Divina commedia riassunto canti paradiso

 

 

 

Divina commedia riassunto canti paradiso

 

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Divina commedia riassunto canti paradiso

 

“LA DIVINA COMMEDIA”  Dante Alighieri

 

PARADISO

Alla conclusione del Purgatorio, Beatrice rimprovera Dante di essersi distolto da lei, nel senso di aver abbandonato gli studi teologici, e lo invita a pentirsi ad alta voce.
All’inizio del Paradiso Dante non si ricorda come abbia fatto ad oltrepassare la sfera di fuoco.
Il Paradiso è formato da 9 cieli contigui che contengono i pianeti.
Dante incontra le anime dei beati in questi cieli, perché esiste una gradazione anche per la beatitudine.
In realtà le anime dovrebbero trovarsi nella Candida Rosa o Empireo.
Il fatto della gerarchia tra i beati Dante se lo spiegherà grazie all’intervento di Piccarda Donati, che gli dirà che i desideri dei beati vanno pari passo ai desideri di Dio, per cui i beati sono contenti di ogni loro condizione.
Per esempio nel Cielo della Luna si trovano le anime di chi mancò ai propri voti non per propria volontà, nel Cielo di Mercurio si trovano coloro che furono troppo attaccati alla gloria terrena e nel Cielo del Sole le anime sapienti come San Tommaso d’Aquino.
Quando Dante giunge all’Empireo grazie all’intercessione di San Bernardo è partecipe dei dogmi della cristianità. Li intuisce, ma non può ricordarli.
Il Paradiso è scritto in modo più impegnato rispetto le altre cantiche.
Dante utilizza un linguaggio più aulico e una terminologia complessa che deriva dalla filosofia e dalla teologia.
Il linguaggio è ricco di latinismi in rima, paragoni e similitudini complessi, excursus scientifici apprezzatissimi dal mondo, riferimenti ad autori classici.
Il tema della VISIO assume un’importanza fondamentale, tanto che alcuni critici credono che Dante abbia veramente avuto un RAPTUS MISTICO, anche se la teoria più probabile rimane quella della finzione letteraria, dato che la Divina Commedia ha un impianto razionale.

 

I^ CANTO
Dante afferma di aver visto cose in Paradiso che la memoria umana non può ricordare, per cui invoca la divinità Apollo (protettore elle arti) di aiutarlo a completare un’opera così complessa.
Fa molto riferimento alla mitologia (fonti ovidiane).
Dante descrive la propria ascensione e dice che sia avvenuta in un momento propizio, spiegato con una digressione di carattere scientifico.
Prima di salire osserva che Beatrice fissa il Sole (Dio) e Dante guardando negli occhi di Beatrice si avvicina alla divinità. Beatrice spiega a Dante che ormai può salire perché durante il suo viaggio si è purificato ed è come una fiamma che tende verso l’alto.
Molti critici pensano che questo sia il momento preciso del passaggio di Dante attraverso la sfera del fuoco. Dante anche più avanti non si accorgerà di passare da un cielo all’altro perché questi sono contigui ma noterà che più prosegue più aumenta la luce negli occhi di Beatrice.
Dante per spiegare la sua situazione di vivo tra le anime  beate si rifà prima ad una metamorfosi ovidiana, quella di Glauco che diventa un dio del mare dopo aver assaggiato un’alga che ridava la vita ai pesci morti sulla riva, e poi all’esperienza di San Paolo che in uno pseudoepistolario con Seneca parla del suo rapimento nel terzo Cielo, ma non capisce se con il corpo o solo con l’anima.
Oltre alla grande luce, Dante nota nel Paradiso la presenza di un suono armonioso dovuto al movimento dei Cieli; questo riferimento risale alla tradizione pitagorica e si ritrova anche nel Purgatorio durante l’incontro con Casella.
Qui Dante ha il primo dubbio, si domanda la ragione di quella luce e di quel suono e Beatrice che legge nei suoi pensieri gli spiega che essi stanno salendo velocemente attraverso i Cieli.
L’atteggiamento di Beatrice in questo canto è materno, affettuoso, premuroso nei confronti di Dante e le sue risposte seguono il procedere della filosofia scolastica.
Dante esprime anche un secondo dubbio, cioè si chiede come il suo corpo possa trascendere attraverso  il fuoco e l’aria. Beatrice risponde dicendo che l’Universo è stato creato secondo un ordine e tutte le cose tendono ad un fine che è Dio, anche se non tutti giungono perché la materia è      sorda e tiene l’uomo legato a terra.
In questo discorso Beatrice utilizza metafore e similitudini prese dall’esperienza quotidiana, come la nave che giunge al porto e il fuoco che si eleva verso l’alto.

