La coscienza di Zeno

 


La coscienza di Zeno riassunto e sintesi

 

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La coscienza di Zeno

 

La coscienza di Zeno

La coscienza di Zeno è un romanzo di Italo Svevo. Ne La coscienza di Zeno, Svevo abbandona lo schema ottocentesco del romanzo raccontato da un narratore estraneo alla vicenda e fa sì che la sola voce che il lettore immagini di ascoltare sia quella del nuovo «inetto»: Zeno Cosini. Il tempo entro cui il romanzo si colloca non ha una connotazione ben precisa; i fatti non si susseguono cronologicamente e secondo uno schema lineare. Spesso il passato ripercorre le strade del pensiero di Zeno e si confonde con il presente formando un unico impasto non scindibile (ciò che Svevo definisce «tempo misto»).  La narrazione è svolta in prima persona
1. Prefazione = Si tratta di poche righe firmate dal dottor S., il quale espone l'origine del libro ed afferma di averlo pubblicato per vendicarsi di Zeno, il quale era in origine paziente del dottor S. Le cure cominciavano a dare i loro frutti (esse iniziavano con la stesura delle memorie di Zeno, le quali non sono altro che i capitoli successivi del libro). Dato che Zeno ha interrotto la terapia, il dottore è profondamente ferito nel suo orgoglio professionale e

2. Preambolo  = Zeno racconta i suoi primi, apparentemente inutili, tentativi di ricordare la sua infanzia.

3. Il fumo = Il protagonista parla della sua malattia del fumo, narrando fatti che coprono tutta la sua vita. Oltre all'inettitudine, il suo grande problema è il vizio del fumo, del quale non riesce a liberarsi. I tentativi si moltiplicano, e anche gli sforzi, ma il problema non viene risolto. Ogni volta che prova a smettere di fumare, Zeno decide di fumare un'«ultima sigaretta» (U.S.) e di annotare la data di questa; dopo numerosi fallimenti Zeno si rende conto che fumare "ultime sigarette" è per lui un'esperienza piacevolissima, in quanto quelle assumono ogni volta un sapore diverso, causato dalla coscienza che dopo quella, non potrà fumarne più.

4. La morte di mio padre = Zeno rievoca il rapporto conflittuale con suo padre, con particolare importanza data ai suoi ultimi giorni di vita. Il padre non ha alcuna stima del figlio, tanto che, per sfiducia, affida l'azienda commerciale di famiglia ad un amministratore esterno, l'Olivi. A sua volta il figlio, che si ritiene superiore per intelletto e cultura, non stima il padre e sfugge ai suoi tentativi di parlare di argomenti profondi. Il più grande dei malintesi è l'ultimo, che avviene in punto di morte: quando il figlio è al suo capezzale il padre (ormai incosciente) lo colpisce con la mano e Zeno non riuscirà mai a capire il significato di quel gesto: quello schiaffo gli fu assestato allo scopo di punirlo o fu soltanto una reazione inconscia del padre ammalato? L'interrogativo produrrà un dubbio che accompagnerà il protagonista fino all’ultimo.

5. La storia del mio matrimonio = Zeno parla delle vicende che lo portano al matrimonio. Il protagonista conosce quattro sorelle, le figlie di Giovanni Malfenti, con il quale Zeno ha stretto rapporti di lavoro e per il quale nutre profonda stima, al punto che lo vedrà come una figura paterna dopo la morte del padre. La più attraente delle figlie è la primogenita, Ada: a costei il protagonista fa la corte, ma il suo sentimento non è ricambiato, perché ella lo considera troppo diverso da lei e incapace di cambiare. Anche dopo il rifiuto, Zeno è sempre attratto dalla sua bellezza esteriore ed interiore. Tuttavia, ormai deciso a chiedere in sposa una delle sorelle Malfenti, si dichiara ad Alberta che ugualmente lo respinge; dato che l'ultima, Anna, è ancora una bambina, egli finisce per sposare Augusta, la seconda delle sorelle Malfenti, delle quattro la donna che meno gli piaceva.

