarchici.
Crispi inoltre era anti clericale e quindi teneva sotto tiro anche i cattolici. Nel 1889 aveva lasciato correre su una aggressione ad un corteo cattolico a Roma e nel 1889 aveva presieduto all’inaugurazione del monumento di Giordano Bruno.
Per quanto riguarda la politica estera prediligeva la conquista delle colonie e questo contribuiva a tenere alte le spese militari.
Nel 1882 si stabilisce la Triplice Alleanza che viene ribattezzata sia nel 1887 che nel 1896.
Questa alleanza era un trattato segreto che legava l’Italia alla Germania e all’Austria. Era stato stipulato dalla sinistra con funzioni conservatrici.
Era a carattere difensivo, l’Italia non guadagnava nulla, mentre i tedeschi cercavano relazioni internazionali contro i francesi.
Inoltre forti legami politici comportano dei legami commerciali; nel 1894 con capitali tedeschi in Italia viene fondata la Banca Commerciale.
Per l’Italia c’è però un vantaggio: si chiude la questione romana. Il Papa rivendicava ancora la sua egemonia su Roma e credeva di poter contare sull’appoggio dell’Austria, nazione cattolica e della Germania. Ma con la Triplice l’imperatore austriaco non poteva permettere che uno stato alleato perdesse la capitale.
Nel 1881 la Francia aveva occupato la Tunisia, un territorio che interessava anche agli italiani.
Il cancelliere tedesco aveva aiutato i francesi a conquistare la colonia tenendo lontano un possibile attacco francese e nello stesso tempo si allea con l’Italia che è contro la Francia.
Nel 1887 il trattato viene rivisto e viene aggiunta una clausola che prevede compensi per l’Italia se l’Austria avesse approfittato della decadenza dell’Impero ottomano per spostare gli equilibri balcanici.
Nel 1389 le truppe turche avevano sconfitto gli sloveni ampliando il loro impero fino ai confini con quello austriaco. Nel 1875 una rivolta di contadini portò a una guerra che durò fino al 1878 e finì con il trattato di S. Stefano che prevedeva la creazione di uno stato Serbo e il protettorato dell’Austria sulla Bosnia Erzegovina.
L’Italia avrebbe ricevuto l’Istria e il Trentino se l’Austria avesse spostato il suo baricentro nei Balcani, ma  quando nel 1908 l’Austria occupa la Bosnia l’Italia no riceve nulla in cambio.
Il trattato viene ripreso senza modifiche nel 1896 e durerà per altri 12 anni.
Nel 1896 finisce anche il governo di Crispi e si apre quel periodo chiamato CRISI DI FINE SECOLO e dura dal 1896 al 1900.
E’ una crisi politico-istituzionale perché dal lato economico questi sono anni ferventi per l’industrializzazione. E’ una crisi del sistema liberale che non riesce a imporre la propria egemonia su una società in continuo cambiamento.
Si utilizzano strumenti che guardano al passato: esce un articolo di Sonnino nel 1897 intitolato “Torniamo allo statuto”.
Lo statuto aveva fatto in modo che la monarchia da costituzionale diventasse parlamentare, il sovrano manteneva però un potere influente su questioni militari e di politica estera.
Il Parlamento non riesce a guidare l’Italia in questa trasformazione perché si sente oppressa dall’opposizione.
In questi anni sale al governo il Marchese di Rudinì che era più filofrancese ma concordava con Crispi sulla necessità di un autoritarismo.
Nel 1898 a causa della guerra tra Stati Uniti e Spagna il prezzo del pane si alza provocando manifestazioni e rivolte.
La repressione fu durissima anche perché in quel periodo non esisteva un corpo di polizia ma per mantenere l’ordine venivano utilizzati dei reparti composti da soldati provenienti da ogni parte d’Italia ma non da quella che andava occupata.
La situazione si placa quando sale al potere il generale Pelloux, gradito dalla sinistra  perché durante le repressioni aveva avuto buon senso.