 

III^ CANTO

Nel III^ canto Dante si trova nel primo cielo cioè il Cielo della Luna, dove si trovano le anime di coloro che mancarono ai loro voti ecclesiastici non per loro volontà. La luna infatti è simbolo di incostanza, difetto, secondo Dante, prettamente femminile.
Qui Dante incontra due personaggi: PICCARDA DONATI, suora di clausura tratta dal convento a forza per essere data come sposa ad un capo dei Neri.
La debolezza secondo Dante sta nel fatto che la donna non si sia opposta fino alla morte a questa forzatura. Lui fa riferimento per esempio a Muzio Scevola e a San Lorenzo che invece non si sono rassegnati, grazie alla loro forza di volontà.
L’altro personaggio è costanza d’Altavilla, madre di Federico II e moglie di Enrico VI di Svevia.
La leggenda la vuole suora tratta dal convento in tarda età per essere data in sposa a Enrico VI, ma con questa diceria si voleva solo vedere una nascita fuori dalla norma.
Le anime che Dante incontra sono luminose ed evanescenti tanto che sembrano ombre che si specchiano. A questo proposito Dante cita la leggenda di Narciso, anche per innalzare il tono del discorso. Sempre per questo motivo Dante utilizza degli accorgimenti stilistici raffinati, come le rime ambigue e le assonanze fonetiche.
Dopo l’apparizione delle anime Beatrice lo esorta a parlare perché la loro presenza nel cielo è solo un suo privilegio. Parla quindi con Piccarda che prima specifica la sua  situazione e poi spiega a Dante i vari gradi di beatitudine e dice che i loro desideri sono gli stessi di dio per cui loro sono soddisfatti della loro posizione e non vogliono elevarsi.
Nel V^ canto Dante chiede se i voti fatti possano essere commutati. La risposta è positiva, ma solo se si cambia per qualcosa di più grande e se è stabilito attraverso la mediazione di un sacerdote il quale possiede la chiave d’argento (cioè quella della sapienza) e la chiave d’oro (cioè quella dell’autorità proveniente da Dio).
A questo punto Dante chiede in cosa consista l’inadempienza del voto e Piccarda gli racconta la sua storia. Appare dunque l’anima di Costanza che però non parla ma viene presentata da Piccarda.
Dante qui critica la loro non opposizione alla costrizione di dover lasciare il convento e nel IV canto stimerà chi come San Lorenzo e Muzio Scevola hanno lottato anche a costo del sacrificio.
Alla fine del canto l’anima di Piccarda sparisce e Dante rivolge gli occhi a Beatrice per chiederle il perché quelle due anime siano relegate nel primo cielo, anche se non sono state incostanti per colpa loro.

 

CANTO VI^

 Come anche nelle altre cantiche della Divina Commedia, il sesto canto è dedicato ad un tema politico.
Dante si trova nel Cielo di Mercurio, dove incontra chi nella vita ha operato nel bene per acquistare gloria terrena.
Dante crede che i pianeti influiscano sulle pietre e sull’animo umano mandando degli influssi che ne determinano l’indole. L’uomo ha poi bisogno di guide che indirizzino le persone verso il compimento di quest’indole. Le guide sono l’imperatore e il Papa. Dante con questo vuole criticare per esempio chi intraprendeva una vita religiosa senza essere veramente ispirato.
Nel sesto canto Dante incontra l’anima di Giustiniano, imperatore di Bisanzio dal 527 al 565, che vinse i barbari e raccolse le leggi in un codice “Corpus iuris civilis” . E’ considerato quindi una persona che ha saputo unificare a differenza die guelfi e dei ghibellini che dividono la città di Dante.
Questo imperatore viene citato anche nel Purgatorio al canto VI quando parla delle leggi che non vengono rispettate.
Dante crede che Giustiniano fosse stato monofisita o eutichiano e che grazie alle parole di Papa Agapito avesse trovato la vera fede.
Nella prima parte del canto Giustiniano narra la sua vita, poi inizia la narrazione della storia dell’aquila romana, simbolo dell’impero e una digressione sulla storia romana a partire proprio dalla mitica fondazione di Enea, attraverso i sette re, le vittorie contro i popoli vicini, i Galli e i Cartaginesi e le battaglie tra Cesare e Pompeo. L’aquila si posa poi su Augusto visto da Dante come il pacificatore. Per far capire la sua ammirazione per l’imperatore Dante eleva il tono del discorso utilizzando latinismi difficili e in rima.
Si parla poi di Tiberio, successore al trono, che vide morire Gesù e di Tito che è visto come un mezzo attraverso cui Dio punisce gli Ebrei per aver messo a morte Gesù distruggendo il Tempio di Salomone.
L’aquila poi passa ai Longobardi che si opposero alla Chiesa.
A questo punto Dante costruisce un’invettiva contro i guelfi e i ghibellini dimostrando di essere ostile ad entrambe le fazioni.
Si comincia a parlare di Mercurio, la stella dove si trovano le anime di coloro che fecero il bene per la gloria terrena, ma sono felici della loro posizione nel Paradiso perché credono sia la ricompensa giusta.
Al termine del canto compare un altro personaggio: Romeo di Villanova, segretario di Berengario di Provenza che aveva sempre operato per il bene del suo padrone, il quale però per gelosia lo allontanò dalla corte riducendolo a morire povero. Questo personaggio ricorda la figura di Pier della Vigna nell’Inferno e anche di Dante costretto a vivere da esiliato.