6. La moglie e l’amante = Quella con Carla Gerco è un'«avventura insignificante»; lei è solo una «povera fanciulla», «bellissima», che inizialmente suscita un istinto di protezione. Tuttavia quella che in principio appariva come una relazione basata sul semplice desiderio fisico si trasforma successivamente in una vera e propria passione.

7. Storia di un'associazione commerciale

Incapace di gestire il proprio patrimonio, Zeno viene pregato da Guido di aiutarlo a mettere in piedi un'azienda, e accetta, per "bontà", come egli dice a se stesso, ma in realtà per un oscuro desiderio di rivalsa, di superiorità nei confronti del fortunato rivale in amore che, nel frattempo, ha sposato Ada Anche Guido, peraltro, è un inetto, e incomincia, per insipienza, a sperperare il suo patrimonio, mentre Zeno ha la soddisfazione di essere incaricato da Ada di aiutare e proteggere il marito. Questi, dopo un'ennesima perdita (ha infatti iniziato a giocare in borsa) simula un tentativo di suicidio, per indurre la moglie a sovvenzionarlo con la propria dote. Più tardi, ritenterà il colpo astuto, ma, per un banale giuoco della sorte, si ucciderà davvero. Zeno, che impegnato a salvarne, per quanto è possibile, il patrimonio, non riesce a giungere in tempo al suo funerale (ed in seguito sbaglia persino corteo funebre), è accusato da Ada, divenuta nel frattempo brutta e non più desiderabile per una malattia.

Psicoanalisi = Il capitolo precedente aveva concluso il racconto imposto dal medico a Zeno. Ma ora questi lo riprende, per ribellarsi al medico, che non l'ha guarito, come crede. Zeno tiene un diario, che poi invia al Dottor S. per fargli capire come la pensa. Questo si compone di tre parti distinte, contrassegnate dalle date di tre giorni distinti negli anni di guerra 1915-1916. Nella riflessione conclusiva Zeno si considera completamente guarito, grazie alla scoperta che la "vita attuale è inquinata alle radici" e rendersene conto è segno di salute e non di malattia.

 

Fonte: http://www.riassuntibuse.altervista.org/La%20coscienza%20di%20Zeno.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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"La Coscienza di Zeno"


