Prima guerra mondiale Italia alleanze e schieramenti

 


 

Prima guerra mondiale Italia alleanze e schieramenti

 

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Prima guerra mondiale Italia alleanze e schieramenti

 

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

  1. DEFINIZIONE GENERALE DI PROTAGONISTI, SCHIERAMENTI, TEMPI E SPAZI: in che cosa consiste il fenomeno, le alleanze, i tempi e dove si combatte.
  2. CAUSE, RESPONSABILITA’, ORIGINE
  3. CARATTERISTICHE  DELLA GUERRA: cosa la distingue dalle guerre antiche?
  4. MOBILITAZIONE IDEOLOGICA: perché si combatte? Cosa pensano le varie forze politiche? Quale è il consenso popolare all’inizio, durante e alla fine della guerra? Quale è la reazione del fronte esterno e del fronte interno? Quale è il ruolo della propaganda e degli intellettuali?
  5. GUERRA MODERNA E PRIMITIVA: PROBLEMA DEGLI ARMAMENTI E TECNICHE DI GUERRA: vengono impiegati nuovi armamenti anche se la guerra rimane per certi versi antica.
  6. MOBILITAZIONE TOTALE DELLE RISORSE UMANE: esperienza della guerra da parte dei soldati; costo della guerra in vite umane e ruolo delle donne.
  7. MOBILITAZIONE DELLE RISORSE ECONOMICHE: ruolo dello stato nella produzione bellica, organizzazione della produzione di materiale a fine bellico.
  8. SIGNIFICATO STORICO: valore della guerra nel corso della storia, interpretazione della guerra come cesura, paradigma e completamento.
  9. COME CAMBIA IL SISTEMA DEGLI STATI
  10. I TRATTATI DI PACE
  11. CONSEGUENZE POLITICHE, SOCIALI, ECONOMICHE.
  12. GUERRA ITALIANA
  13. ENTRATA IN GUERRA 1914-15
  14. MOMENTI DI GUERRA SUL FRONTE
  15. VITA POLITICA
  16. ITALIA ALLA CONFERENZA DI PACE

 

CRONOLOGIA

1914
28 giugno: assassinio di Francesco Ferdinando e della moglie a Sarajevo. La Serbia aveva sconsigliato all’Austria questa visita dei sovrani, anche se in realtà l’attentato non fu un complotto né dello stato serbo né di quello austriaco.
28 luglio: dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia; l’ultimatum era pesante e fu accolto quasi interamente tranne nel punto in cui le indagini sull’attentato dovevano essere lasciate all’Austria.
4 agosto: tutti i principali stati europei entrano in guerra. L’ultima è l’Inghilterra che entra quando la Germania invade il Belgio distruggendo l’idea dell’Inghilterra di invadere la Francia attraverso il Belgio.
Agosto: entra in guerra anche il Giappone a fianco dell’Intesa a spese die tedeschi per motivi economici e di espansionismo.
Inizio settembre: le forze tedesche vengono fermate dai francesi sulla Marna e in questo modo si stabilizza il fronte occidentale e inizia la guerra di trincea dalla Francia del nord fino alla Svizzera (800 km circa di trincee). Anche il fronte orientale si stabilizza grazie alla vittoria dei tedeschi sui russi a Tannenberg. Grazie alla sua estensione non tutto il fronte fu trincerato.
Novembre: entra in guerra la Turchia a fianco degli Imperi centrali che porta ad un intervento inglese a Bassora, zona strategica per la presenza di pozzi petroliferi.

 

1915
Aprile : sbarco degli inglesi a Gallipoli che avrà scarsa fortuna. Dopo l’insurrezione in Armenia la Turchia deporta parte della popolazione armena nel deserto e la massacra: è il primo genocidio della storia moderna. Questo fatto si sa in breve tempo e infervora la propaganda dell’Intesa che denuncia gli Imperi centrali di crimini contro l’umanità.
Inizio maggio: viene affondato un piroscafo inglese da un sommergibile tedesco per bloccare gli scambi mercantili con i paesi neutrali che vengono accusati di passare le armi all’Intesa.
La guerra tedesca con i sommergibili si riapre poi nel 16, il blocco mercantile ha valore politico perché impedisce la navigazione e ha come conseguenza l’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Autunno: La Bulgaria entra in guerra dalla parte degli austriaci che fanno capitolare la Serbia.

1916
Agosto: la Romania entra in guerra a fianco dell’Intesa ma viene subito eliminata.
Presa di Gorizia sul fronte italiano.