CANTO XI^
Nel canto XI e XII che sono strettamente collegati si ritrovano le esaltazioni di San Francesco e di San Domenico, entrambi fondatori di due ordini religiosi. Il primo fondò l’ordine dei francescani improntati sulla povertà e la carità senza però mai uscire dagli schemi dell’ortodossia; il secondo fondò l’ordine dei domenicani, frati sapienti, che si distinsero per la loro funzione di teologi e predicatori e perciò spesso trovati a combattere le eresie anche come inquisitori.
I due ordini si formano proprio in un momento di crisi della Chiesa che perde di credibilità a causa della corruzione e della ricchezza. Lo scopo dei frati è appunto quello di riportare gli uomini di Chiesa sulla giusta strada. In un celebre dipinto di Giotto il Papa Onorio III sogna che San Francesco debba sostenere la Chiesa vacillante.
Nel canto San Tommaso, frate domenicano, fa l’elogio di San Francesco, mentre San Bonaventura, frate francescano elogia San Domenico.
Il tema fondamentale è l’antitesi tra la vera felicità, vista come vita umile per essere vicino a Dio, e gli sforzi dell’uomo per raggiungere una felicità in modo vano.
Dante considera i suoi tempi in modo estremamente negativo, perché la sua ideologia si fonda su principi tradizionali, vuole una società basata sulla povertà e la carità.
Il canto si apre proprio con la critica agli sforzi vani dell’uomo di trovare la felicità e qui Dante si rifà alla prima satira di Persio, scrittore dell’epoca neroniana, che utilizzava un tono di rimprovero per tutto ciò che non fosse estremamente rigido e morale.
Le anime del Cielo del Sole appaiono in corone che si muovono in continuazione, ma tra queste l’anima di S. Tommaso si ferma per parlare con lui.
San Tommaso inizia il suo discorso dicendo che la Provvidenza ha mandato due “soli” per illuminare la Chiesa che mirarono entrambi allo stesso fine per cui è indifferente parlare di uno rispetto che dell’altro.
Così inizia a parlare di San Francesco raccontandone la vita, della sua unione con la Povertà e della presenza di molti apostoli. Dice che la regola fu accettata prima verbalmente da Papa Innocenzo III, pontefice accanito contro gli eretici e autore del libro CONTEMPTUS MUNDI sul disprezzo del mondo, e in seguito con una bolla scritta da Onorio III. Parla del tentativo di Francesco di evangelizzare i saraceni e della comparsa delle stigmate sul monte Verna.
Alla fine del canto Dante critica gli ordini, che dopo la morte dei loro fondatori hanno sviato dalla regola.

CANTO XII^
Dante è sempre nel Cielo del Sole, ma in questo canto incontra S. Bonaventura che fa l’elogio a S. Domenico. S. Bonaventura fa parte della corrente mistica, che a differenza dei razionalisti non hanno bisogno di una dimostrazione filosofico-teologica dell’esistenza di Dio.
Il canto è strutturato come il precedente, si narra della vita del santo facendo particolare riferimento alla sua sapienza.
Al termine del canto si riprende il discorso della divisione dell’ordine francescano tra frati spirituali (Ubertino da Casale) e conventuali (Matteo di Acquasparta).

