regime stalinista riassunto

 

 

 

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IL REGIME STALINISTA IN UNIONE SOVIETICA
Dopo la fine della guerra civile con la sconfitta delle armate bianche e lo sterminio della famiglia imperiale (17 luglio 1918), l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss) si avvia ad assumere sempre più la fisionomia di stato totalitario, dominato dal Comitato centrale del Partito comunista impostosi come partito unico (marzo 1919). Per sedare le proteste e reprimere i nemici della rivoluzione, il governo sovietico crea una brutale polizia di Stato (Ceca, poi Gpu e quindi Nkvd), che impone un generale clima di terrore, rendendo vana qualsiasi forma di opposizione.
La Nuova politica economica, introdotta nel 1921, dà buoni risultati economici (salari più equi, imprese più produttive, maggior quantità di beni di consumo in circolazione, aumento dei profitti). Notevoli successi vengono ottenuti anche nella lotta all'analfabetismo e nel miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione.
Nel marzo del 1919 Lenin istituisce la Terza Internazionale (Komintern), con lo scopo di organizzare i partiti comunisti dei vari paesi contro il capitalismo e di far uscire l'Unione Sovietica dall'isolamento in cui si era trovata dallo scoppio della rivoluzione, stabilendo rapporti di politica internazionale che favorissero il riconoscimento ufficiale dell'Urss da parte degli altri stati. La discussione su come estendere la rivoluzione ad altri paesi si focalizza su due obiettivi contrapposti: quello di attuare una rivoluzione permanente, che prevede l'impegno della Russia a far nascere e a sostenere l'ideale e la prassi rivoluzionarie in tutta Europa (teoria sostenuta da Trotskij), e quello di realizzare il socialismo in un paese solo (teoria sostenuta da Stalin), che implica il rafforzamento, militare ed economico, del regime sovietico in Urss, in modo da renderlo capace di esercitare un ruolo guida per i partiti comunisti degli altri paesi. La morte di Lenin (1924) e l'ascesa al potere di Stalin favoriscono l'affermazione di questa seconda via.
Succeduto a Lenin nel 1924 alla guida del Partito comunista e del paese, Josif Džugašvili, detto Stalin, instaura un regime dispotico, in nome della dittatura del proletariato e della difesa della dottrina marxista-leninista (una fusione delle teorie di Marx con quelle di Lenin, relative soprattutto al ruolo-guida del Partito comunista), in base alla quale Stalin si sente autorizzato a considerare traditori e a perseguitare tutti coloro che chiedono maggiore democrazia nel Partito e nella società.
Al fine di risollevare l'economia russa, Stalin decide di puntare sull'industrializzazione a tappe forzate del paese. Per incrementare lo sviluppo produttivo egli infatti predispone piani quinquennali tesi a favorire soprattutto l'industria pesante. Inizialmente le misure di Stalin fanno fare all'Urss discreti progressi economici, grazie anche a un intenso sfruttamento della forza lavoro. È a questo scopo che viene esaltato lo stakanovismo (da Aleksej Stakanov, additato come operaio modello per la sua alta resa lavorativa), cioè l'impegno collettivo ad una maggiore produttività nel lavoro, da raggiungere anche attraverso l'«emulazione socialista» (la competizione produttiva tra gli operai in nome degli ideali socialisti).


Per rilanciare la produzione agricola, nel 1929 Stalin dà il via alla collettivizzazione forzata delle campagne, che prevede la formazione di fattorie cooperative, i kolchoz, unità produttive più ampie che raccolgono i piccoli appezzamenti familiari di terreno. Ben pochi sono i contadini che accettano di far parte delle cooperative, mentre la maggior parte dei kulaki, i contadini definiti «agiati» perché in possesso dei propri campi e di alcuni capi di bestiame, vi si oppone fermamente. Poiché la collettivizzazione viene ritenuta necessaria all'economia sovietica, Stalin decide che i kulaki devono essere liquidati, cioè deportati in altre regioni o rinchiusi nei campi di lavoro: circa 12 milioni di loro perdono così la vita.
Il secondo piano quinquennale (1933-1937) ottiene un discreto risultato economico e permette il miglioramento delle condizioni di vita, specie degli operai, che possono fruire di un sensibile aumento dei salari. Il potenziamento dell'industria pesante, però, crea un forte squilibrio tra la produzione di tipo strumentale (macchinari e armamenti) e quella di beni di consumo, che diventano molto rari. Si deve così procedere al razionamento di merci come i tessuti, le scarpe e i vestiti, che i Russi possono ottenere solo iscrivendosi a determinati negozi.
A favorire tali squilibri contribuiscono anche altri fattori: l'inefficienza della pachidermica macchina burocratica, gli errori nella programmazione economica, lo scarso entusiasmo della gente a collaborare attivamente alla produzione, l'incompetenza e il servilismo dei funzionari, sono tutti elementi che provocano il sostanziale fallimento dei piani quinquennali, almeno per quel che riguarda la vita quotidiana della popolazione.
Per portare  avanti la sua strategia economica, Stalin instaura uno. spietato sistema dittatoriale, fondato su un potere personale tirannico. e illimitato, giustificato con la necessità di difendere il comunismo dalle aggressioni dei paesi capitalistici. Uccisioni di stato (assassinio di Trotskij - 21 agosto 1940 - ad opera di un sicario di Stalin), arresti e condanne a morte per gli avversari o i sospettati tali (anche all'interno del partito) soppressione fisica di massa («grandi purghe» 1936-1938), internamento nei campi di lavoro coatto (gulag) per chiunque venga accusato di «boicottaggio», di scarsa adesione al «comunismo» o spionaggio in favore dei capitalisti, sono i drammatici esiti della sua politica repressiva e liberticida tesa ad annullare l'individuo in nome della collettività. Si apre così la fase del Grande terrore, un'epoca che va dal 1928 al 1940, in cui perdono la vita 7-8 milioni di persone, secondo stime per difetto, mentre il 9O%. del quadri di partito e della vecchia guardia rivoluzionaria viene epurato (con la morte o con l'internamento nei campi di lavoro e di «rieducazione»). Grazie a una diffusa rete spionistica e all'asservimento degli organi di giustizia al potere, Stalin riesce ad assicurarsi il controllo completo sulla società e il dominio incontrastato nel partito.
Per affermare la propria dittatura Stalin, al pari di Mussolini e di Hitler, si serve della propaganda come arma per ottenere il consenso delle masse. Al centro di tale macchina propagandistica vi è il culto della personalità, cioè l'esaltazione della figura di Stalin, presentato come capo infallibile, difensore del comunismo e dell'Unione Sovietica. Per ottenere tale risultato si procede a un generale «lavaggio del cervello», ottenuto con la paura, l'intimidazione e la soppressione di qualsiasi istinto vitale nell'uomo, trasformato in una specie di robot, privo di qualsiasi speranza in una possibile via d'uscita.

 

Fonte: http://ip155.ittmazzotti.it/sites/spazio/nicolettis/Documenti%20condivisi/Storia%205%20Gs-5%20Es%20I%20regimi%20totalitari/IL%20REGIME%20STALINISTA.doc

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