Presentò però in Parlamento gli stessi decreti di Di Rudinì cioè leggi repressive che vietavano lo sciopero e controllavano le associazioni e la stampa.
Si crea così del malcontento che contagia anche la sinistra liberale, perché nel contesto politico avevano assunto un valore politico reazionario.
Conto il generale si schierano quindi la sinistra estrema e quella liberale con una tattica ostruzionistica, cioè usavano il regolamento della Camera per ritardare le votazioni di certi decreti.
Il generale allora ricorse a decreti legge, cioè decreti del governo con valore legislativo e ne posticipò l’entrata in vigore.
Zanardelli e Giolitti si opposero al governo perché non si possono fare decretazioni di urgenza  su argomenti costituzionali.
Questo portò alle elezioni del giugno 1900 e il governo venne affidato provvisoriamente a Saracco. Intanto viene ucciso Umberto I da un anarchico, ma Vittorio Emanuele III evitò manovre repressive e diede il governo a Zanardelli, che era uno degli ultimi liberali.
Inizia così l’era giolittiana perché Giolitti fu ministro di questo governo fino al 1914.

IL NOVECENTO
Nel 1896 finisce la Grande Depressione provocando un fenomeno di nuova espansione produttiva e ripercussioni politiche. Ci fu una trasformazione che ha provocato cambiamenti in alcuni settori dell’economia.
All’inizio della rivoluzione industriale il settore più sviluppato era quello tessile, mentre ora è quello che comprende il campo siderurgico, l’industri elettrica e chimica. L’industria chimica permette la trasformazione di materiale naturale o la sinterizzazione di quello che non si trova in natura: sviluppo della gomma, raffinazione del petrolio...
L’industria elettrica fa cambiare il paesaggio soprattutto urbano per l’introduzione di illuminazioni pubbliche e private e a livello rurale per la creazioni di dighe o centrali idroelettriche.
Visto che aumentano le unità produttive, aumentano le masse di operai e di tecnici addetti alla produzione.
Si espande il modello FORDIANO che vuole una grande quantità di operai ma con una organizzazione del lavoro che faccia risparmiare tempo e che espropri gli operai delle loro conoscenze. Prima l’industrializzazione avveniva grazie alle capacità tecniche degli operai, ora tempi e modi vengono imposti dall’alto attraverso l’inserimento di catene di montaggio.
Si cercava inoltre di inserire nelle industrie un operaio non specializzato (unskilled) perché può essere sostituito molto facilmente.
Queste condizioni di lavoro erano più dure e per questo la trasformazione dell’industria è seguita da conseguenze sociali e sindacali.
Ford introdusse anche un salario più elevato che serviva a stimolare i consumi. Questo può avvenire nella sua industria perché i suoi prodotti possono essere acquistati dagli stessi operai (auto di massa).
Una degli aspetti della politica di Giolitti sarà quella di lasciare una sana conflittualità sociale, così che gli operai avendo un salario maggiore incrementino le vendite.
Nascono in questo periodo i grandi magazzini prima nelle grandi città e poi diffuse in più parti.
E nasce anche al pubblicità subito vista come una nuova forma di arte.
Nel 1889 nasce una organizzazione sindacale: la Seconda Internazionale.
La Prima Internazionale del 1864 era un’associazione a cui si poteva aderire solo individualmente; alla Seconda invece è possibile aderire come partiti nazionali. C’è uno sviluppo del movimento operaio che va via via crescendo dopo lo sviluppo del capitalismo e del socialismo.
Le radici nazionali avranno importanza alle soglie della Prima Guerra Mondiale, perché i partiti operai vengono inglobati nei movimenti nazionali, dando il loro voto per i crediti di guerra assumendo valori nazionali e bellici.
Questo avviene perché le strutture all’interno della società avevano creato una cultura che non consentiva una mentalità rivoluzionaria. O si accettava la guerra o si prendevano posizioni di intransigenza che subivano una forte repressione.
