Movimento operaio sindacalismo e socialismo

 

 

 

Movimento operaio sindacalismo e socialismo

 

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Movimento operaio sindacalismo e socialismo

 

MOVIMENTO OPERAIO, SINDACALISMO E SOCIALISMO (periodo iniziale di sviluppo: 1875-1900)

 

La classe operaia diventa movimento organizzato seguendo due vie: quella sindacale e quella politica.

Sulla via politica incontra il marxismo che prevale su tutte le altre scuole socialiste e diventa la dottrina ufficiale del movimento operaio.

Le sue origini ne faranno una forza politica anomala nella vita degli Stati.

 

 

  • Non è scontato che il socialismo sia la dottrina della classe operaia. Infatti:
  • Il socialismo è inizialmente agrario, dunque non legato al mondo industriale moderno
  • la classe operaia avrebbe potuto trarre ispirazione da altre dottrine, es. il cartismo (che era un movimento politico di tipo democratico: voleva ottenere miglioramenti per gli operai passando attraverso delle conquiste politiche, suffragio e rappresentanza).

Di fatto però l’incontro tra il socialismo e la classe operaia è avvenuto ed esso è diventato la dottrina del movimento operaio.

 

  • Come è avvenuto questo incontro? Per capirlo occorre ripercorrere la storia della classe operaia e sottolineare soprattutto due elementi:
  • gli operai vivono in condizioni spaventose; tali condizioni li predispongono a legarsi a dottrine che esaltano la lotta e il combattimento per ottenere dei miglioramenti
  • La classe operaia nasce con la rivoluzione industriale (= sfruttamento del carbon fossile e introduzione del macchinismo), che crea alienazione e condizioni di vita insopportabili per gli operai:
  • Le campagne si svuotano, i contadini diventano operai
  • Questi operai non hanno niente in comune con gli operai dell’antico regime
  • Cambia il rapporto tra l’uomo e il suo lavoro: operazioni meccaniche, ripetitive, ecc.; l’uomo non riconosce più come proprio il prodotto del suo lavoro (è quello che Marx chiama alienazione)
  • Parallelamente si sviluppa un'altra classe sociale, quella degli imprenditori, totalmente separata – anche fisicamente – da quella operaia
  • gli operai vivono ammassati in grandi spazi urbani in condizioni disumane (anche in questo senso si parla di alienazione)
  • gli interessi di queste due umanità divergono profondamente.

Le condizioni degli operai sono aggravate anche da altri due fattori indipendenti dalla rivoluzione industriale:

  • depressione economica, dal 1815 al 1851
  • aumento demografico, già in atto dal 1700, ma che si accentua in questo periodo

 

  • conquistato il diritto ad associarsi, gli operai cominciano ad organizzarsi in due forme: quella sindacale e quella politica; sarà la seconda a legarsi alla dottrina socialista.
  • inizialmente la classe operaia fa fatica a diventare movimento operaio (ossia gruppo organizzato, consapevole dei propri problemi e che rivendica dei miglioramenti) perché incontra molti ostacoli sul suo cammino:
  • la dottrina liberale, che per difendere la libera iniziativa individuale vieta le associazioni sia operaie che padronali: ciò danneggia soprattutto gli operai
  • il divieto di sciopero
  • diseguaglianza legale in caso di conflitto con il datore di lavoro
  • sorveglianza degli operai all’interno delle imprese
  • essendo una realtà sociale nuova, gli operai trovano difficoltà a organizzarsi
  • successivamente, grazie alle aristocrazie del lavoro costituite da artigiani e operai specializzati, viene conquistato il diritto ad associarsi ed il movimento operaio può cominciare ad organizzarsi e lo farà in due rami differenti:
  • quello sindacale: comprende coloro che credono che la soluzione dei problemi degli operai venga dall’associazione professionale e dall’esercizio del diritto di sciopero, non dallo Stato. Sono convinti che il sindacato è la cellula intorno alla quale si ordinerà la società di domani, e che potrà sostituire tutte le istituzioni, compreso lo Stato (anarco-sindacalismo). “L’anarco sindacalismo respinge in blocco la proprietà, l’esercito, la polizia, la religione, e immagina di poter ricostruire la società unicamente sul sindacato.

“Gli operai devono contare solo su se stessi, non dare alcuna fiducia a una rappresentanza parlamentare borghese, e riporre tutte le loro speranze nella propria azione, nei propri gruppi. Il sindacato e la cooperativa saranno gli strumenti di trasformazione della società…”

  • quello politico: coloro che ritengono che nella soluzione dei problemi debba avere un ruolo importante lo Stato. Non è possibile trasformare la società aggirando il potere. La realizzazione del socialismo passa attraverso il potere. La prospettiva sindacale è limitata e incapace di risolvere tutti i problemi della società capitalista. Ma qual è la prospettiva da adottare? In questa direzione, l’ala politica del movimento operaio troverà delle risposte, verso il 1875, nelle dottrine del socialismo, in particolare nella versione che di esso ha dato Marx.

