rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto

 


 

rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

 

rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto

 

La rivoluzione francese e l’età napoleonica

 

Un paese prevalentemente agricolo

Nel 1774, all’età di vent’anni, Luigi XVI divenne re di Francia. Intorno al 1780, la Francia era in piena espansione economica e l’80% della popolazione era composto di contadini. I grandi proprietari terrieri, soprattutto nobili, erano gli unici che riuscivano a trarre ricchezza dalla campagna, con la vendita dei loro prodotti; la maggior parte della popolazione, invece, non produceva per il mercato, ma per il consumo personale.


I contadini francesi

Consistenza numerica

Accesso alla proprietà terriera

Capacità produttiva

Costituiscono l’80% della popolazione globale

Possiedono poderi di piccole dimensioni

Producono per la propria sussistenza, non per il mercato

 

Una società basata sul privilegio

Il regno di Francia era una monarchia assoluta: il sovrano non divideva il potere con nessuna istituzione. L’Assemblea degli Stati Generali, che veniva convocata solo per approvare l’introduzione di nuove tasse, non funzionava più dal 1614. L’espressione Assemblea degli Stati Generali derivava dal fatto che essa radunava i rappresentanti dei tre ordini o stati: il clero, la nobiltà e il Terzo stato (coloro che lavorano). Si trattava di una società piramidale, organizzata in modo diseguale e gerarchico, dove due gruppi godevano di grandi privilegi, mentre la larga base formata dal Terzo stato era priva di qualsiasi vantaggio.
La società contemporanea è articolata in classi sociali e non in stati. Sotto questo profilo essa è figlia della Rivoluzione francese, il cui lascito più duraturo è proprio la cancellazione della società strutturata per ordini e la sua sostituzione con una società articolati per classi sociali. Una classe sociale è, in effetti, un gruppo della società i cui membri hanno in comune un determinato livello, più o meno elevato, di ricchezza, che può aumentare o diminuire. Uno stato, al contrario, è una categoria che raggruppa individui caratterizzati dal fatto di possedere (clero e nobiltà), oppure di non possedere (Terzo stato) determinati privilegi. Così il grande mercante e il povero contadino appartenevano entrambi al Terzo stato, mentre l’arcivescovo di una grande città e il semplice sacerdote all’ordine del clero.

 


Ancien Régime e società moderna a confronto

Ancien Régime (società strutturata per ordini)

Società moderna (società strutturata per classi)

Alcuni sudditi godono di privilegi specifici, negati agli altri

Tra i cittadini esistono notevoli differenze quanto alla ricchezza posseduta

I sudditi sono trattati dallo stato in modi diversi, a seconda dell’ordine in cui si trovano

I cittadini sono tutti uguali davanti allo stato: possiedono uguali diritti ed uguali doveri

Ogni ordine comprende individui diversissimi tra loro quanto a ricchezza posseduta

Una classe sociale comprende individui che possiedono un’analoga quantità di richezza

 

I gruppi privilegiati

La popolazione intorno al 1780

Stati

Numero di persone

Clero

150 000

Nobiltà

350 000

Terzo Stato

24 500 000


Il principale privilegio del clero era l’esonero dal pagamento di imposte sulle proprietà fondiarie; inoltre ogni francese doveva versare ogni anno al proprio parroco una parte del proprio reddito (decima).
Anche la nobiltà aveva il privilegio di non pagare imposte sulla terra . Un secondo privilegio era legato alla modalità di trasmissione ereditaria dei patrimoni: per evitare che le grandi tenute fossero spezzate la proprietà era trasferita integralmente al maschio primogenito, il quale a sua volta si impegnava a non venderne nessuna porzione. Si poneva il problema per i figli che restavano privi di eredità (cadetti), ai quali erano quindi riservate importanti carriere nel servizio militare (o amministrazione dello stato) o nel mondo ecclesiastico: tutti i vescovi e abati dei principali monasteri francesi (alto clero) erano di origine nobiliare, così come tutte le più alte cariche dell’esercito e dello stato. L’aristocrazia godeva di un altro notevole vantaggio (anche questo di origine medievale): la signoria bannale. Si trattava di un potere giurisdizionale esercitato da grandi possessori terrieri anche su persone e beni non appartenenti al proprio patrimonio fondiario. In pratica tutti i contadini della zona finivano per essere servitori del nobile ed erano obbligati a versare tributi in denaro, in cambio dei quali potevano utilizzare alcuni strumenti essenziali di cui il signore deteneva il monopolio (torchio per il vino, forno, mulino). Nessuno poi poteva vendere il vino se prima il signore non aveva venduto tutto il proprio, o far figliare animali senza ricorrere al toro o al verro (maiale da riproduzione) del signore. Infine il signore, in casi eccezionali, poteva anche richiedere una tassa straordinaria (detta taglia).
Nel Settecento, però, questi privilegi dei nobili trovano un certo limite nella monarchia assoluta, la quale si arroga tutti i poteri politici e giudiziari, pertanto il re era una figura amatissima dai sudditi, che guardavano al sovrano come al loro protettore dagli abusi dei signori locali.