I sindacati e i partiti non si sovrappongono infatti il primo è a carattere economico-sociale, mentre l’altro a scopo politico. In Germania nel 1912 gli operai  che erano iscritti ai sindacati erano 10 milioni mentre solo 3500000 erano iscritti al partito.
La 3^ Internazionale nel 1919 era a carattere comunista e coincideva con lo Stato Sovietico. La 4^ Internazionale alla metà degli anni 20 assuma un carattere bolscevico.
Un carattere della 2^ Internazionale era quello di informare il popolo del pensiero di Marx.
Il Marxismo è una corrente che si richiama al pensiero di Marx e non è necessariamente uguale, mentre  Marxiano si richiama alle opere di Marx e a lui stesso.
Nel periodo della 2^ Internazionale non tutte le opere di Marx sono note e il suo pensiero è complesso e pesante perché scrisse soprattutto di economia.
Subentra quindi una forma di divulgazione che può essere a due livelli. Quella più “alta” è una traduzione di Engels del pensiero di Marx in termini filosofici, utilizzando la corrente positivista che non era propriamente adatta a rendere il pensiero marxista.
Una divulgazione più “bassa” avviene grazie ad una volgarizzazione e una semplificazione fatta da vari intellettuali e diffusa nei sindacati anche attraverso le biblioteche di partito.
Anche la 2^ Internazionale, come la 1^, deve fare i conti con gli anarchici che però vengono emarginati con l’introduzione delle idee marxiste.
Verso la metà degli anni 90 il marxismo viene messo in crisi da un teorico della SPD, Bernstein.
La sua tecnica è il revisionismo che viene applicato ad una filosofia che ormai era diventata un’ideologia.
Con la fine della Grande Depressione viene a mancare un presupposto del marxismo, cioè la crisi del capitalismo.
Marx diceva che c’erano delle contraddizioni nel capitalismo che avrebbero portato ad una crisi dello stesso e alla nascita del socialismo. Il proletariato si sarebbe allargato mentre la classe borghese sarebbe diminuita. A questo punto la rivoluzione era facilitata e legittima e legata alla diminuzione dei profitti dei capitalisti.
La fine della Grande Depressione smentii questa previsione.
Per Bernstein lo scopo della socialdemocrazia è quello della riforma del capitalismo e non il suo abbattimento.
Dopo il 90 in Germania cessano le leggi antisocialiste e si consente al socialismo di organizzarsi e quindi non si sente più così forte l’esigenza di una dittatura del proletariato.
Il socialismo non è subordinato alla rivoluzione ma diventa accettazione della democrazia.
La socialdemocrazia si inserisce quindi in modo positivo.
Nei fatti la prassi della SPD era revisionista, cioè accettava la situazione dello stato borghese.
Bernstein da una dignità teorica a questo comportamento.
Con la crisi del 1929 gli Stati Uniti  sono percossi dalla crisi e il capitalismo sembra cadere e sembra avverarsi il pensiero di Marx .
Correnti che si richiamano al marxismo dibattono su questi temi.
Norberto Bobbio dice che il comunismo non ha una teoria dello stato che si adatta alle condizioni della società presente.
Marx credeva in uno stato transitorio governato dal socialismo che sarebbe durato poco perché la comunità comunista doveva essere astatale.
Lo sviluppo della tecnologia avrebbe portato alla mancanza delle classi sociali e dell’esigenza di uno stato .
Le leggi antisocialiste propugnate alla fine degli anni 70 non mettono fuori legge il movimento, ma regolano la loro organizzazione e le loro possibilità associative.
Il nuovo imperatore Guglielmo II nel 1890 le scioglie perché questo sistema non dava frutti perché il movimento socialista aveva dato vita a organizzazioni anche culturali e sindacali e si era radicata sul territorio.