1917
6 aprile: entrano in guerra gli Stati Uniti perché la Germania aveva ripreso la guerra sottomarina. Gli USA erano neutrali anche s e facevano parte della retrovia degli inglesi e gli Stati alleati contrassero debiti di guerra con questa potenza. Gli Imperi centrali ritenevano che la mobilitazione degli Stati Uniti sarebbe stata lenta e quindi il blocco dei beni avrebbe fatto cedere l’Inghilterra; nella realtà invece gli americani si organizzarono velocemente.
Febbraio/Ottobre: la Russai subisce due rivoluzioni che portano turbamenti interni e la perdita di incisività della potenza nello sforzo militare.
Dicembre: la Russia si ritira dalla guerra con un armistizio e nel marzo la pace di Brest-Litovsk.
Le truppe tedesche impiegate sul fronte orientale vengono ritirate e impiegate sul fronte italiano dove vincono a Caporetto costringendo le truppe italiane a ripiegare sul Piave.
La presenza degli USA e la ritirata delle truppe russe sono importanti anche dal punto di vista politico. Gli Stati Uniti sono la potenza leader dell’Intesa anche se non aderiscono agli stessi scopi di guerra cioè quelli stabiliti con il “patto di Londra”.
L’influenza delle rivoluzioni russe si fa sentire verso la fine della guerra quando nascono anche negli altri stati tumulti creando la paure dell’espansione di un’ideologia comunista.
I soldati si rifiutano di combattere in linea e si diffondono gli ammutinamenti, cioè la disobbedienza agli ordini e nasce anche una forma di fraternizzazione, cioè una solidarietà tra i soldati delle due trincee. Questi comportamenti provocano problemi negli alti comandi ma vengono presto risolti con la tecnica della decimazione.
La guerra termina tra l’ottobre e il novembre del 1918 con la caduta degli Imperi centrali, che nel marzo dello stesso anno erano riusciti a far retrocedere i nemici sfondandone le linee, che però vengono subito tamponate.
La guerra era totale cioè impiegava tutte le risorse, per cui termina non quando sono distrutte le linee ma quando dall’interno non c’è più la possibilità di supportarla.

 

CAUSE, RESPONSABILITA’ E ORIGINI

Le responsabilità si cominciano a ricercare appena la guerra viene dichiarata. Ogni Stato è convinto della necessità della guerra ma nessuno vuole essere responsabile. Durante i primi giorni di guerra vengono pubblicati documenti diplomatici che dimostravano che uno stato era stato trascinato in guerra contro la propria volontà.
Solitamente i trattati di alleanza erano segreti mentre questi documenti fanno riferimento all’opinione pubblica.
Nel 1919 il problema delle responsabilità si ripropone in modo pesante. Nell’art. 231 del Trattato di pace con la Germania gli Imperi centrali vengono considerati responsabili dello scoppio della guerra e perciò devono pagare le riparazione di guerra.
Le cause vengono ricercate dalla storiografia che risente delle giustificazioni dei vari stati.
Per la propaganda degli Alleati la guerra era giustificata dalla lotta del principi nazionale contro gli Imperi centrali che opprimevano perché non erano democratici, ma autoritari.
Dall’altra parte gli Imperi centrali hanno la tendenza a negare la validità delle rivendicazioni nazionali.
La Germania ha l’idea che gli Imperi centrali combattano per la “cultur” contro la barbarie della Russa; mentre Francia e Inghilterra vogliono soffocare le aspirazioni della Germania di avere un posto al sole. Tutte le potenze hanno ideali imperialistici che sono opposti ai grandi ideali democratici e nazionali e questo si capirà durante le spartizioni territoriali.
Le origini della guerra si ritrovano invece nella seconda metà dell’800, nella fine del Concerto europeo.
Fino alla metà dell’800 era prevalsa l’idea della santa Alleanza che fosse necessario un equilibrio diplomatico per evitare che qualche stato potessero aspirare all’egemonia sul continente. Era quindi una politica internazionale fluida.
Nella seconda metà dell’800 invece questa politica si cristallizza in due blocchi di alleanza: la Triplice Alleanza (Germania e Austria Ungheria) e l’Intesa che lega Francia, Russia e Inghilterra.
Sono schieramenti rigidi tanto da far scoppiare la guerra. Infatti l’ultimatum alla Serbia non viene rispettato e questo comporta la mobilitazione dell’esercito russo che ha interessi comuni con la Serbia e questo porta alla mobilitazione a catena degli altri stati. Esiste un sistema automatico per cui a una situazione di pericolo corrisponde una mobilitazione degli alleati.
Questo è possibile per la presenza degli schieramenti.
Anche i cambiamenti dell’economia possono essere all’origine della guerra. La situazione di uno Stato è legata all’estensione della propria economia che può essere causa di uno scontro militare.
C’è chi (Angel, 1910) dice che le guerre non possono nascere per motivi economici perché sarebbero una perdita per tutti , ma questo viene smentito.
La storiografia porta varie interpretazioni. Per esempio verso l’inizio degli anni ’60 Fischer nel testo “assalto al potere mondiale” svolge in modo storicamente tradizionale la sua tesi. Vengono presi in considerazione i documenti diplomatici e si sostiene la tesi per la quale la Germania ha una grande responsabilità nello scoppio della guerra perché voleva dare l’assalto al potere mondiale. Questa tesi porta alla convinzione che il comportamento militarista della Germania guglielmina sono le premesse per la Germania nazista. La storia tedesca viene vista quindi in un’ottica di continuità.
In contrapposizione si trova la tesi di Ritter secondo la quale il nazismo è stato solo un momento di follia in uno stato giusto.
La Germania stava riprendendo un posto in Europa e nelle istituzioni europee, per cui l’immagine che i tedeschi potevano avere di sé potevano dipendere da una delle due tesi.
Le opere storiografiche interpretano la coscienza delle comunità nazionali.