 

CANTO XVII^

Il canto 17^ fa parte della trilogia dei canti di Cacciaguida, avo di Dante, che si trova nel Cielo di Marte dove sono collocate le anime militanti, che hanno combattuto anche fisicamente per la fede.
Le anime sono disposte a formare una croce greca dove all’interno c’è Cristo.
Cacciaguida ha partecipato alle crociate ed è morto in Terra Santa.
Dal suo matrimonio con una certa Alighiera nasce il cognome di Dante. Spiega la genealogia della stirpe di Dante.
Lo scopo di Dante è quello di far dire al suo avo quale sia la sua missione in questo viaggio.
Nel canto 15^ Cacciaguida illustra la situazione di Firenze e la paragona ai tempi passati quando era in pace, sobria e pudica, le qualità opposte ai vizi che Dante aveva incontrato all’ingresso dell’Inferno, avarizia, superbia e lussuria.
Dante elogia una visione francescana della vita, mettendo la semplicità e la povertà in primo piano.
Nel 16^ canto si ritrova il discorso sulla nobiltà di Dante e nel 17^ il discorso si riferisce alla vita futura di Dante, all’esilio. Si paragona l’ingiustizia subita da Dante a quella subita da Ippolito che non accettando le offerte della madre Fedra viene accusato dalla stessa al padre Teseo e scacciato.
Secondo Cacciaguida quello che Dante ha sbagliato è il fatto di essersi unito ai Bianchi, e per questo non deve tentare di ritornare a Firenze. Gli dice però di non preoccuparsi  perché la sua fama passerà ai posteri. Anche all’Inferno Brunetto Latini aveva detto a Dante che avrebbe fatto bene ad andarsene da Firenze perché non poteva crescere un frutto dolce tra frutti amari.
Cacciaguida esorta Dante a raccontare tutto ciò che ha visto durante questo viaggio utilizzando esempi di personaggi noti per avere più ascendente sulla massa di lettori.
All’inizio del canto Dante ripensa alle predizioni del futuro che gli erano state fatte nell’Inferno e nel Purgatorio e vuole chiedere a Cacciaguida quale sarà il suo futuro.
Dante usa metafore prese dalla geometria per elevare il tono del discorso.
Cacciaguida premette che il futuro è conosciuto da Dio anche se poi lascia l’uomo libero di vivere come vuole. Qui si sente la polemica contro gli oracoli e gli indovini che infatti sono all’inferno con il volto rovesciato all’indietro.
Poi Cacciaguida profetizza a Dante l’esilio utilizzando la storia di Ippolito, parla poi delle sofferenze do Dante nel vivere lontano dai suoi affetti e in case altrui accorgendosi della stoltezza dei suoi compagni di partito.
In questo caso invece utilizza termini che derivano dalla quotidianità per confermare il senso di amarezza, tende a concretizzare.
Predice poi che Dante verrà ospitato prima da Bartolomeo della Scala e poi dal fratello Cangrande della Scala, che per alcuni incarna il VELTRO, bestia trovata nel I^ canto dell’Inferno che avrebbe scacciato le tre fiere e i tre vizi.
Poi Cacciaguida dice che Dante sarà ricordato dai posteri, ma Dante ha paura di raccontare ciò che ha visto perché pensa di offendere le persone ma allo stesso tempo ha paura di perdere la fama; quindi esprime il suo desiderio di passare ai posteri.
Cacciaguida gli risponde che deve raccontare la sua visione e lasciare che gli altri si arrangino, perché la sua opera sarà utile per chi la capirà.

CANTO XXXIII^
Nell’ultimo canto Dante si trova nell’Empireo accompagnato da San Bernardo di Chiaravalle, riformatore della vita monarchica e critico nei confronti della linea razionalista.
Dante si trova presso la Vergine Maria, che ha un ruolo di mediatrice tra l’umano e il divino e elargisce grazie anche a chi non le domanda.
La presenza di S. Bernardo è spiegato dal fatto che lui fosse devoto alla Madonna e proprio lui attraverso la sua visione passerà i dogmi della fede a Dante.
Dante ha la visione completa di Dio e intuisce i dogmi dell’incarnazione, della trinità e dell’Universo, ma non può spiegarli perché gli rimane solo la dolcezza e l’esperienza positiva che ha avuto.
Il canto si apre con una preghiera alla Madonna di ispirazione biblica ma anche classica.
E’ strutturata in due parti: la prima è una lode alla Vergine e la seconda è la richiesta di poter conoscere i dogmi.
Dante viene liberato da ogni sorta di mortalità e di peccato e S. Bernardo chiede alla Vergine che gli sia impedita una ricaduta nel male.
Così purificato Dante cerca di penetrare la luce divina e ciò che vede gli è impossibile da spiegare e chiede a Dio di lasciargli anche solo una pallida immagine da poter passare ai posteri.
Per spiegare i tre dogmi Dante utilizza delle immagini concrete relative alla geometria per la Trinità, ad un libro che si “squaderna” per l’unità del cosmo e di un lume dipinto a effigie umana per l’Incarnazione.
Il canto è caratterizzato da un discorso alto per sottolineare ancora una volta l’importanza della  missione di Dante che si aiuta con una terminologia derivante dalla filosofia aristotelica e utilizzando dei latinismi e delle rime ambigue.

 

Fonte: http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/DIVINACOMMEDIA.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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