IMPERIALISMO è un fenomeno che coinvolge quasi tutti i paesi del mondo tra gli anni 70-80 e la I^ Guerra Mondiale. E’ un’età in cui ritornano i grandi imperi coloniali che vengono o creati o ripristinati e ampliati.
Dopo la Conferenza di Berlino del 1884 tutta l’Africa viene coperta dalla dominazione coloniale. Partecipano tedeschi, inglesi, francesi, belgi, italiani, spagnoli...
La Francia prende possesso di quasi tutti gli stati che si trovano sulla costa settentrionale e della fascia subsahariana , i belgi con la presenza di Leopoldo II prendono possesso personale del Congo Belga, i tedeschi occupano la Libia e lo Zambia, mentre gli inglesi occupano la fascia che taglia l’Africa da nord a Sud attraverso gli stati: Egitto, Sudan, Kenia, Rhodesia, Sud Africa.
Nel 1896 gli inglesi e i francesi si scontrano in un villaggio del Sudan, ma la guerra è scongiurata perché la Francia decide di cedere il territorio agli inglesi.
Nel 1904 Francia e Inghilterra stringono le premesse per l’Alleanza alla quale si aggiungerà la Russia che sarà importante durante la I^ Guerra Mondiale.
L’imperialismo si differenzia dal colonialismo da fatto che non è solo un’acquisizione di nuovi territori, ma ci sono motivazioni e cause diverse.
Ci sono due forme di imperialismo: formale e informale.
Per esempio l’America del Sud non è direttamente dominata, ma lì si concentrano gli interessi degli Stati Uniti e dell’Inghilterra. Il predominio non avviene attraverso una forma politico militare, ma si tratta di uno sfruttamento economico governato dal paese colonizzatore.
L’imperialismo ha quindi motivazioni soprattutto economiche , ci si ripropone di trarre dal paese colonizzato una serie di vantaggi economici.
Si pensa di spostare nelle colonie merci, capitali e uomini.
Uomini per dare sfogo alla eccedenza demografica, come in Italia che per un eccesso della popolazione si sono verificate forti emigrazioni negli Stati Uniti, in America Latina ma anche nel resto dell’Europa.
L’esportazione dei capitali si ha quando questi in patria non danno profitto e così si cerca di impiegarli all’estero.
Per quando riguarda le merci, in Europa è il periodo del protezionismo, per cui si pensa di smaltire i prodotti eccedenti all’estero.
Lo scambio avviene anche in senso contrario, cioè si esportano dalle colonie i prodotti esotici, come il thè, la gomma, il petrolio...Inoltre si possono avere a basso prezzo anche minerali che sono o preziosi come l’oro, l’argento, i diamanti, o di utilizzo come il rame.
Esistono delle motivazioni ideologiche per giustificare l’imperialismo: l’uomo bianco è superiore degli indigeni oppure l’uomo bianco vivendo in una società progredita si sente in dovere di portarla anche nelle colonie; si sente un senso di responsabilità.
L’aspetto politico strategico serviva allo Stato per tenere a bada la parte povera della popolazione, creando il mito dell’Imperialismo o reinvestendo i proventi dello Stato per le classi disagiate.
La conquista delle colonie ha anche una funzione strategica, per esempio gli Inglesi negli anni ’80 controllavano l’Egitto per avere l’utilizzo del canale di Suez.
Quindi l’imperialismo non è solo un gioco economico ma anche politico - strategico.
L’Imperialismo viene analizzato e diventa oggetto di scontro politico all’interno del marxismo.
Ci sono differenze di analisi anche all’interno del pensiero stesso.
Rosa Luxemburg dice che l’Imperialismo è legato all’incapacità delle metropoli di assorbire la produzione. Ipotesi sottoconsumistica.
Lenin nel 1916 dice che l’Imperialismo è legato alla caduta del tasso di profitto delle imprese. L’Imperialismo è la fase suprema del capitalismo, cioè il capitalismo deve passare necessariamente attraverso l’imperialismo e questa è la fase massima.