IDEOLOGIA, CONSENSO E RUOLO DEGLI INTELLETTUALI
Nel testo di Benda “Il tradimento dei chierici”, il tradimento degli intellettuali è da intendersi nel senso che gli intellettuali non perseguano più il fine conoscitivo e critico, ma si schierano verso la guerra e ne fanno una propaganda allo scopo di impressionare le masse.
Per intellettuali si intendono i grandi intellettuali, nomi che sono conosciuti e hanno un certo prestigio. Nessuno li ha costretti a prendere una determinata posizione dinanzi alla guerra, anche se il clima politico non permetteva delle scelte libere. Comunque gli intellettuali sono a favore della guerra; coloro che non collaborano sono messi al bando della società, vengono isolati rendendo impossibile schierarsi contro. L maggior parte aderiva spontaneamente, altri, come Freud, sostenevano che la guerra fosse frutto delle pulsioni di morte insite nell’uomo.
Il consenso quindi diventa generale, popolare. Il fenomeno della “Comunità di agosto” mostra come in quei giorni ci fosse un affratellamento di tutti i cittadini entusiasti di fronte alla prospettiva della guerra. Tutte le barriere sociali e di classe erano abbattute e sembrava che si fosse formata una comunità di individui che si riconoscevano uniti senza differenze sociali e culturali, ma come popolo universale sotto la guida di un progetto.
Una interpretazione non puramente storica fa riflettere sulla aggressività dell’uomo come caratteristica insita in ogni individuo e che si esprime o attraverso la guerra o altre forme violente.
E’ necessario spiegare il perché l’aggressività delle masse si sfoghi proprio con la guerra e proprio in quel momento. La risposta è da ricercare nel fenomeno di nazionalizzazione delle masse.
Negli anni precedenti i cittadini di uno stato si erano riconosciuti in una serie di valori proposti come sacri e unici. L’adesione spontanea alla patria porta ad accettare l’idea della guerra.
Il problema è che nessuno aveva l’idea della guerra, perché le guerre combattute in precedenza erano di breve durata anche se portavano a grandi cambiamenti.
Per esempio la guerra franco-prussiana del 1870 era durata poche settimane ma aveva portato alla caduta dell’Impero francese, la possibilità dell’unità tedesca e italiana.
Le guerre coloniali invece non erano conosciute perché si svolgevano lontano dall’Europa.
Per questo motivo il consenso alla guerra varia con il passare del tempo sia all’interno delle società nazionali, sia dalla parte dei combattenti.
Le condizioni della popolazione civile erano precaria già prima della guerra e con questa i disagi aumentano tanto che nel 1917 nascono tumulti e una sommossa guidata dalle donne per il prezzo del pane e per migliorare le condizioni di vita.

GUERRA ANTICA E MODERNA : ARMAMENTI E TECNICHE DI GUERRA
Gli armamenti sono moderni, l’unica nuova arma è il carro armato, anche vengono utilizzate alcune armi già esistenti ma mai sfruttate in modo significativo come l’aereo.
E’ importante notare come nel giro di pochi anni ci sia stato uno sviluppo tecnologico notevole nel settore delle armi. Vengono migliorate alcune armi come le mitragliatrici.
Accanto all’aereo vengono utilizzati anche dirigibili, sommergibili, corazzate e armamenti terrestri come mitragliatrici (usate anche nelle guerre coloniali), lanciafiamme, gas asfissianti.
La Prima Guerra Mondiale è stata sia una guerra primitiva che moderno. Primitiva perché i modi di combattere riportavano gli uomini a modi di vita primitivi  sia in senso psicologico sia per le condizioni di vita.
La guerra è primitiva perché la vita di trincea riporta a modi di vita primitivi.
La modernità della I^ Guerra mondiale è sia negli armamenti, ma anche nel ruolo fondamentale dello Stato nell’organizzazione della guerra stessa.
Anche l’industria ha un ruolo consistente perché organizza la produzione delle risorse umane, trasformando le proprie tecniche di produzione di un bene a quella della morte.
La guerra è importante per una nuova organizzazione industriale più scientifica. Questo avviene anche durante la II^ Guerra mondiale, quando lo stato tedesco organizza una produzione industriale di morte che è lo sterminio degli ebrei.
La guerra inoltre è un trauma tale che produce un modo diverso di pensare la vita, soprattutto dal punto di vista politico.