Gli ordini privilegiati

Privilegi del clero

Sacerdoti e religiosi non pagano imposte sulla proprietà fondiaria e percepiscono decimi dai fedeli

Privilegi della nobiltà

I nobili non pagano imposte sulla proprietà fondiaria, hanno il monopolio delle cariche più prestigiose (civili, militari, ecclesiastiche) e percepiscono tributi dai contadini

 

La convocazione degli Stati Generali

Nel 1786 gravava sulla Francia un pesantissimo deficit economico dovuto al dispendio di risorse per l’appoggio alle colonie americane nella loro guerra di indipendenza contro l’Inghilterra. Per colmare il pesantissimo deficit era necessario procedere ad una riforma fiscale che colpisse tutte le terre senza eccezione (anche quelle dei ceti privilegiati). Con l’obiettivo di opporsi a questi tentativi di riforma (tra il 1774 e il 1788 quattro ministri delle finanze vi si cimentarono: Turgot, Necker, Calonne, Lomenie de Brienne), gli aristocratici pretesero e ottennero che il sovrano convocasse gli Stati Generali. L’8 agosto 1788, il re accettò di convocare gli Stati Generali. Benché questa convocazione fosse richiesta dalla nobiltà, ben presto il processo le sfuggì di mano e l’iniziativa passò alla borghesia, che faceva parte del Terzo stato.

 

Il Terzo stato

Il Terzo stato comprendeva l’insieme di tutti coloro che non erano né sacerdoti, né aristocratici, ovvero il 98% della popolazione. La grande maggioranza era composta da contadini più o meno poveri, ma vi erano anche grandi mercanti, imprenditori e artigiani, liberi professionisti colti (avvocati, notai, medici…) e semplici garzoni di bottega. Tutti accomunati dal non godere alcun privilegio, ovvero dal dover versare tutte le imposte che lo stato chiedeva loro e pertanto nutriti da un certo rancore nei confronti dei gruppi privilegiati.
Non appena il sovrano ebbe convocato gli Stati Generali, nelle principali città francesi sorse un grande movimento d’opinione, per chiedere che il numero dei delegati del Terzo stato fosse doppio rispetto a quello dei nobili e del clero (fino al 1641 ogni gruppo mandava a Parigi un egual numero di delegati). Luigi XVI accolse la richiesta di raddoppiamento, pensando così di limitare la forza dell’aristocrazia.

 