Altri autori come Kautsky dicono che l’imperialismo non è la fase suprema del capitalismo, ma una possibile via di sviluppo del capitalismo. Esiste cioè una possibilità di scelta, di indirizzare il capitalismo verso certe scelte.
La teoria dell’ultraimperialismo vede economie mondiali che tentano di unificarsi.
Appare chiaro che quindi il capitalismo e l’imperialismo sono legati da fattori economici.
Nel 1919 Schumpeter dice che l’imperialismo non è legato al capitalismo ma è esattamente il suo contrario. L’imperialismo è ATAVISMO, cioè una forma primitiva di relazione tra uomini basate sul potere, sul puro dominio, è quindi una forma di arretratezza.
L’imperialismo deve essere quindi un legame commerciale e non di scontro politico e militare.
Il capitalismo deve essere caratterizzato da un razionalismo economico, ma senza poterer.
La tesi di Cont dice che l’industrializzazione porta alla fine della guerra , perché questa non è legata a questioni economiche.
Angel nella “Grande illusione” parla di legami economici che non possono portare a guerre perché la guerra può essere solo una perdita.

Esistono delle dottrine sociali anche nel mondo cattolico. A partire dalla prima metà dell’800 i termini di questa dottrina cambiano perché sono cambiate le situazioni sociali con l’industrializzazione.
All’inizio la reazione della Chiesa è quella puramente diffidente perché si pensava che alcune teorie portassero turbamento nel mondo cattolico; infatti vengono messi nel Sillabo nel 1764 alcune dottrine.
Nel 1891 il Papa Leone XIII promulga l’enciclica Rerum Novarum che arriva al mondo cattolico con una forza prorompente. Si occupa infatti della questione operaia, si accetta che gli stessi si organizzino in forme di organizzazione indipendenti, diversi dalle Società di mutuo soccorso.
Il Papa accetta queste organizzazioni solo se non sono finalizzate alla lotta di classe, senza lo sciopero, perché l’idea è quella che tutti sono cristiani e tutti devono attenersi agli insegnamenti del Vangelo, sia gli imprenditori che gli operai.
La prospettiva è interclassista che porti allo stemperamento dei conflitti sotto l’ala della Chiesa.
Qui nasce l’idea della democrazia cristiana che però ha idee classiste e si avvicina molto al socialismo.

 

INGHILTERRA: avviene una alleanza tra conservatori e liberali unionisti, cioè i liberali che abbandonavano il partito perché non vogliono l’autonomia dell’Irlanda.
All’inizio del 900 le elezioni premiano i liberali laburisti. La prospettiva politica porta all’inizio di una legislazione sociale e all’introduzione della pensione di vecchiaia. Questa riforma porta un aumento delle tasse che ora vengono pagate con il metodo della progressività dell’aliquota.
Prima le percentuali  erano proporzionali al reddito, ma l’aliquota del 10% sul reddito era uguale sia per il ricco che per il povero. Ora con la progressività la percentuale incide in modo diverso.
Lo scontento delle classi ricche porta a un conflitto costituzionale. La Camera dei Lord poteva porre il veto alle leggi. Questa legge viene rivista dal governo, che proibisce alla Camera dei Lord di imporsi sulle leggi. Questo può avvenire perché in Inghilterra la Costituzione non è scritta.
FRANCIA : la Francia viene sconvolta dal caso Dreyfuss, capitano ebreo che viene ingiustamente accusato mettendo in luce negativa l’affidabilità degli ebrei.
La Francia si spacca in due: una visione repubblicana e laica con in più i socialisti e una visione cattolica e conservatrice opposti al comandante.
Nel 1899 i repubblicani vincono le elezioni grazie all’intervento dei socialisti.
Negli anni ’80 la Repubblica francese che era nata dalla guerra franco-prussiana  è scossa da scandali finanziari nei quali sono coinvolti anche esponenti ebrei e questo basta a dare il via a una visione antisemita.