 

  • La via politica si incontra con il marxismo.
  • Il socialismo come dottrina era già presente nel panorama del pensiero europeo, ma si riferiva soprattutto alle campagne (Babeuf). Il socialismo moderno è tale dal momento in cui comincia a occuparsi soprattutto dei problemi degli operai e delle fabbriche. Ne nasceranno varie scuole di pensiero (Owen, Fourier, Blanc), tra cui quella di Marx.
  • Inizialmente (nella prima metà dell’800), tuttavia, le scuole socialiste – tutte accomunate dalla critica al liberalismo – non sono convinte che la soluzione dei problemi degli operai passi attraverso la politica (“cosa guadagnerebbero i lavoratori da un cambiamento del nome del regime, dato che il vero problema è il cambiamento del regime della proprietà?”) e perciò esaltano il sociale (si pensi a Proudhon, che verso la metà dell’800 rimane indifferente agli avvenimenti politici francesi: Repubblica; colpo di Stato del 1851). E’ proprio da questa esaltazione del sociale che deriva il loro nome: socialismo  vs individualismo liberale, sociale vs politico, come risulta dall’analisi che essi conducono della società industriale:

 

 Problemi della società industriale

Soluzioni

 

  • dal punto di vista morale, è inaccettabile un sistema economico basato sulla libera iniziativa che produce una miseria così massiccia per tanta parte della società

 

  • dal punto di vista logico e pratico, lasciando da parte il problema morale, è insensato sostenere che il regime capitalista sia il migliore nonostante generi frequenti crisi, disastrose per l’economia e la società. Occorre trovare un modo alternativo per organizzare l’economia.

 

1) il socialismo come opposizione all’individualismo liberale:

  • bisogna rifiutare il regime economico liberale che esalta l’interesse individuale in nome dell’interesse del gruppo sociale
  • bisogna rifiutare il regime della proprietà privata dei mezzi di produzione (macchine, miniere, ecc.) perché tale appropriazione individuale permette al possessore di esercitare un dominio sugli altri

 

  • il socialismo pone l’accento sul sociale piuttosto che sul politico:

per i socialisti i miglioramenti della società non possono venire dalla politica – che vuole sostituire la repubblica alla monarchia, o il suffragio per censo con quello universale, ecc. – dato che questi sono considerati problemi minori, i quali non fanno che distogliere l’attenzione dall’essenziale, cioè dalle questioni sociali (regime della proprietà, socializzazione dei mezzi di produzione), ecc.

 

Ricordare la definizione dello storico G.D.H. Cole: “socialisti” è un termine utilizzato nel quadro delle contraddizioni sociali derivanti dalla Rivoluzione industriale ed indica, negli anni Trenta del XIX secolo, “i fautori di questo o quello dei molti sistemi <sociali> che, pure in lotta fra loro, erano uniti dalla comune avversione per l’individualismo prevalente nell’economia e per la preminenza accordata alle questioni politiche, rispetto a quelle economiche e sociali.

 

  • Se il rifiuto della politica è inizialmente (nella prima metà dell’800) comune alle scuole socialiste, gradualmente (cioè nella seconda metà del secolo: il socialismo diventerà la dottrina della classe operaia solo a partire dal 1875 circa) le cose cambieranno, fino al prevalere della dottrina di Marx (uscita vittoriosa dall’Associazione internazionale degli operai, quella che sarà nota come la Prima Internazionale), che invece ha un’impostazione chiaramente politica: “il socialismo si è politicizzato anche perché il marxismo è prevalso” (Rémond).

 

  • Perché prevale il marxismo tra le scuole socialiste? Ciò avviene essenzialmente per due ragioni:

 

  • è una dottrina di maggiore completezza, sistematicità e genialità, che non ha pari nelle altre scuole socialiste.

Riassumiamo brevemente tale dottrina, che rappresenta una visione globale dell’uomo e della storia, ovvero una filosofia (la capiremo meglio trattando il Marx filosofo):

  • L’uomo, prima di ogni altra cosa, deve soddisfare i propri bisogni per sopravvivere; deve perciò lavorare.
  • Mediante il lavoro egli si mette necessariamente in rapporto con la natura e con gli altri uomini, entrando a far parte di determinate classi sociali.
  • Marx chiama forze produttive (FP) l’insieme degli strumenti di cui l’uomo dispone per lavorare la natura (es. bastone, aratro, macchina seminatrice, ecc.); rapporti di produzione (RP) l’insieme di rapporti in cui gli uomini si organizzano per gestire le forze produttive (es. schiavitù, feudalesimo, commercio monetario, ecc.).
  • Chiarite queste componenti fondamentali della vita dell’uomo, Marx sostiene che la Storia obbedisce a due leggi:
  • a un determinato grado di sviluppo delle FP, corrispondono certi RP: es. dove l’economia è legata alla terra, si instaurano rapporti feudali, ecc.
  • i RP si mantengono fino a quando favoriscono le FP, mentre vengono distrutti quando li ostacolano: es. con l’imporsi di un’economia aperta e dinamica nell’età moderna, tendono a scomparire i rapporti feudali.

Come insegna la Storia, spesso il modo in cui tali rapporti vengono distrutti è violento: chi ha i privilegi infatti tende a non abbandonarli e perciò occorre fare la rivoluzione per portarglieli via.