di Italo Svevo
La Coscienza o l’incoscienza? La consapevolezza o l’incosapevolezza?
E’ forse questo il dubbio profondo che anima uno dei capolavori della letteratura italiana del ‘900, il romanzo o antiromazo che dir si voglia che ha cambiato il modo di scrivere e di fare letteratura nell’Italia post bellica, anche se , come molti sostengono, la autentica lezione sveviana ha riversato la sua maggiore influenza sulla generazione post neorealista dei letterati italiani.
Nella Coscienza di Zeno, che lo Svevo cominciò a redigere nel ’19, dopo più di vent’anni di silenzio, vengono a confluire naturalmente i motivi dei due precedenti romanzi; Una vita con la sua organica strutturae Senilità con la sua innegabile compattezza. Possiamo perciò ritenere La coscienza di Zeno, senza dubbio come libro conclusivo, il capolavoro dello scrittore, malgrado egli notoriamente privilegi, insieme ad alcuni lettori illustri, la storia di Emilio  e Angiolina.
La Coscienza di Zeno si compone di cinque episodi, ognuno dei quali concluso in sé e autosufficiente. In modo mediato e ironico, il romanzo è introdotto e chiuso tra due "documenti": la lettera dello psicanalista dottor S., il quale dichiara che l’autobiografia che seguirà era un elemento della cura cui Zeno si era sottoposto; e il diario di Zeno in cui si confessa che quella cura è fallita. Il primo episodio è dedicato al motivo, certo autobiografico perché ricorrente molto spesso nelle lettere dell’ultima sigaretta; e pone subito l’accento con grande sottigliezza e con l’inconfondibile timbro di "allegro" che sarà tipico di tutto il romanzo. Lo Svevo pone mirabilmente in queste pagine le basi del ritratto di Zeno e introduce la decisiva novità di questo suo terzo romanzo rispetto ai precedenti, cioè un originale e nuovissimo rapporto con il suo personaggio.
Nei confronti del personaggio c’è, mediata dall’ironia, una sorta di complicità, di allegra comunanza nella malattia. Il tempo, che perde la sua linearità e si allunga, si contorce, torna indietro tra un "proposito" e l’altro, fa da fondale, così sembra, per il personaggio, ma in realtà e uno dei segni diagnostici della malattia dell’uomo.
Il tema è approfondito nel secondo episodio, dedicato alle relazioni di Zeno con il padre. E vi risalta la potenza della scena dello schiaffo che, proprio in punto di morte, il padre gli infligge nel disperato tentativo di districarsi dal figlio che per osservare con zelo i consigli del medico, voleva constringerlo a stare sdraiato.
Il terzo e il quarto episodio, i più felici narrativamente di tutto il romanzo, occupano la storia del matrimoni di Zeno e quella di un suo placido adulterio. Ecco dunque Zeno, in casa Malfenti, ove sono quattro figlie, di cui tre in età da marito. S’innamora di Ada, la più bella, ma ne è respinto; prova con la più giovane Alberta, ma non ha maggior successo; con piene irresponsabilità e per capriccio, ripiega seduta stante sulla più bruttina, Augusta; il matrimonio si rivelerà felicissimo. Inesperto di Borsa, per una disattenzione che gli fa ritardare certe vendite, fa migliori affari di un vecchio lupo della finanza com’è il suocero Malfenti. Vede Ada, il suo vero amore, sfiorire in un matrimonio triste, umiliata persino da un volgare adulterio del marito; Guido, l’uomo che glie l’ha portata via, si rovina in affari e finisce suicida, e sarà proprio lui, Zeno, con altre combinazioni fortunate in Borsa, a salvare la sua famiglia dalla povertà.
L’episodio seguente ("La moglie e l’amante") è una preziosa variazione sul tema. Zeno incontra Carla, una bruna e bella ragazza del popolo che, povera, ha bisogno di aiuto per continuare negli studi di canto; e se ne innamora dopo essere passato per un breve stato di filantropia. Gli "interni", la casa della ragazza con la madre misera e riconoscente che si adatta a credere alla finzione della protezione delle doti artistiche della figlia, richiamano subito quelli di Senillità. Ma la situazione è completamente rovesciata: Zeno non è più in ginocchi di fronte alla ragazza, è sposato e benestante e poiché può permettersi tutto ciò non si lascia sfuggire l’occasione: è al centro di un triangolo ove può tranquillamente esercitare il doppio gioco e se ne approfitta. Il romanzo verso la fine prende la forma di pagine di diario fine al terribile impatto che il protagonista ha nei riguardi del conflitto mondiale, che lo porterà a profetizzare un’inquietante destino del mondo, che trova un parziale riscontro con la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Zeno analizza la propria esistenza senza ipocrisie strumentali, ma in perfetta malafede, perché sa che il giudizio finale dovrà pur sempre essere un giudizio di preterintenzionalità.