COSTI UMANI
La Germania alla fine della guerra conta 1.800.000 morti, la Francia 1.600.000, l’Inghilterra 800.000, gli Stati Uniti 116.000 e l’Italia circa 570.000. A questi bisogna aggiungere 1.100.000 morti civili non tanto per le operazioni belliche, ma a causa di epidemie e condizioni di vita disagiate, 6.000.000 di invalidi e 15.000.000 di feriti.
Di tutti i soldati tedeschi il 33% sono morti, degli uomini in età militare francesi il 20% sono morti. Solo a Verdun morirono 1.000.000 di soldati. L’8% dei mobilitati italiani muoiono.
Ci sono due fasi della guerra sul fronte italiano, uno che si conclude nell’ottobre del 1917 con la sconfitta di Caporetto quando il generale Cadorna perde il comando. L’esercito è governato dal pugno di ferro , sono in vigore punizioni severe e si spara ai soldati che tentennano durante l’assalto.
La linea di comando era autoritaristica che prediligeva una disciplina rigida perché erano anni di offensiva, che è più rischiosa della difensiva.
Quando avviene il ripiego sul Piave la tattica diventa difensiva e al comando c’è il generale Diaz. Ora non si cerca di vincere solo per il concetto astratto di patria, ma questo si concretizza in un’unità a favore della resistenza.
Diaz capisce che bisogna essere più umani con i soldati per tenere alto il morale delle truppe.
Negli altri paesi non esistono queste fasi, però in generale l’esercito era gerarchizzato, rigido e classista. Gli ufficiali facevano parte della borghesia mentre i soldati del proletariato.
L’ufficialità inferiore viveva più a contatto con le truppe per cui erano più solidali con loro, mentre i militari di carriera hanno un rapporto distaccato con i soldati, visti proprio come facente parte del proletariato e quindi utilizza la forza per mantenere quella disciplina che durante la vita civile non potevano imporre. Non avevano quindi problemi a mandare a morte i soldati.
Il problema è capire perché i soldati disertavano o avevano comportamenti negligenti.

RUOLO DELLE DONNE
Con l’avvento della guerra le donne cominciano a lavorare nei campi, ma anche in fabbrica.


STATO

percentuale di donne nel 1914

percentuale di donne nel 1918

Germania

22%

35%

Francia

33%

40%

Inghilterra

26%

35%

Italia

 

22%

C’è quindi un processo di socializzazione delle donne, che le strappa dalle loro occupazioni domestiche e le porta in fabbrica . E’ un momento di svolta perché la presenza femminile nel mondo del lavoro crea diversi modi di pensare. Le donne ora dispongono di soldi e diventano più indipendenti, frequentano luoghi di socializzazione , cambiano il modo di vestire.
Questo processo tocca tutte le classi sociali, sebbene in modo diverso, ma con effetti devastanti sulla morale.

 MOBILITAZIONE DELLE RISORSE ECONOMICHE
La guerra fu totale anche per quanto riguarda l’aspetto economico.
La produzione nei vari stati doveva essere finalizzata a scopi bellici, per cui doveva esserci una organizzazione tesa a questo scopo. Ogni stato deve provvedere ad una propria produzione perché è evidente che la guerra taglia i rapporti con gli altri paesi.
Lo Stato interviene maggiormente nella produzione bellica e indirettamente negli altri settori industriali.
Questo processo non è una novità assoluta, già alcuni decenni prima lo Stato interviene nel settore industriale attraverso il protezionismo, le commesse....
Dove era forte il liberismo gli stati sono meno propensi, mentre gli stati più all’avanguardia sono quelli che avevano già abbracciato il protezionismo.
Lo stato in cui la produzione è meglio organizzata è  la Germania.
Nascono in tutti i Paesi nuove organizzazioni industriali:
negli USA nel1917 la  War Industries
in Italia nel 1915 l’Istituto per la mobilitazione industriale (prima legato a un sottosegretariato e poi diventa un ministero per le armi)
in Germania nasce il KRA : ufficio per le materie prime di guerre. Nel 1918 esce un opuscolo “La nuova economia” che prefigura forme di economia legato allo stato anche in tempi di pace.

SIGNIFICATO STORICO
Ci sono tre interpretazioni della I^ Guerra mondiale che la vedono come: compimento, rottura, compendio.
La guerra è vista come conclusione di processi storici iniziati nel 19^ secolo. Prima di tutto avviene la fine del processo risorgimentale con la liberazione dei popoli. Inoltre si ha la speranza della fine del totalitarismo per la democrazia, ma questa è un’illusione di chi vuole la guerra.
La guerra è anche un elemento di rottura nel senso che finisce l’epoca del Concerto europeo e della guerra limitata. Avvengono trasformazioni politiche, territoriali e economiche disastrose. Crollano quattro imperi, avviene la rivoluzione russa e avviene una dislocazione del potere economico con l’ascesa degli USA e la discesa dell’Inghilterra.
Inoltre la guerra porta esperienze di società di massa, come esperienza di morte di grandi masse di uomini. Questo è un elemento tipico del ‘900 (sono sia morti per la guerra, per carestia, per genocidi....). Ci sono forme di morti primitive accanto a quelle dovute al progresso tecnologico.