Il caso Dreyfuss capita in una Francia già antigiudaica in cui la destra voleva riprendersi il governo. Una parte della destra era formata dall’esercito, che nella società aveva un ruolo importante anche perché esisteva, e non solo in Francia, una mentalità militarista, nazionalista, propensa verso le armi.
Anche la Chiesa è antigiudaica, però non nell’accezione di antisemitismo, cioè i convertiti venivano integrati. Il discorso non riguarda le razze ma è solo religioso.
Quando entra al governo un socialista inserisce una teoria possibilista, cioè la possibilità che i socialisti collaborino con i radicali.
Una conseguenza del corso Dreyfuss è la laicizzazione dello Stato con la sconfitta della Chiesa che viene messa al margine. Anche questa era una tendenza forte della storia della Francia.
Sorel  crea il mito politico come quello dello sciopero di massa in modo da bloccare tutta la società.
Prevale la componente irrazionale che fa leva sulla componente emozionale al contrario del mito del progresso che è razionale.
Nel 1908 nasce un movimento di estrema destra che avrà dei contatti con i fascisti che se la prende con i protestanti, gli ebrei, i massoni, gli stranieri giudicati distruttivi per la Francia.
E’ anche antistituzionale come in Germania nel I^ dopoguerra con la Rivoluzione conservatrice si voleva andare contro l’istituzione per creare un governo di estrema destra.
In Francia nascono le squadre d’azione con elementi giovanili di destra che erano gli anticipatori del fascismo.
IMPERO TEDESCO: a partire dalla fine del secolo in Germania nasce una nuova concezione della politica internazionale per lo sviluppo di un certo ceto sociale che pensa all’espansionismo del Paese.
Nel 1898 si vuole armare una flotta da guerra che concorra con quella inglese. Questo porta proprio a un conflitto con l’Inghilterra.
All’interno della Germania si formano gruppi pangermanisti di estrema destra che hanno mire espansionistiche.
AUSTRIA: gli austriaci sono più antisemiti dei tedeschi.
I problemi più gravi sono dati dalla popolazione slava che abitavano tutti i Balcani fino al cuore dell’Europa.
Nel 1867 si era istituita la duplice monarchia, cioè l’imperatore regnava sia sull’Ungheria che sull’Austria. Ora si vuole creare una triplice monarchia accorpando sotto un’unica monarchia i paesi slavi, ma questo non è possibile a causa dei vari nazionalismi.

L’ETA’ GIOLITTIANA
L’età giolittiana inizia con un governo in cui Giolitti era ministro degli interni, mentre era presidente Zanardelli. Durante tutto il periodo tra il1901 e il 1914 non giudò lo Stato sempre Giolitti, ma anche alcuni suoi luogotenenti come Tittoni e Fortis.
Capitò anche al governo uno dei suoi più accaniti oppositori cioè Sonnino, che governò solo pochi mesi.
Oltre a questo periodo denominato età giolittiana, Giolitti governò incastonato nel governo Crispi tra il 1892 e il 1893 e poi nel 1920-21 per ristabilire le sorti dell’Italia postbellica prima dell’inizio del fascismo.
La presenza del partito socialista condiziona parecchio la politica di Giolitti.
Il movimento operaio non esisteva e al suo posto c’erano le associazioni di muto soccorso che erano alla classe borghese dei partiti progressisti. Avevano un intento solidaristico, ma non erano associazioni di resistenza o sindacali.
Il partito socialista deriva da una spaccatura delle file anarchiche.
Nel 1882 nasce l’organizzazione del partito operaio italiano dove c’era una forte matrice operaistica che vedeva la classe operaia come la classe cui interessi erano fondamentali per tutta la società.
Nel 1882 viene eletto al governo il primo socialista, Andrea Costa, ma è un episodio circoscritto.
Il partito socialista vero e proprio nasce a Genova nel 1892 mentre si festeggiavano i quattrocento anni dalla scoperta dell’America..