Per tutto il romanzo emerge la personalità abulica, incapace di vera partecipazione attiva, che diventa simbolo dell’elusiva, inguaribile malattia dell’uomo moderno.
La coscienza di Zeno in ultima analisi è questa: commettere di fronte a se stesso un delitto perfetto. Dal romanzo traspare la volontà dell’autore di far riflettere sull’originalità della vita, gli esempi sono molti all’interno del romanzo: dallo schiaffo ricevuto dal padre quando più lo amava; dagli episodi avvenuti in Borsa. Il protagonista stesso sembra essere dimostrazione di ciò: con il suo fare sempre fuori tempo alle situazioni reali.
ZENO è il protagonista del romanzo, caratterizzato da una profonda contraddizione interna. Il suo modo di vivere si basa su una comoda e tutta interiore disponibilità a più destini che non vuol tradursi in una scelta decisa. Zeno non vuole "solo" guarire dai suoi mali: la sua inettitudine e il suo continuo posticipare la soluzione dei propri conflitti psicologici sono un modo per garantirsi di poter soddisfare, nel loro continuo alternarsi, i propri desideri contrastanti, nel momento in cui essi si manifestano.
IL PADRE viene descritto come una persona tranquilla, che tiene molto a questa sua tranquillità. Rifiuta tutto ciò che va contro il suo ideale della vita e del mondo, tutta fondata sulla fiducia in rassicuranti idee di ordine stabilità e immobilità. Per questo motivo non sarà solidale con la "distrazione" del figlio e con la sua "tendenza a ridere delle cose più serie." Il distacco fra i due rimarrà intatta anche quando egli cercherà di insegnare al figlio tutta la "scienza " e "l’esperienza" della vita che sente tanto grandi; ma non riuscirà a dir nulla. Il gesto dello schiaffo renderà più dolorosi i sensi di colpa del protagonista che non era riuscito a recuperare il rapporto con il padre.
AUGUSTA è la buona e dolce moglie di Zeno. Il protagonista la scarta subito quando deve scegliere fra le quattro figlie di Giovanni Malafenti, preferendole Ada, la quale lo rifiuterà in favoredi Guido Speier; solo per non rimanere fuori dal salotto di casa Malfenti, essendo stato respinto anche da Alberta, accetterà di sposarla. Ella è disposta a vivere ed assistere Zeno. Emerge subito la profonda invidia della donna nei confronti della sorella Ada, perché il marito è attratta da lei: questo sentimento durerà a lungo. Augusta è un personaggio opposto rispetto al marito, lui "malato", lei l’impersonificazione della "salute", che, nella sua semplicità ha una sua ingenua e gioiosa fede nella vita, e sa perfettamente vivere nel presente. Il centro del mondo della famiglia di Augusta è la famiglia, ch’ella intende nel modo più tradizionale cui dedica tutto il suo amore e le sue energie. Il marito è visto come una sorte di "patriarca" ma il suo bene è rivolto anche nei confronti dei genitori.
ADA è la donna desiderata da Zeno, ma non corrisponde. La giovane è incapace di amare l’ironia e il distacco, la "lietezza" di Zeno, protesa alla ricerca di qualità chiare e ostentate; ella è attratta dal "falso" romanticismo di Guido e in seguito sarà costretta appunto a rivedere il suo giudizio sui due uomini. Il personaggio poi con il passare del tempo diventerà sempre più triste e malinconico a causa del matrimonio fallimentare con Guido, la tradirà infatti con una sua impiegata.
GUIDO diviene il marito di Ada. Appena compare sulla scena colpisce la sua disinvoltura, naturalezza. Colpisce il salotto di casa Malfenti sia con le sedute spiritiche, sia con la grande performance al violino. In realtà si dimostra grande "oratore" solo nelle convenienze, ciò è indice di falsità. Sembra proprio ciò quello che più interessa al personaggio: "piacere". La sua presunzione lo porta a fondare una ditta commerciale intendendo rivoluzionare le tradizionali strategie di mercato. Zeno si accorge pian piano della sua inefficienza al compito da lui assunto. Nei momenti più difficili emerge la sua debolezza: dapprima rifiuta per la sua presunzione ogni consiglio per risanare il passivo della ditta e poi fugge da ogni responsabilità nel momento di maggior bisogno. Dopo aver fallito nel lavoro si lancia nell’azzardo dove spera di trovare rapidi trionfi ma anche qui la sorte gli è avversa. 
Frutto di ricerche diversificate e sintesi zibaldonesche.

Filippo Alberghina

 

Fonte: http://www.itchiavari.it/lettere/letteratura_italiana/1900/Svevo/047_1900_Svevo-La_coscienza_di_Zeno_Preambolo.doc

Sito web da visitare: http://www.itchiavari.it/

Autore del testo: F. Alberghina

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