  • Marx individua nella Storia 5 epoche (ciascuna caratterizzata  da un certo grado di sviluppo delle FP e, conseguentemente, da certi RP) che, in base alla legge n. 2, sono di volta in volta entrate in crisi creando le condizioni per passare all’epoca successiva:
  • la società primitiva, in cui vige il comunismo dei beni
  • la società asiatica, anch’essa fondata su forme comunitarie di proprietà
  • la società antica di tipo schiavistico
  • la società feudale, fondata sull’agricoltura e la terra
  • la società borghese-capitalista, fondata sull’accumulo del capitale
  • Quanto all’ultima epoca, quella contemporanea a Marx,  le sue contraddizioni (l’alienazione degli operai) faranno entrare in contraddizione le FP e i RP: questi ultimi non saranno più tollerati e allora il proletariato avrà il compito di unirsi (cfr. l’incipit del Manifesto del partito comunista, 1848: “Proletari di tutto il mondo unitevi!”) e di conquistare il potere attraverso la lotta di classe, tramite la quale darà vita ad una nuova epoca storica, quella comunista, in cui non vi saranno più ingiustizie e sperequazioni (à componente messianica, quasi religiosa, del Marxismo: esso promette e annuncia ai suoi seguaci l’avvento di un’epoca in cui tutte le contraddizioni dell’uomo saranno risolte).
  • Non essendovi più lotta tra gli individui e le classi, in questa nuova epoca scomparirà anche lo Stato, meccanismo repressivo funzionale agli interessi della classe sociale dominante: “Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e con i suoi antagonismi di classe, subentra un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti.” (Marx ed Engels).
  • Tuttavia – sostiene Marx – la transizione alla società senza classi non sarà immediata e anzi potrebbero verificarsi dei tentativi di riscossa delle classi dominanti estromesse dalla gestione del potere. Consapevole che la rivoluzione avrebbe richiesto dei tempi lunghi e che avrebbe suscitato delle resistenze, Marx pensava che in questo periodo di transizione politica lo Stato dovesse essere gestito interamente dal proletariato e perciò parlava di dittatura rivoluzionaria del proletariato. La dittatura del proletariato è lo strumento indispensabile a cui il proletariato deve far ricorso nel periodo della presa del potere e dello scontro finale con le classi attualmente dominanti.

Come le altre scuole socialiste, dunque, anche i marxisti sognano una società senza Stato, ma sono convinti che per arrivare a questo si debba passare attraverso lo Stato e la politica: il proletariato potrà rovesciare lo stato di cose esistente solo passando attraverso la gestione del potere. 

 

 Concetti fondamentali della dottrina di Marx

Natura

Forze produttive

1. FP à RP

5 epoche storiche

+ epoca comunista che verrà à messianismo

Uomo

Rapporti di produzione

2. RP scompaiono se vs FP

- lotta di classe

- estinzione dello Stato

- dittatura del proletariato

 

In base alla dottrina appena esposta, Marx, nel Manifesto del partito comunista, respinge:

  • sia il socialismo “reazionario” di quei pensatori che si opponevano alla società industriale idealizzando i rapporti produttivi e sociali dell’Ancien Régime, ovvero della società agraria pre-industriale e pre-capitalista; nella visione complessiva di Marx, la società dell’antico regime è invece una tappa necessaria all’instaurazione del socialismo;
  • sia il socialismo “borghese” di Proudhon, che pensava di poter giungere ad una società socialista senza eliminare i rapporti di produzione capitalistici. Secondo Marx, invece, il superamento del capitalismo è necessario per poter instaurare il socialismo;
  • sia il socialismo “utopistico” di altri pensatori (à vd. prossimo punto) che pensavano di poter instaurare il socialismo in maniera idilliaca, cioè senza la lotta di classe.

 

  • gli eventi danno ragione a Marx: il 1848 e la Comune dimostrano che Marx è nel giusto con la sua teoria della lotta di classe: le forze della conservazione (borghesia e aristocrazia) si sono coalizzate e hanno represso gli operai, che invece erano disorganizzati. E’ impossibile perciò dar credito alle dottrine ottimistiche sostenute dalle altre scuole socialiste, bollate come “utopistiche”.

 

In cosa consisteva l’ottimismo e l’utopismo delle altre scuole? Consisteva nel credere che l’accordo di tutti sarebbe stato sufficiente a cambiare la società capitalista, e che non fosse necessaria la lotta di classe. I socialisti utopisti – a parere di Marx ed Engels – erano nel giusto quando criticavano la società capitalistica, ravvisando nel contrasto tra le classi (borghesia e proletariato) le radici dei problemi e contrapponendole il modello della società futura, liberata dalle contraddizioni dello sviluppo industriale. Ma sbagliavano perché non attribuivano nessun ruolo specifico al proletariato nell’instaurazione di tale società futura: “non scorgono dalla parte del proletariato nessuna funzione storica autonoma, nessun movimento politico che le è proprio” (da Il Manifesto).

 

  • Attraverso il marxismo, il socialismo diventa un partito ed una forza politica (ciò avviene già prima del 1914), ma sarà una forza anomala rispetto alle altre e che introdurrà nuove preoccupazioni e nuovi metodi nella vita politica:

 

  • I partiti socialisti non sono, come i quelli liberali e democratici, delle forze nate e concepite all’interno delle istituzioni politiche, ma hanno un’origine esterna al Parlamento; la dottrina marxista da cui derivano ha poi una chiara valenza rivoluzionaria che preoccupa le altre forze politiche. Essi perciò incontrano molte difficoltà nel loro sviluppo (es. leggi eccezionali fatte votare da Bismarck contro i socialisti, preoccupato dalla loro avanzata); malgrado ciò si rafforzano, reclutano molti aderenti e si organizzano.
  • in nessun luogo la forza socialista partecipa all’esercizio del potere, è dappertutto una forza d’opposizione, che combatte l’ordine costituito e non è né di destra né di sinistra, non si schiera subito perché le sue origini non sono politiche; si schiererà solo quando comincerà ad avere elettori
  • la sua opposizione all’ordine costituito non è solo politica, ma di carattere globale: è un’opposizione a tutti i valori riconosciuti  “che respinge in blocco le istituzioni politiche, il regime economico, il sistema dei rapporti sociali, la morale borghese, la filosofia e la religione cui la società si richiama. Il socialismo non è solo una soluzione economica, è anche una filosofia.” Filosofia che con il trionfo del marxismo vedrà il sopravvento del materialismo, il rifiuto della religione, ecc.
  • è una forza internazionalista, schierata contro il nazionalismo e lo Stato-nazione. Il sentimento nazionale non è che un diversivo escogitato dalla società borghese per distogliere i lavoratori dalla lotta di classe (siamo sempre nel quadro di quelle considerazioni marxiste che vedono nello Stato l’espressione degli interessi della borghesia). Vi è poi anche il fatto che secondo l’instaurazione della società senza classi non sarebbe potuta avvenire in un solo paese ma a livello mondiale.