CONSEGUENZE
Crollano quattro imperi: asburgico, zarista, ottomano e tedesco con conseguenze disastrose che vengono riassunte in una letteratura di rimpianto per il mondo perduto.
Ci sono quindi trasformazioni rispetto ai valori e alle istituzioni che devono orientarsi verso un nuovo contesto.
Sul piano politico ed economico le conseguenze sono diverse nei diversi paesi.
La Francia è il paese che ha subito di più tra i vincitori, perché il territorio è devastato per decine di Km da nord a sud e il sistema produttivo è a pezzi.
Per la Francia la guerra finisce troppo tardi perché quattro anni di guerra hanno distrutto l’intera nazione, ma è finita troppo presto perché avrebbe voluto sconfiggere completamente la Germania.
La pace del ’19 fu definita “cartaginese” perché fu una pace punitiva per la Germania, alla quale viene impedita una politica militare tele da condizionare la politica internazionale successiva.
L’Inghilterra invece nel novembre del ’18 aveva raggiunto i suoi obiettivi: la Germania era stata ridimensionata e la flotta tedesca era diventata una presenza insignificante. Inoltre l’Inghilterra acquista le colonie perse dalla Germania. Infatti gli inglesi non avevano interessi sul continente e non volevano una Germania prostrata perché avrebbe significato una perdita per i prodotti inglesi.
Gli USA combattono dal ’17 come potenza associata all’Intesa. Non aderiscono al patto di Londra dell’aprile del ’15, che definiva i compensi dell’Italia. Quindi alla fine della guerra l’Italia non può far conto dell’appoggio degli USA né sul piano giuridico né su quello politico.
Gli USA combattono per conto proprio e nel gennaio ’18 propongono i 14 punti di Wilson : chiedono la libertà di navigazione e di commercio che fa degli USA il paese egemone in senso commerciale, la fine della diplomazia segreta e la nascita di una Società di Nazioni che raccogliesse tutti gli Stati del mondo per evitare i conflitti militari.
La Società delle Nazioni viene depotenziata subito perché le elezioni dell’ottobre del ’18 danno una maggioranza repubblicana al Senato.
Il Senato si occupava di politica estera e i repubblicani erano contrari al fatto che gli USA si assumessero impegni importanti nella politica internazionale. Perciò la Società delle Nazioni non ha neanche il sostegno di chi l’aveva proposto.
Dal 1920 al 1932 i repubblicani sono al Senato e optano per una politica di isolazionismo politico, ma non economico.
Alcuni Stati europei vedono fermenti di sommossa politica e sociale all’interno, che fanno pensare a movimenti rivoluzionari come in Russia. Questo avviene sia in Germania, che in Italia, che in Austria. Tra il 1919 e il 1920 questi tumulti sociali che non sono sempre rivoluzionari, ma che creano scosse politiche.

 TRATTATI DI PACE
Si tratta soprattutto di trattati di pace con la Germania.
Si prevedono varie clausole:
art. 231 stabilisce la responsabilità della Germania dello scoppio della guerra e deve pagare i danni.
Le clausole militari prevedono la consegna della flotta e un esercito formato da un massimo di 100 mila uomini senza armamenti per un tempo determinato.
I tedeschi però organizzano un esercito di ufficiali tali da essere in grado di addestrare un esercito più numeroso. Lo stesso avviene per la marina: si progettano navi civili che possono essere trasformate in navi militari. Si riorganizzano anche i corpi aerei facendo addestrare i piloti all’estero, soprattutto in Unione Sovietica.
La Germania dei primi anni del dopo guerra è politicamente conservatrice, ma le necessità politiche di entrambe le nazioni portano una collaborazione tra Germania e Unione sovietica, perché entrambe sono escluse dalla Società delle nazioni.
Una collaborazione simile si avrà anche nel 1939 quando firmeranno il patto di non aggressione.
I francesi chiedono che la zona del Reno sia smilitarizzata e che non possano essere istallate postazioni militari nella zona di confine.
Inoltre ottengono il permesso di creare teste di ponte francesi lungo il Reno e postazioni all’interno della Germania.

CONDIZIONI TERRITORIALI
Sul fronte occidentale la Germania perde l’Alsazia e la Lorena che tornano francesi. La Francia vorrebbe lo smembramento della Germania. Alcuni territori tedeschi passano sotto altre istituzioni ma poi tornano tedeschi, come la Slesia che torna alla Germania nel 1921 e la zona della Sahar (?) che passa sotto la protezione della Società delle Nazioni e torna tedesca nel 1935 con un referendum.
Il punto dolente è però la parte orientale : non c’è più l’Austria-Ungheria, ma stati successori come la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e si ricostituisce la Polonia.
I confino orientali della Germania sono poco definiti: è una zona di aspri scontri armati per la presenza militare della Germania e di altri stati.
Agiscono milizie dell’esercito imperiale che si aggregano intorno a ufficiali e sono una sorta di compagnie di ventura  di estrema destra per il mantenimento dei confini della Germania.
Non c’è continuità territoriale tra la Germania ovest e i territori tedeschi dell’est, ma solo un’area neutra che li unisce ed è la città di Danzica.
Un altro problema importante è quello delle riparazioni di guerra. La Germania deve pagare una somma enorme di denaro per i danni di guerra subiti dagli Alleati.
Queste condizioni pesanti a cui è sottoposta la Germania sia militari che territoriali ed economici fanno nascere un forte nazionalismo.
Tra il 1918-19 ci sono all’interno dei moti rivoluzionari che fanno rinascere l’idea dei partiti conservatori della pugnalata alle spalle inferta dai socialisti all’esercito.
Gli USA finanziano la Germania che può così pagare le riparazioni di guerra agli Alleati. Questi stati usano questi soldi per pagare i debiti di guerra agli USA.
Questo favorisce la circolazione monetaria  e il riavviarsi dell’economia tedesca.
La potenza dominante ormai sono gli Stati Uniti, chi vince davvero la guerra sono loro, che sono un gigante economico, ma ancora un nano politico.