Dopo la divisione dagli anarchici, il problema per il partito nascente è quale strategia  politica adottare. Ci si richiama a l marxismo ma anche alle teorie di Turati che vengono dal positivismo. L’idea del socialismo viene affiancato a un programma di opere concrete che presupponevano l’inserimento del partito nella struttura politica dello Stato.
Durante l’età giolittiana avvengono entrambe le possibilità: sia un periodo diretto da una maggioranza riformista insieme a Turati, sia una fase guidata dalla maggioranza massimalista capeggiato da Ferri.
Il socialismo in Italia si è affermato a livello comunale per esempio con un progetto di creazione di servizi pubblici organizzati dal comune.
Il periodo iniziale dell’età giolittiana vede Giolitti favorevole alle riforme fino al 1904 anno in cui ci furono degli eccidi da parte dell’esercito in Sardegna e in Sicilia ai quali i lavoratori avevano risposto con uno sciopero nazionale. Questa situazione porta ad una radicalizzazione delle parti che fa tendere Giolitti verso il conservatorismo.
Nel 1903 Giolitti aveva chiesto a Turati di entrare nel governo, ma lui aveva rifiutato perché era cosciente che il partito si sarebbe diviso in due parti.
La fase progressista è tipica degli anni tra il 1901 e il 1904 quando Giolitti accetta la neutralità dello stato nelle questioni dei conflitti riguardanti il lavoro se questo si mantiene in un ambito economico e non deborda in disordini o atti sovversivi. Aumentano così gli scioperi con un conseguente aumento dei salari e una redistribuzione dei redditi e della produzione in sovrappiù.
Ci sono però dei limiti: non sono possibili scioperi in alcuni settori come quello dei pubblici servizi e poi l’alleanza politica di Giolitti con la rappresentanza del partito si limita solo alla fascia dell’Italia del Nord. Questo inoltre è un periodo in cui si accentuano gli squilibri tra Nord e Sud anche perché lo stesso Giolitti ha degli atteggiamenti diversi verso le due zone.
Al Sud Giolitti utilizza dei prefetti che organizzavano la Malavita per influenzare la vita politica.
Secondo Giolitti non è possibile un’Italia senza una forte base industriale, mentre Sonnino voleva basare l’economia italiana sull’agricoltura.
La condizione economica dell’Italia era basata sulle industrie cantieristiche, siderurgiche, meccaniche e ora con nuovi settori che si aggiungono: la produzione elettrica (edison) e chimica (montecatini).
Giolitti promulga le cosiddette Leggi Speciali per le aree del Mezzogiorno sia per creare infrastrutture che portino sviluppo sia per aiutare la popolazione colpita da calamità.
Esiste anche una cassa per il Mezzogiorno che però non risolve i problemi di sottosviluppo, ma che tendono a ingigantirli  provocando grandi ondate migratorie verso i Paesi al di là dell’oceano.
Spesso questi trasferimenti erano permanenti e così si rompevano vincoli familiari e si sbarcava carichi di speranze.
In America l’immigrazione era regolata in modo ferreo e non c’era possibilità di sfuggire ai controlli.
Si svolgono così una serie di attività pastorali da parte di Monsignor Scolabrini per garantire che l’emigrazione forzata non fosse un modo per perdere i legami con la famiglia e la fede.
Nel 1905 avvenne al nazionalizzazione delle ferrovie che non crea nessuno scompiglio perché ormai le ferrovie sono pronte per la gestione nazionale.
Nella seconda fase la politica giolittiana si concentra su due argomenti: uno di politica interna e uno di politica estera.
La prima è la riforma elettorale del 1912-13 che porta al suffragio universale maschile.
La richiesta di questa riforma non viene solamente dai socialisti, ma anche dal mondo cattolico moderato. La riforma significa possibilità di voto per il mondo rurale e un’accentuata egemonia dei proprietari. I socialisti credevano che fosse giusto allargare la possibilità di voto, mentre i conservatori erano favorevoli per altri motivi.