L’Assemblea nazionale

Nella fase preparatoria, durante la quale dovevano essere eletti i rappresentanti del Terzo stato, si tennero animati dibattiti nel corso dei quali i francesi potevano elencare i motivi del loro malcontento ed esporre al re le loro rimostranze nei cahiers de doléances.
Il 5 maggio 1789, Luigi XVI aprì i lavori degli Stati Generali a Versailles: vi erano 561 deputati del Primo (291) e Secondo stato (270), contro i 578 del Terzo stato. Tra i deputati del Terzo stato non c’era alcun rappresentate dei contadini, artigiani e operai; vi erano invece banchieri, ricchi commercianti, imprenditori, grossi proprietari terrieri e avvocati (il gruppo più numeroso). Una simile situazione non garantiva ancora un vantaggio politico del Terzo stato, perché le votazioni erano tradizionalmente effettuate per ordine, e in genere nobili e clero votavano congiuntamente, visto che avevano interessi comuni. I deputati del Terzo stato (ispirati da Sieyès, autore del libro Che cos’è il Terzo stato?) richiesero allora che la votazione avvenisse per testa, in un’unica camera. Il re tuttavia non acconsentì e anche i nobili rifiutarono nettamente di discutere la questione. I deputati del Terzo stato allora decisero di passare all’offensiva: il 17 giugno 1789 dichiararono che, da soli, essi rappresentavano l’intera nazione (anche qui ispirati dalle idee di Sieyès) e decisero di definire se stessi “Assemblea nazionale”. La sala in cui questa Assemblea nazionale doveva riunirsi venne subito chiusa, così il giorno 20 giugno i deputati del Terzo stato si riunirono in una palestra in cui si giocava un gioco simile al tennis, la pallacorda, e pronunciarono un solenne giuramento: non limitandosi più a chiedere il voto per testa, si impegnarono a non separarsi fino a quando non fossero riusciti a dare alla Francia una nuova Costituzione. Le rivendicazioni del Terzo stato furono appoggiate anche da alcuni membri degli altri due ordini: la maggioranza dei deputati del clero e una cinquantina di nobili si unirono all’Assemblea nazionale. Il 27 giugno, Luigi XVI decise di scendere a patti e invitò tutti i delegati ad unirsi al Terzo stato, per deliberare in seduta congiunta.

 

La presa della Bastiglia e la rivolta contadina

Il re, tuttavia, non aveva ancora accettato pienamente la sconfitta e il 14 luglio ordinò ad alcuni reggimenti fedeli di marciare su Parigi per restaurare l’ordine, dopo che nella capitale la popolazione affamate si era ribellata per protestare contro l’aumento del prezzo del pane. Quando si diffuse la voce che truppe fedeli al re stavano marciando su Parigi, la città esplose in un grande tumulto e una folla di manifestanti diede l’assalto alla Bastiglia, la grande fortezza-prigione in cui venivano rinchiusi i nemici del re. La folla irruppe nella fortezza, uccise il comandante e ne portò la testa in giro per Parigi.
Negli stessi giorni, anche nelle campagne scoppiarono gravi disordini: gli insorti attaccavano i castelli dei nobili e bruciavano gli archivi in cui i signori conservavano memoria dei diritti feudali. In altre regioni si diffuse il fenomeno della “Grande Paura”: i contadini si armavano per respingere dei briganti immaginari, ritenendo che vi fosse in atto una congiura dei nobili con la complicità di poveri e vagabondi, e se la prendevano con gli intendenti, gli esattori, i funzionari reali, ecc., oppure assaltavano e bruciavano i castelli, spesso uccidendo gli occupati.
Nella notte fra il 4 e il 5 agosto 1789 l’Assemblea nazionale decise di venire incontro ad alcune delle rivendicazioni dei contadini: i diritti sulle persone e sulle decime vennero soppressi senza riscatto, i diritti reali (cioè sulle cose) vennero aboliti con riscatto; inoltre gli impieghi pubblici furono aperti a tutti i cittadini. Questi provvedimenti significavano la fine dell’Ancien Régime, ovvero la cancellazione della tradizionale società trinitaria basata sul privilegio.

 

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino

Il 26 agosto 1789, l’Assemblea nazionale, incaricata di stendere la nuova Costituzione, ne approvò il prologo, ovvero la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in cui venivano espressi i concetti di libertà e di uguaglianza. L’Art. 1 afferma che gli uomini nascono liberi e uguali nei diritti; l’Art. 6 afferma che tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla Legge; l’Art. 17 definisce la proprietà un diritto inalienabile .