Tutto questo porta a sottolineare la seguente esigenza: “La solidarietà che lega i lavoratori al di là delle frontiere dev’essere più forte della solidarietà all’interno delle frontiere tra sfruttatori e sfruttati.” I partiti socialisti si organizzarono perciò nelle Associazioni internazionali degli operai o Internazionali, che a quell’epoca erano molto più coese che in seguito:

  • La I Internazionale non resiste alla prova della guerra franco-prussiana e si scioglie nel 1876 mentre la II (1889) è socialdemocratica nel senso il socialismo scopre di avere degli alleati a sinistra e dalla neutralità iniziale passa ad appoggiare le istituzioni democratiche (Jaurès in Francia, laburisti in Inghilterra, socialisti in paesi scandinavi, Belgio, Paesi Bassi e Germania.
  • Il carattere internazionale di questi partiti, carattere non sussidiario ma fondamentale, si rivela anche nei loro nomi: in Francia si chiama “Sezione Francese dell’Internazionale Operaia”. Tale interanzionalismo è all’origine di certe prese di posizione: 
  • lotta alla corsa agli armamenti
  • rifiuto di votare il bilancio militare e il bilancio coloniale
  • pacifismo in occasione della prima guerra mondiale.
  • Sarà proprio l’incapacità di arrestare la corsa alla guerra da parte dei socialisti, che si determinerà una svolta nel socialismo e gli spiriti più rigorosi saranno portati a rivolgersi ad una formula alternativa di socialismo, quella rappresentata dalla Russia bolscevica e dalla III internazionale o Comintern.

 

 

GLOSSARIO

 

Comunismo/socialismo

 

  • Sono due termini spesso usati come sinonimi. Per comprenderne le differenze bisogna seguirne la storia.

 

  • Antichità ed età moderna. Comunismo è un termine che ha una lunghissima tradizione e indica un tipo di società (e anche la dottrina che la sostiene) caratterizzata dalla comunione dei beni e dalla socializzazione dei mezzi di produzione. Il comunismo è stato teorizzato tante volte nelle società arcaiche o tradizionali o agrarie. Vi fu un comunismo antico (Platone) e uno moderno (Tommaso Moro, Campanella).

 

  • L’800. Socialismo è invece un termine più recente. Compare già nel ‘700, ma è relativo alle campagne (Babeuf); nella sua accezione moderna – quella che usiamo oggi – si può dire però che esso comincia a diffondersi solo negli anni Venti e Trenta dell’’800 in Inghilterra e in Francia, con un significato polemico, di contrapposizione ai valori borghesi e liberali e di esaltazione degli interessi collettivi contro quelli individuali (socialismo opposto a  individualismo); il socialismo è perciò inconcepibile senza riferirsi alla rivoluzione industriale (che ha prodotto la classe operaia con i suoi problemi e l’esigenza di una liberazione) e alla rivoluzione francese (che ha diffuso l’idea che la storia e la società sono opera di soggetti umani liberi, capaci di progettare il proprio futuro).

Nei primi decenni dell’800 si diffusero varie correnti di socialismo: Owen, Fourier, Blanc, Proudhon, Marx ed Engels; la dottrina di questi ultimi prevalse sulle altre (nella I Internazionale, ovvero l’organizzazione internazionale dei movimenti e partiti socialisti, che si riunì a Londra, 1864) e divenne la dottrina del movimento operaio. Il socialismo si diffuse perciò in tutta Europa (I e II Internazionale, Parigi 1889), mentre i partiti socialisti o socialdemocratici si formavano in tutti i paesi e contribuivano allo sviluppo della democrazia e delle condizioni di vita dei lavoratori.

 

  • La svolta: la grande guerra e la rivoluzione russa. Durante la guerra si verificò una scissione del movimento socialista internazionale perché la maggior parte dei partiti socialisti aderirono alla guerra, venendo meno ai principi del movimento (pacifismo e internazionalismo: solidarietà di tutti i proletari oltre le frontiere, il nazionalismo non è che un alibi della borghesia per distogliere i proletari dai propri interessi di classe). La crisi si aggravò dopo la Rivoluzione russa per la costituzione di un movimento comunista (che faceva riferimento al modello sovietico), organizzatosi sia nei singoli paesi, sia come Internazionale comunista (la seconda Internazionale si scisse e la corrente rivoluzionaria guidata da Lenin fondò la III internazionale o Comintern, Mosca, 1919); i socialisti costituirono a loro volta l’Internazionale operaia socialista. La polemica tra questi due movimenti si attenuò negli anni ‘30, anche per il sopraggiungere del pericolo fascista e nazista; la divisione politica tuttavia rimase e infatti il termine socialista è stato utilizzato per indicare i partiti che rifiutavano l’esperienza sovietica e aderivano ai modelli della democrazia occidentale.