Comunque questa decisione è un’idea sconvolgente nella società gerarchica di allora.
La possibilità di voto è data a tutti gli uomini che hanno almeno 30 anni o a chi più giovane aveva già prestato il servizio militare.
I riflessi politici furono sconvolgenti, come nell’82 si era provveduto a lavorare con il trasformismo, qui si reagisce con il PATTO GENTILONI. Gentiloni era il presidente dell’Unione elettorale cattolica che aveva sostituito nel 1904 l’opera dei congressi e ha lo scopo di garantire la presenza sociale dei cattolici.
Nel 1913 in occasione delle elezioni i cattolici  nei singoli collegi stipulavano patti con i deputati liberali che rischiavano di non essere eletti per la presenza dei socialisti. Erano patti segreti che presupponevano che i liberali non accettassero provvedimenti che andavano contro le idee cattoliche per avere i voti.
La presenza politica dei cattolici è indiretta ma condiziona la situazione in modo antisocialista.
C’è una presenza di cattolici deputati, una pattuglia di persone non elette perché cattoliche, ma per sé stessi, non rappresentano la Chiesa.
Nel 1919 le cose cambiano ulteriormente , ci sono deputati popolari che si collocano su posizioni non di sostegno, ma facendo una politica propria, di centro.
Le elezioni del 13 hanno un impatto politico forte perché permettono di contenere l’avanzata dei socialisti ma poi vengono resi noti i nomi che avevano sottoscritto il patto. Nasce la polemica perché tra questi c’erano alcuni deputati anticlericali.
Giolitti decide per la caduta del suo governo, che viene sostituito da Salandra che porterà l’Italia in guerra.
Per quanto riguarda la politica estera nel 1911-12 si intrecciano interessi economici e politici.
L’Italia si lancia alla conquista della Libia grazie alla crisi dell’Impero Ottomano e gli interessi di alcuni gruppi nella colonizzazione economica che coinvolgevano alcuni istituti del mondo cattolico.
Era una motivazione economica tutelata dallo Stato.
Nel 1911 anno della 2^ crisi marocchina (la 1^ è del 1906) si cera il problema del protettorato che si risolve in favore della Francia. Questo ha ripercussioni sulla politica interna della Germania che crede che non è possibile affermare le mire espansionistiche senza ricorrere alle armi.
L’Italia prende una posizione che favorisce la Francia anche se è legata alla Triplice Alleanza.
I francesi avrebbero contribuito a dare all’Italia  una retribuzione se non si fosse intromessa nel mantenimento della situazione mediterranea.
I problemi con la Triplice Alleanza si creano nel 1898 con l’estensione dell’Impero asburgico in Bosnia. Questo avrebbe implicato un contributo per l’Italia che però non riceve nulla. Questo favorisce l’atteggiamento dell’Italia nei confronti della Francia.
Nel caso della Libia i francesi  accettano che l’Italia estenda la sua influenza nel mediterraneo.
L’Italia occupa la Libia in breve tempo, prima le coste e poi l’interno. Qui però trovano problemi perché la popolazione interna comincia una guerriglia che avrà conseguenze fino alla prima guerra mondiale.
E’ importante perché segna uno spostamento a destra del governo di Giolitti.
La guerra di Libia sfrutta e accresce le difficoltà dell’Impero Ottomano.
Nel 1912 inoltre l’Italia occupa le isole del Dodecanneso.
Questo indebolimento dell’Impero Ottomano accelera i  processi delle guerre balcaniche che nel 1912-13 ridisegnano la situazione politica con l’espulsione dei turchi.

Giolitti vide come oppositori gli intellettuali, anche di appartenenze politiche differenti, alcuni che si riuniscono intorno a riviste nazionalistiche come  “Il regno”

 

Fonte: http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/STORIA.DOC

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