 

La Società delle Nazioni è debole per la mancata partecipazione degli USA e per l’esclusione della Germania e dell’Unione sovietica. Infatti volere una società che regoli i conflitti mondiali escludendone gli  Stati più problematici vuol dire limitare le capacità di azione.
Negli anni ’30 infatti per risolvere alcune questioni ci si rivolge ad atre organizzazioni, perché per ricorrere alla Società delle Nazioni  bisognava convocare un consiglio di sicurezza che però poteva decidere solo per sanzioni economiche, ma non aveva potere politico.
Per esempio l’aggressione dell’Italia nei confronti della Libia viene sanzionata attraverso provvedimenti economici, quindi l’Italia dopo aver pagato può concludere la sua azione militare.

GUERRA  ITALIANA
L’Italia vive tre momenti durante la guerra:

  1. la neutralità: perché non entra in guerra? Perché dovrebbe e con quali schieramenti? Perché poi entra in guerra?
  2. periodo di guerra: avvenimenti e prospettive dell’Italia dalla guerra.
  3. conferenza di pace: problema delle discordanze tra le richieste dell’Italia e la concessione dei paesi alleati.

Nel momento in cui tutti i Paesi entrano in guerra l’Italia si dichiara neutrale senza contravvenire alla Triplice Alleanza che prevedeva interventi difensivi.
Da una parte c’è l’impreparazione dell’esercito italiano alla guerra, perché una parte dell’esercito è impegnato in Libia e non c’è un’idea politica della guerra che maturerà con il tempo.
Sull’entrata in guerra ci sono due posizioni: una neutralista di Giolitti, che si rendeva conto dell’impreparazione dell’esercito e degli sconvolgimenti politici e sociali che la guerra avrebbe portato in Italia. Giolitti era l’unico personaggio che non era offuscato dall’ideologia.
Dal neutralismo si potevano ricavare vantaggi , ma sembrava che l’Italia rimanesse neutrale per motivi mercantili. Ma più procedeva la guerra più era impossibile restarne fuori, perché erano interrotti tutti i legami con gli altri paesi.
La guerra dà una scossa al sistema politico dell’Italia.
Gli interventisti volevano la guerra proprio per affondare il sistema politico di Giolitti. Questo vale sia per i nazionalisti che in realtà  erano fautori di un potere autoritario e antiparlamentare all’interno e nazionalista verso l’esterno. Questo vale sia per la destra che per la sinistra.
Ci sono inoltre motivazioni economiche: arrivavano pressioni da parte dell’Inghilterra e della Francia per entrare in guerra nel loro schieramento.
Il mondo industriale era quindi favorevole alla guerra perché sarebbero aumentate le commesse e e il commercio con le due potenze dell’Intesa.
La Chiesa sia all’inizio della guerra sia nell’agosto del 1917 era ostile alla guerra sia per motivazioni religiose sia per motivi politici, perché metteva a repentaglio l’Impero asburgico che era di fede cattolica.
C’erano però divergenze di opinione: la parte dei cattolici legata al mondo contadino era contrario alla guerra perché prevedeva costi umani troppo elevati che sarebbero ricaduti sul popolo, mentre i borghesi erano favorevoli per i legami economici con le altre potenze.
La posizione di Padre Agostino Gemelli (fondatore dell’Università Cattolica), cappellano dell’esercito è favorevole nei confronti della guerra per motivi di obbedienza all’autorità, che è una tradizione del mondo cattolico. Grazie a queste idee Padre Gemelli sarà una figura importante del clero fascista.
Altri esponenti del mondo cattolico erano contrari alla guerra per motivi di intransigenza nei confronti dello Stato. Ma ormai erano minoritari.
Anche la posizione di Mussolini è particolare. Nel 1912 assume posizioni massimaliste e nel 1914 invece cambia schieramento e fonda il “Popolo d’Italia” che sarà un organo del Partito fascista.
Passa quindi da una posizione contraria alla guerra ad una favorevole.
Mussolini è coerente con le sue idee socialiste, perché in realtà era un sovversivo e vedeva nella guerra un elemento per sovvertire il governo.
Il salto di ideologia si spiega con la sua psicologia e la sua cultura: era capace di cogliere le situazioni politiche che si presentavano, anche se erano posizioni contrastanti, era capace di affermarsi all’interno delle varie situazioni.
Il ministro degli esteri fino al ’14 fu Di San Giugliano che si era mostrato favorevole ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa. Il suo successore fu Sonnino che invece voleva entrare a fianco degli Imperi centrali.
L’impressione era quindi che l’Italia si schierasse in base ai vantaggi che avrebbe ricevuto.
L’Italia sigla nell’aprile del ’15 il patto di Londra nel quale era racchiuso ciò che l’Italia avrebbe ricevuto combattendo a fianco dell’Intesa. In realtà era semplice per l’Inghilterra e la Francia promettere territori che erano di proprietà austriaca.