 

  • Marxismo e URSS. Il termine “socialismo” viene anche usato, con riferimento alle teorie di Marx, per indicare la fase intermedia tra la vecchia società e la piena attuazione del comunismo. Collegato a quest’uso marxista è la distinzione classica tra socialismo e comunismo (vd. Rémond, vol. III, cap. intitolato  Il mondo comunista), distinzione che indica essenzialmente delle gradazioni e delle sfumature nei gradi di affermazione del comunismo nei paesi compresi all’interno del blocco sovietico (URSS); tali paesi venivano diversamente denominati secondo il loro grado di sviluppo verso il comunismo:
  • democrazie popolari: ovvero paesi in cui il comunismo è ai suoi albori
  • repubbliche socialiste: la socializzazione dell’economia è abbastanza avanzata
  • paesi comunisti: sono i paesi che hanno raggiunto la tappa finale. Stando ai pronostici del XXII Congresso del partito comunista dell’URSS, che si tenne nel 1960 , il paese più avanzato dell’URSS in questa direzione era la Russia, che avrebbe raggiunto il comunismo nel 1980.

 

Il mondo borghese

 

  • Società borghese e movimento operaio

 

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Schema riassuntivo: Società borghese e movimento operaio

 

  • Al conservatorismo politico che caratterizza il ’48, fa riscontro nel ventennio successivo un profondo mutamento sociale che vede l’ascesa della borghesia. Caratteristiche, aspirazioni, gusti di questa classe sociale.
  • Al conservatorismo politico che caratterizza il ’48, fa riscontro nel ventennio successivo un profondo mutamento sociale che vede l’ascesa della borghesia.

 

  • Questa classe sociale, anche se attraversata da notevoli differenziazioni al suo interno, è portatrice di uno stile di vita e di precisi valori sostanzialmente unitari:
  • la fede nel progresso, che sul piano filosofico si traduce nel positivismo ed il cui rappresentante più importante fu Darwin

 

  • Tutto ciò si inquadra nel generale sviluppo economico che si ebbe alla fine degli anni ’40, superata la crisi del 1846-48.  L’economia europea conobbe infatti un notevole sviluppo economico che alcuni storici definiscono la seconda fase della prima rivoluzione industriale, caratterizzata da
  • sviluppo dei settori siderurgico e meccanico
  • rimozione dei vincoli giuridici e l’affermarsi del libero scambio
  • sviluppo e diffusione dei nuovi mezzi di trasporto (navi a vapore e ferrovie)
  • sviluppo delle comunicazioni (telegrafo)

 

  • Conseguenze di queste trasformazioni nel settore delle comunicazioni sono:
  • l’affermarsi di un mondo più unito
  • il cambiamento del volto delle città, meglio collegate e perciò sempre più grandi e complesse (con connessi problemi abitativi per i ceti meno abbienti)

 

  • Lo sviluppo di questi anni non tocca però l’agricoltura europea, che restava il settore in cui era impiegato il grosso della popolazione attiva. Le condizioni disagiate dei contadini determinano un aumento dell’emigrazione

 

  • Nello stesso periodo (è il momento della "seconda rivoluzione industriale"), la classe operaia comincia a sviluppare una coscienza della propria condizione: dal cartismo al socialismo scientifico di Marx. Nel 1864 nasce la Prima organizzazione internazionale dei lavoratori (Prima Internazionale), che sarà caratterizzata dal contrasto tra Marx e Bakunin.

 

  • Non meno dure di quelle dei contadini erano le condizioni degli operai nelle fabbriche, che però vivevano a stretto contatto tra loro e perciò poterono sviluppare meglio una coscienza di classe che favorì la nascita delle prime associazioni operaie:
  • in Gran Bretagna: dopo il fallimento del cartismo (1837-48: un programma di riforme democratiche), si diffondono le Trade Unions (anni ’50 e ’60), organizzazioni sindacali di mestiere; e poi, nel 1868,  venne fondato il Trade Unions Congress, organo sindacale di collegamento tra i vari sindacati di mestiere, che riuniva tutti i delegati delle Trade unions e fu la base del futuro movimento operaio britannico
  • in Germania: il leader è Lassalle, che credeva nella possibilità per i lavoratori di conquistare lo stato borghese e di trasformarlo dall’interno
  • in Francia: si diffonde l’anarchismo di Proudhon (avverso a ogni forma di collettivismo), che è tipico dei paesi in cui proletariato di fabbrica è meno sviluppato
  • in Italia: diffusione dell’anarchismo, come in Francia, con Pisacane e Ferrari; diffusione delle idee di Mazzini, che sostiene l’associazionismo ed è avverso ad ogni forma di lotta di classe e di collettivismo

 

  • La teoria socialista assunse con l’opera di Marx il carattere di “teoria scientifica”; successivamente, il marxismo si sarebbe affermato come dottrina ufficiale del movimento operaio. I cardini del socialismo scientifico di Marx sono i seguenti:
  • Marx individua nella Storia sei epoche, scandite dallo sviluppo delle tecniche produttive, che secondo Marx sono il fattore determinante di un certo periodo storico (il fattore economico è più importante rispetto a quello politico, culturale, religioso ecc.: tutte queste dimensioni sono riconducibili e si spiegano con il grado di sviluppo economico di una certa società):

1-Società primitiva (comunismo)

2-Società asiatica (forme di comunismo)

3-Società antica (schiavistica)

4-Società feudale (agricoltura)

5-Società borghese-capitalistica (accumulo del capitale, quella in cui vive Marx)

6-Società socialista (che si instaurerà dopo la rivoluzione comunista)