 

L’attività legislativa dell’Assemblea costituente

Il 6 ottobre 1789, un’immensa folla di popolani parigini obbligò il re a trasferirsi da Versailles a Parigi; anche l’Assemblea nazionale si trasferì nella capitale. Il principale problema che l’Assemblea doveva affrontare era quello finanziario (che aveva causato la convocazione degli Stati Generali). Il 2 novembre 1789 venne presa la decisione di confiscare e nazionalizzare tutte le terre del clero; il 13 febbraio 1790 si ordinò lo scioglimento di tutti gli ordini religiosi non dediti all’assistenza o all’insegnamento e il 12 luglio fu approvata la Costituzione civile del clero, che sottoponeva l’attività dei sacerdoti al controllo statale e istituiva l’elezione dei parroci e vescovi. I membri del clero furono obbligati a giurare fedeltà a tale Costituzione. Il papa si pronunciò pubblicamente contro i nuovi provvedimenti. Solo sette vescovi giurarono fedeltà al nuovo stato rivoluzionario, mentre nel basso clero circa la metà dei sacerdoti aderirono e furono chiamati preti giurati o costituzionali, gli altri vennero detti preti refrattari.

 

La Costituzione del 1791 e la nascita della monarchia costituzionale

Nel giugno 1791, il re cercò di fuggire all’estero, ma non vi riuscì e Il 13 settembre fu costretto ad accettare la nuova Costituzione elaborata dall’Assemblea. Essa prevedeva tra le altre cose: 1) la separazione dei poteri (dottrina ispirata da Locke e Montesquieu), il potere legislativo ad un’unica Camera, quello esecutivo al re e al governo, quello giudiziario a un corpo di magistrati eletti dal popolo; 2) l’abolizione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle minoranze religiose. Nonostante questi elementi di continuità con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, vi erano anche elementi di contraddizione, come la negazione del diritto di voto ai non abbienti (sistema elettorale basato sul censo) e il mantenimento della condizione di schiavitù nelle colonie francesi.
Per contrastare questa impostazione non democratica (sistema censitario) a Parigi sorsero numerose associazioni politiche (club), come i giacobini di Maximilien Robespierre e i cordiglieri di Georges Danton e Jean-Paul Marat. Inoltre la nuova Costituzione trovò l’opposizione di alcune donne colte, sostenitrici dell’eguaglianza fra i sessi, fra le quali si distinse soprattutto Olympe de Gouges (poi ghigliottinata).

 

L’inizio della guerra

Gli eventi della Rivoluzione francese misero in apprensione i sovrani europei. Fu, tuttavia, la Francia stessa ad aprire le ostilità con l’imperatore d’Austria, presso il quale si era rifugiata la maggio parte dei nobili emigrati (i più accesi sostenitori della guerra erano i girondini, mentre Robespierre e i giacobini tentarono inutilmente di opporvisi). La dichiarazione di guerra fu approvata il 20 aprile 1792. Il re, fin dal luglio 1791, in una lettera indirizzata a suo cognato, l’imperatore d’Austria Leopoldo II, aveva dichiarato che si considerava “prigioniero a Parigi” e sperava in una pesante sconfitta militare che avrebbe riportato l’ordine in Francia, schiacciando definitivamente la Rivoluzione.

 

Il colpo di stato del 10 agosto 1792

Il 10 agosto 1792, al municipio di Parigi, la vecchia amministrazione venne sostituita da una nuova municipalità, denominata Comune. Si trattava di un organismo istituzionale finalizzato a difendere Parigi da ogni pericolo controrivoluzionario (dei nobili, del re o dei nemici stranieri). La Comune era sostenuta soprattutto dai sanculotti (sans culottes, senza brache), ovvero popolani così chiamati perché non indossavano i raffinati pantaloni e le pregiate calze di seta, tipiche dell’abbigliamento di ricchi e nobili. La maggioranza dei sanculotti era formata da bottegai, artigiani e commercianti, che non erano poveri, ma erano esclusi dal pieno godimento dei diritti elettorali e quindi erano scontenti della Costituzione del 1791. Il 10 agosto 1792 i sanculotti diedero l’assalto al palazzo delle Tuileries, dove risiedeva la famiglia reale . Luigi XVI fu catturato e portato di fronte all’Assemblea legislativa, la quale decretò la sospensione della monarchia e indisse nuove elezioni a suffragio universale maschile: la Francia divenne una Repubblica.
Al fronte, intanto, la situazione si fece drammatica dopo la caduta di Verdun (nella Francia nord-orientale), l’ultima piazzaforte che separava i prussiani da Parigi. La Comune fu costretta a organizzare in fretta un’armata di 30 000 parigini. Il 20 settembre, l’esercito francese si scontrò con i prussiani a Valmy, riuscendo a bloccare il nemico e a scongiurare l’offensiva su Parigi.
Il 21 settembre 1792 si riunì un’assemblea di deputati eletti a suffragio universale; il nuovo organismo fu chiamato Convenzione e aveva l’incarico di stabilire una nuova Costituzione (dopo la deposizione del re e la proclamazione della Repubblica).