Comunque l’Italia secondo gli articoli 4 e 5 avrebbe avuto: Trentino, Alto Adige, Trieste e l’Istria, Dalmazia e altre terre sparse in territorio slavo e turco.
Il patto è però segreto e il Parlamento ne viene a conoscenza solo il 7 maggio. I deputati allora chiamano Giolitti per far sapere che non sono d’accordo con l’entrata in guerra e Salandra si dimette.
Ma il re gli ridà l’incarico anche senza avere la maggioranza e il 20 maggio il Parlamento approva i crediti di guerra. L’Italia entra in guerra senza l’approvazione del Parlamento, se non solo formale.
Manifestazioni nazionaliste iniziano il 5 maggio quando D’Annunzio proclama un discorso da Quarto. Sono manifestazioni di tipo interventista che avevano lo scopo di imporsi all’opinione pubblica e assumevano aspetti piuttosto violenti.
Esistevano anche manifestazioni anti interventista, ma la polizia aveva gli ordini di disperderle, secondo un modello che sarà forte nel dopoguerra.
Lo stato tende a supportare le manifestazioni interventiste in modo anti democratico; in realtà chi vuole che l’Italia entri in guerra è solo una minoranza di industriali e persone del governo.
Non esisteva uno spirito popolare come negli altri stati, ma anzi c’erano divisioni perché i socialisti per esempio erano contrari alla guerra.
Il governo era fortemente di destra e una destra autoritaria, che non guardava ai soldati perché sapeva che non c’era la volontà di combattere e che l’esercito italiano non era pronto alla guerra.
Non ci si rendeva conto per esempio che le zone del Carso si prestavano di più a manovre di tipo difensivo e inoltre l’Austria aveva avuto tutto il tempo per prepararsi.
Salandra voleva rafforzare lo Stato italiano consolidandone la legittimità all’interno e all’esterno facendo diventare l’Italia una grande potenza.
Per Salandra lo Stato italiano poteva anche rimanere in piedi, ma con qualche taglio territoriale. Anche perché la Germania e l’Austria erano due stati conservatori e quindi facevano da scudo all’Italia.
Un altro obiettivo italiano era quello di contenere l’espansionismo russo nei Balcani, in modo tale che con alcuni territori italiani tra le terre slave la Serbia avrebbe perso il suo peso e con essa anche la Russia. Questo stava bene anche agli inglesi.
In realtà questi obiettivi di guerra avrebbero portato allo smembramento dell’Austria, ad una conflittualità con gli slavi che si organizzano nel ’15 nel Comitato della Iugoslavia e ad una italianizzazione e militarizzazione della costa dalmata.

MOMENTI DI GUERRA
La tendenza italiana era quella all’offensiva, tranne in alcuni casi come a Caporetto.
L’anno più importante è il 1917 perché avvengono dei cambiamenti che fanno rivedere gli obiettivi di guerra italiani: per esempio la rivoluzione russa nel marzo e la conseguente ritirata delle truppe russe nel dicembre. Non c’è più bisogno a questo punto dell’Austria per trattenere gli slavi che quindi può essere spazzata via anche se contro le idee di Sonnino. La posizione degli alleati però non è più favorevole all’espansione italiana nei Balcani perché ha perso lo scopo.
Il 6 aprile entrano in guerra gli USA. Questo intervento non è molto significativo per l’Italia perché non avendo aderito al patto di Londra gli USA non hanno vincoli con l’Italia.
Però nei 14 punti di Wilson si trattava della sistemazione dei confini italiani che avrebbe fatto acquistare all’Italia il Trentino ed inoltre gli americano guardavano con occhio di riguardo la situazione slava.
Con Caporetto si ha però un ridimensionamento degli obiettivi dell’Italia. Ci sono vari elementi che salvano l’Italia in questa situazione: l’allungamento delle linee di rifornimento austriache che impediscono all’Austria di proseguire l’attacco, la solidità della linea del Piave che era più breve e quindi meglio difendibile e inoltre i rifornimenti mandati dagli alleati.
Emergono possibilità di accordo tra italiani e slavi con il Patto di Roma del 8 aprile 1918, che dà diritto ai popoli oppressi di avere un’indipendenza e un’unità statale.
Questa politica però non è accettata dal governo. Il presidente Vittorio Emanuele Orlando è favorevole ad una politica più flessibile nei confronti dagli slavi, mentre Sonnino è contrario. Il presidente è troppo debole ed esce vincitore dallo scontro politico proprio il ministro degli esteri.
Quando si arriva alla Conferenza di pace di Parigi sorge un nuovo problema: l’annessione di Fiume.
Il 30 ottobre 1918 le truppe italiane entrano a Fiume e la città proclama la propria italianità.
A Parigi Orlando sarà disposto a lasciare alcuni territori del Patto di Londra per avere Fiume mentre Sonnino no. Il risultato è che l’Italia chiede tutti i territori del Patto di Londra più Fiume, ma l’Italia non è abbastanza potente per permettersi questa posizione.