  • La società borghese nasce dallo sfruttamento degli operai da parte dei capitalisti che possiedono i mezzi di produzione e riducono quasi in schiavitù gli operai sfruttandoli. Essi corrispondono agli operai solo il minimo vitale e trattengono tutto ciò che il loro lavoro produce in più (plusvalore) per accumulare il capitale necessario a tenere in vita l’industria.
  • La scoperta di Marx è che tale rapporto di sfruttamento tra padroni e operai non è dovuto a fattori accidentali ma è necessario affinché l’industria si sviluppi: per avere l’industria - con le sue grandi dimensioni, con i suoi mezzi e ritmi produttivi – ci vuole accumulo del capitale (per comprare macchine, ecc.) e questo può aversi solo se i padroni espropriano le masse lavoratrici di gran parte dei frutti del loro lavoro.
  • Arrivati tuttavia a un certo grado di sviluppo della società capitalistica, lo sfruttamento degli operai non sarà più necessario e allora gli operai stessi potranno “collettivizzare” i mezzi di produzione, cioè impadronirsi delle fabbriche, gestire la produzione e rovesciare la società capitalista in quella collettivista o socialista. Il rovesciamento avverrà con la rivoluzione (vi è dibattito tra gli studiosi sul fatto che Marx ritenesse la rivoluzione violenta l’unica forma possibile di rovesciamento della società capitalistica) e con una fase di dittatura da parte del proletariato che assumerà il potere per gestire la transizione al socialismo.

 

  • Nel 1864 venne fondata la Prima associazione internazionale dei lavoratori o Prima internazionale, che aveva come scopo la collaborazione internazionale e la conquista del potere politico da parte del proletariato. Le opposizioni dei governi che vedevano nell’Internazionale una minaccia di sovversione sociale ne determinarono lo scioglimento nel 1870; inoltre, le divergenze di vedute tra le varie correnti presenti in questa associazione determinarono continue rifondazioni del suo statuto. Si contano in effetti quattro Internazionali (vd. riquadro). La prima fu caratterizzata dalla lotta tra le varie correnti del socialismo, in particolare tra i marxisti e gli anarchici, ovvero tra Marx e Bakunin.

Tre le principali differenze tra Bakunin e Marx:

  • Secondo Bakunin l’ostacolo principale alla trasformazione della società in senso favorevole ai lavoratori non era costituito dai rapporti di produzione capitalistici (di cui parlava Marx), ma dallo Stato e dalla religione. Per Marx, invece, Stato e religione (strumenti di dominio delle classi più alte su quelle inferiori: la religione è l’oppio dei popoli) sono dei prodotti della struttura economica capitalistica: se non si trasforma quest’ultima in senso socialista, non si possono eliminare né Stato né religione.
  • Sempre secondo Bakunin, abbattuto lo Stato, il sistema di sfruttamento basato sulla proprietà privata sarebbe caduto spontaneamente senza passare per la fase della dittatura del proletariato di cui parlava Marx.
  • Secondo Marx il soggetto della rivoluzione è il proletariato, secondo Bakunin invece sono le masse diseredate in quanto tali, senza distinzione tra contadini e operai.

Tutto questo ci fa capire come l’anarchismo attecchì soprattutto in paesi non molto industrializzati (ad es. in Italia: si ricordi che alcuni attentatori anarchici alla vita di sovrani erano anarchici), che perciò non conoscevano un vero e proprio sistema di produzione capitalistico. Bakunin infatti quando pensava alla rivoluzione ne vedeva come protagonisti le masse diseredate e non il proletariato.

 

  • Accanto a Marx e a Bakunin un’altra figura da ricordare è quella di Georges Sorel (1847-1922), che teorizzava il sindacalismo rivoluzionario: solo grazie al sindacato si può ottenere una trasformazione dei problemi degli operai. Lo sciopero generale è lo strumento da utilizzare nella lotta. Egli teorizza anche l’uso della violenza (cfr. la sua opera Riflessioni sulla violenza).

 

  • Va inoltre ricordato che le teorie di Marx, pur ottenendo un grandissimo successo fino a diventare il punto di riferimento più importante per il movimento operaio, vennero criticate da vari pensatori tra i quali Eduard Bernstein (1850-1932), teorico del revisionismo: egli proponeva una revisione delle teorie di Marx alla luce del miglioramento delle condizioni dei lavoratori che si erano verificate nella società capitalistica, cosa non prevista da Marx.

Dalle riflessioni di Bernestien e di altri intellettuali nacque all’interno del movimento operaio la corrente riformista che raccoglieva coloro che sostenevano graduali riforme anziché la rivoluzione propugnata dalla corrente opposta, quella dei massimalisti. Per decenni poi il termine riformismo diventerà sinonimo di socialdemocrazia ovvero di un socialismo democratico che accetta il sistema capitalistico e accetta anche lo Stato (che non vuole rovesciare mediante la rivoluzione) aspettandosi da esso un intervento regolatore nella distribuzione della ricchezza.

 

  • Di fronte ai nuovi problemi della società moderna (nuove classi sociali, nuove idee: liberalismo, comunismo, ecc.), il mondo cattolico reagì in due modi:
  • da una parte esso assunse un atteggiamento di dura condanna:
  • esce un documento pontificio emanato da Pio IX, il Sillabo (1864), cioè l’“elenco degli errori del secolo”: la lista degli errori andava dal socialismo al comunismo, dall’illuminismo, al liberalismo, alla laicità dello stato, alla sovranità popolare, ecc.

Sarà solo alcuni decenni dopo che il pontefice Leone XIII, con l’enciclica Rerum novarum (1891), affronterà per la prima volta i problemi degli operai rifiutando l’abolizione della proprietà privata ed il principio della lotta di classe teorizzati dai marxisti, ma augurandosi una maggiore collaborazione tra padroni e operai, ai quali doveva essere corrisposta una “giusta mercede”, cioè un’equa ricompensa, senza essere sfruttati.

  • 1870, Pio IX proclama il dogma dell’infallibilità pontificia
  • dall’altro si fece promotore, con i movimenti cristiano-sociali, di un intervento dello Stato a favore dei lavoratori e di un associazionismo cattolico: nascita di unioni di mestiere, cooperative, casse rurali e artigiane.

 

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Le quattro Internazionali comuniste

 

  • Prima internazionale: Londra 1864: contrasto tra Marx, da una parte, e i seguaci di  Proudhon e Bakunin, dall’altra. Ne esce vincitore Marx.
  • Seconda internazionale: Parigi 1889: afferma l’esigenza che nascano partiti socialisti nei singoli paesi. Entra in crisi con la Prima guerra mondiale: il comunismo è internazionalista, ma a causa della guerra prevalgono gli interessi nazionali in molti partiti.
  • Terza internazionale o Comintern: Mosca 1917, fondata da Lenin durante la rivoluzione, esalta la rivoluzione mondiale, in opposizione alla socialdemocrazia; si indebolirà con l’affermazione dei fascismi, cui l’Internazionale cercherà di rispondere con i Fronti popolari.
  • Quarta internazionale, Parigi 1938, fondata da Trotzski, ebbe scarso seguito nel movimento operaio.

 

I grandi fatti da ricordare nello sviluppo dell’economia dell’età contemporanea

  • la rivoluzione industriale (la prima fase va dal 1780 al 1870): determina una trasformazione radicale rispetto al passato nella produzione e nella distribuzione delle merci, grazie all’introduzione delle macchine nella lavorazione dei prodotti. Si parla di una nuova fase del capitalismo (il capitalismo industriale) che succede al capitalismo commerciale che si era sviluppato in Europa a partire dalla fine del Medioevo.
  • 1780-1870:  I rivoluzione industriale (ferro e carbone)
  • 1870-1950: II rivoluzione industriale (petrolio, elettricità, acciaio, chimica; trust, holdings e cartelli; taylorismo e fordismo)
  • 1950-oggi: III rivoluzione industriale (informatica, astronautica; toyotismo)
  • crisi economiche ricorrenti nell’economia capitalistica: la prima si registra tra il 1873 e il 1896; è la prima crisi globale del capitalismo, dovuta ad una sovrapproduzione e quindi ad un eccesso di offerta, provocata dal progresso tecnologico e dall’esigenza di essere sempre più competitivi (cosa, quest’ultima, che implica un aumento dei ritmi di produzione nell’unità di tempo per ridurre i costi dei prodotti).

Vari economisti hanno cercato di individuare delle regolarità nel prodursi di queste crisi economiche ricorrenti, evidenziando degli intervalli di tempo (cicli economici) all’interno dei quali si alternano fasi di espansione e fasi di recessione: Jevons (1835-82), per primo, ha elaborato una teoria secondo la quale esistono dei cicli economici di circa 10 anni ciascuno; Kondratev (1892-1930) ha individuato dei cicli più lunghi (60 anni);  Schumpeter (1883-1950) ha parlato di intervalli ancora più lunghi (1787-1842; 1842-1897).

Crisi nel sistemao crisi del sistema capitalistico? La presenza di queste crisi economiche, ha fatto sorgere, fin dai primi anni in cui esse si sono manifestate, un dibattito tra i fautori del capitalismo, che le vedono come un fattore fisiologico ineliminabile nel suo funzionamento (crisi nel sistema) e gli avversari del capitalismo, che invece le  considerano come il sintomo più evidente del suo fallimento (crisi del sistema).

  • la crisi finanziaria del 1929: al martedì nero di Wall Street (29 ottobre 1929) viene associato l’inizio della Grande Depressione che colpì gli Usa per tutti gli anni Trenta (con particolare gravità fino al 1932) e che si propagò a tutti i paesi più industrializzati. Fu una crisi finanziaria che affondava le sue radici nella saturazione del mercato da parte di beni di consumo durevoli e nella contrazione delle esportazioni americane verso l’Europa dovute alla ripresa del continente nel periodo successivo alla Grande guerra.
  • la pianificazione economica in URSS: al sistema economico capitalistico, nell’URSS degli anni ’20, si contrappose il sistema economico collettivistico basato sul controllo da parte del governo della produzione, dei consumi e dei redditi. Presupposto della pianificazione era che il sistema economico, lasciato all’iniziativa dei singoli individui (vd. liberismo economico: “la mano invisibile” che regola il mercato ecc.),  non fosse in grado di raggiungere obiettivi di carattere collettivo (ad es. costruzione di armamenti, ecc. utili alla collettività).  L’esperienza collettivistica dei paesi dell’est nel ‘900 ha dimostrato che essa può produrre elevati ritmi di crescita (ad es. l’URSS di Stalin divenne in poco tempo una grande potenza industriale in grado di competere col resto del mondo), ma non è sufficiente a garantire l’efficienza economica (ad es. si verificano difficoltà di approvvigionamento di certe merci; i consumi a livello individuale vengono penalizzati, ecc.). Ciò ha suggerito la reintroduzione di forme di decentramento economico e di profitto.

Uno dei primi esempi di economia collettivistica fu il comunismo di guerra immediatamente successivo alla rivoluzione russa del 1917, che venne presto interrotto dalla NEP, una forma di economia che reintroduceva forme di libero mercato. Ma sicuramente l’esempio più importante fu la politica economica dei piani quinquennali nell’URSS di Stalin, che portò il paese a diventare una grande potenza a livello mondiale.