L’ITALIA ALLA CONFERENZA DI PACE
Alla conferenza di pace l’Italia si scontra sia con gli Stati Uniti sia con la Francia che con l’Inghilterra e gli slavi. Un elemento rilevante che viene rinfacciato all’Italia è l’impressione che si occupi solo delle proprie faccende e sembri disinteressata alle atre questioni.
Nell’aprile del 1919 c’è un momento di stallo alla Conferenza e i due rappresentanti dell’Italia, Orlando e Sonnino, tornano in Italia dopo che il presidente americano Wilson prende una posizione pubblica sulla questione italiana.
Dal punto di vista interno questa ritirata sembra favorevole, ma il vero risultato è che se Sonnino e Orlando non tornano al più presto a Parigi il patto di Londra nei confronti dell’Italia perde la sua validità. Così il 7 maggio tornano a Parigi.
Nel giugno però non aderendo ad una soluzione che prevedeva uno stato libero di Fiume i rappresentanti italiani tornano nuovamente a Roma, ma questa volta hanno contro tutto il Parlamento.
Il governo cade su una questione di politica estera, ma la questione politica si risolve in fretta con l’ascesa al governo di Francesco Saverio Nitti.
La crisi più forte nasce però quando comincia a diffondersi il mito della “vittoria mutilata”, cioè l’idea che l’Italia avrebbe avuto una grande vittoria se la Francia e l’Inghilterra non avessero impedito questo per i loro appetiti imperialistici.
Il mito è incoraggiato anche da azioni di letterati come D’Annunzio con la “Preghiera di Sermaglia”
Il mito è importante perché ha conseguenze politiche che si riassumono nell’impresa di Fiume: il 12 settembre 1919 D’Annunzio riunisce una truppa di legionari che occupano militarmente la città.
Il governo italiano si trova di fronte ad una situazione difficile da risolvere perché non sapeva se assecondare la spedizione attirandosi le ira delle altre potenze oppure convincere D’Annunzio a desistere dall’impresa. Era inoltre impensabile un intervento armato perché l’esercito guardava con simpatia a questa manovra e si temevano episodi di insubordinazione di fronte all’ordine di sparare contro i legionari.
L’insubordinazione dell’esercito sarà un problema anche quando si deve decidere se intervenire per bloccare la marcia su Roma delle camicie nere.
E’ vero che D’Annunzio era l’ispiratore della rivolta ma è anche vero che questa congiura era stata progettata da tempo negli ambienti nazionalisti come l’organizzazione “Trento e Trieste” presieduta da Giuriati. A sostenere l’occupazione di Fiume oltre all’esercito c’erano gli industriali.
L’esercito dopo alcuni anni di guerra doveva essere smobilitato e questo significava la perdita di lavoro e di prestigio sia di soldati che di ufficiali. Mantenendo viva la tensione in politica estera questo non sarebbe accaduto.
Un ragionamento simile vale per gli industriali perché la riconversione industriale era un problema, era difficile ritornare a produrre qualcosa che non fosse materiale bellico.
Gli obiettivi dei legionari erano quelli di mantenere un controllo italiano sulla città di Fiume. Inoltre si voleva far cadere il governo Nitti ritenuto troppo democratico, e questo avviene a metà del 1920 lasciando in sospeso un possibile compromesso tra l’Italia e la Iugoslavia, che prevedeva che Fiume diventi stato libero e una parte porto diventi zona iugoslava.
Questa soluzione viene rifiutata da D’Annunzio e a questo punto scattano le repressioni militari da parte del governo che è guidato da Giolitti.
Il risultato è che il 24 dicembre l’esercito italiano viene inviato a Fiume, la città è cannoneggiata e la questione è risolta.
(La paura di un governo Giolitti rimarrà anche nei fascisti quando per risolvere la crisi interna decidono di intraprendere la marcia su Roma).
Dopo questo periodo a Fiume rimane la propensione all’uso della violenza che ha come conseguenza la preparazione dei presupposti per la nascita del fascismo.
Mussolini non partecipa all’occupazione di Fiume anche se dà il suo consenso formale. Infatti da quest’impresa aveva solo da perdere: se fosse andata male sarebbe finito in galera, se fosse andata bene il merito sarebbe ricaduto su D’Annunzio.
Nel 1924 viene accettato il patto italo-iugoslavo che prevedeva la sovranità italiana sulla città e su parte del porto, mentre veniva lasciato agli slavi il territorio circostante e una parte del porto.

 

Fonte: http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/STORIA.DOC

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