  • la crisi del petrolio negli anni ’70; tra il 1973 ed il 1979 si verificano i cosiddetti “chock petroliferi”: Le conseguenze della guerra dello Yom Kippur (1973) e la rivoluzione iraniana (1979) crearono forti difficoltà di approvvigionamento energetico in tutto il mondo industrializzato. Sono gli anni dell’austerity: politiche di risparmio che prevedono misure come la limitazione della circolazione delle auto durante i giorni festivi, ecc.
  • 1997: crisi finanziaria asiatica (le “tigri” in declino). La crisi finanziaria che colpì le cosiddette “tigri asiatiche” (Tailandia, Corea del Sud, Indonesia, Singapore e Hong Kong:  paesi interessati da un notevole e rapido sviluppo economico), portò a una recessione in quest’area, bloccando il forte tasso di crescita di questi Paesi.
  • la globalizzazione: negli ultimi anni del ‘900 gli studiosi e gli economisti ricorrono sempre più spesso a questo termine per indicare il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti, il cui effetto è una stretta interdipendenza economica e culturale tra i vari Paesi del mondo. L’interdipendenza si avverte in molti modi: ad es., nella circolazione a livello planetario dei prodotti e dei modelli di consumo (es.  la Coca Cola), ma anche nella delocalizzazione della produzione che viene distribuita nelle zone meno sviluppate del pianeta dove i costi sono minori per le aziende, ecc.

 

Società nel Duecento e nel Trecento

 

La filosofia delle scuole cristiane. Razionalisti e mistici

Tra l’XI e il XII secolo la filosofia Scolastica dibattè i problemi dell’uomo e del suo rapporto con Dio.

Ci fu infatti la riscoperta di Aristotele, grazie alla conoscenza delle interpretazioni arabe(Averroè) e ai contatti più frequenti con il mondo bizantino. La chiesa affido a S.Tommaso d’Aquino il compito di cristianizzare Aristotele(Summa teologica 1269-1273). Tuttavia la Teologia era considerata la più alta disciplina, mentre tutte le altre le erano subordinate(ancillae theologiae). Oltre ai Razionalisti c’erano poi i mistici che consideravano la conoscenza come un’illuminazione divina culminante nell’estasi della visione di Dio.

 

La vita religiosa: riformatori ed eretici

Per quanto riguarda la religiosità in questo periodo si riscontra un gran numero di movimenti riformatori e di eresie, di fronte ai quali la chiesa si mosse sul piano della repressione, ma anche su quello dell’assimilazione. Alcuni di questi, contro i quali la Chiesa si mosse duramente furono il valdaismo(predicazione e povertà), i Fratelli Apostolici(Chiesa rinnovata, società pacifica, comunione dei beni), i catari(contesa tra Dio e Satana), e anche i Fratelli del libero Spirito, i begardi, le beghine e i flagellanti. Tuttavia a volte la Chiesa assimilo dei dissensi, come avvenne con il riconoscimento degli ordini monastici dei Francescani e Domenicani. Dopo questa fase l’eresia medioevale cadde progressivamente.

 

La vita religiosa: gli ordini mendicanti.

I Domenicani e i Francescani dimostrarono che si poteva essere autenticamente cristiani senza uscire dalla chiesa.  L’Ordine dei Domenicani,fondato dal sacerdote castigliano Domenico de Guzmàn, fu approvato nel 1216 e la loro regola imponeva povertà,astinenza e digiuni. Furono domenicani anche S.Tommaso d’Aquino e sant’Alberto Magno.

L’Ordine francescano(frati minori), fondato da S.Francesco d’Assisi, fu approvato nel 1223. Era profondamente diverso dal primo ordine poiché si basava sulla letizia, che si raggiunge vivendo umilmente e riconoscendo gli uomini come fratelli. La povertà era un dono e il lavoro un dovere. Oltretutto gli adepti vivevano in perfetta uguaglianza(fraternitas). È per questi principi, che esprimevano un tacito rimprovero alla Chiesa, che la Curia romana manifesto molte perplessità nei confronti dell’Ordine.

I conventi domenicani e francescani si diffusero rapidamente in tutta Europa.

La dissoluzione della scolastica. Nuove dottrine politiche

Mentre Tommaso cristianizza Aristotele, prima i francescani Bonaventura e Ruggero Bacone, e più tardi anche Duns Scoto e Guglielmo di Occam, con le loro  argomentazioni abbattevano le basi del sistema culturale medievale. Già Dante sostituisce la subordinazione alla coordinazione tra Stato e Chiesa. Addirittura Marsilio da Padova, un intellettuale aristotelico quasi contemporaneo di Dante, teorizza la priorità dello Stato.

 

 

Il ritorno alla cultura classica: il primo Umanesimo

Preumanesimo e Umanesimo possono essere considerati come la cultura congeniale alla borghesia. Infatti, nel XIII e il XIV, l’elites della società in trasformazione ritrovò nei principi del mondo classico, mai totalmente perduto, la propria realtà, come ad esempio il senso delle lotte contro il feudalesimo, l’Impero e il Papato. Oltretutto più tardi si formerà anche il cattivo costume degli umanisti”(Tateo), ovvero la frattura tra l’elites dotta, alla riscoperta del mondo classico, e la restante parte che era la base sociale.

 

Le scuole sociali, le scuole episcopali, le università

Poiché esistevano solo le scuole presso le chiese cattedrali e le scuole monastiche, si sentì il bisogno di creare nuovi centri di insegnamento nelle grandi città: gli studia o scuole episcopali(poiché ancora sotto il controllo del vescovo). Col tempo studenti e professori, per rendersi autonomi, stabilirono le condizioni delle nuove universitates studiorum, comunità di studenti e professori che furono l’esempio delle più grandi università(Bologna e Parigi).

 

Fonte: http://digidownload.libero.it/davide.cantoni/Filosofia%20e%20storia/Storia%20CONTEMPORANEA.zip

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