 

Il processo e l’esecuzione del re

Alla Convenzione si formarono tre schieramenti: 1) i girondini, che condannavano l’assolutismo monarchico, ma diffidavano anche dei sanculotti e volevano trasformare la Francia in un paese moderno; 2) i giacobini, guidati da Robespierre e da Louis Antoine de Saint-Just, i quali ritenevano indispensabile il contributo dei sanculotti per la causa rivoluzionaria; questi insieme ad altri deputati ancora più vicini ai sanculotti sedevano nelle tribune più alte e per questo vennero detti montagnardi; 3) il terzo raggruppamento, la maggioranza dei parlamentari, era detto la Pianura o la Palude, poiché non era apertamente schierato né coi girondini né coi giacobini.
Robespierre e Saint-Just ritenevano che Luigi XVI dovesse essere immediatamente giustiziato; invece la maggioranza dei parlamentari ritenne di dover procedere ad un processo, che servisse anche come insegnamento solenne al popolo francese. Il 14 gennaio 1793 venne emessa la sentenza di morte, eseguita il 21 gennaio. L’esecuzione di Luigi XVI destò grande scalpore in tutta Europa.

 

La rivolta della Vandea

Dopo il successo di Valmy, la situazione militare era completamente mutata: i francesi erano riusciti ad invadere il Belgio e la Savoia, che vennero annessi alla Repubblica. A quel punto l’Inghilterra decise di aderire alla grande coalizione anti-francese e dichiarò guerra alla Francia il 1° febbraio 1793, insieme a Olanda e Spagna. Ciò costrinse la Francia a decretare la leva di 300 000 uomini, provocando proteste e tumulti (rivolta della Vandea) .

 

La costituzione democratica

Nella primavera del 1793, la situazione militare divenne difficile e a Parigi i sanculotti accusarono i girondini di non appoggiare con sufficiente energia la guerra contro i nemici della nazione, per questo chiesero e ottennero l’arresto dei deputati della Gironda (l’iniziativa era partita dai sanculotti e non da Robespierre).
Il 24 giugno 1793 venne approvata la nuova Costituzione. Essa introduceva il suffragio universale, fissava il principio dell’istruzione e dell’occupazione per tutti e promuoveva l’assistenza per gli anziani. La proprietà non era messa in discussione.

 

Il maximum e il Terrore

I sanculotti più radicali non erano pienamente soddisfatti dalla Costituzione del giugno 1793. Questi chiedevano il cosiddetto maximum, cioè la fissazione di un tetto massimo dei prezzi. Tale provvedimento venne effettivamente approvato il 29 settembre 1793.
A partire dal settembre 1793 in Francia prese avvio il periodo del cosiddetto Terrore, che trovò i suoi principali strumenti nel Comitato di salute pubblica e nel Tribunale rivoluzionario, che intentò processi sommari e rapide esecuzioni per tutti coloro che venivano giudicati, a toro o a ragione, nemici della Rivoluzione e cospiratori.
Uno dei principali capi della rivolta dei sanculotti che provocò la sconfitta dei girondini e che sfociò in una brutale violenza nei mesi successivi era il giornalista Jean-Paul Marat. Il 13 luglio 1793, Marat venne assassinato (pugnalato nel suo bagno da una giovane donna di nome Charlotte Corday). Il suo posto alla guida dei cordiglieri e dei sanculotti venne assunto da René Hébert. Nel marzo del 1794 Robespierre e gli altri membri del Comitato di salute pubblica decisero di arrestare e processare Hébert e altri capi dei sanculotti (finiva così il dualismo dei poteri tra Comune e Convenzione). Nella primavera-estate del 1794 il Terrore raggiunse il suo culmine (1285 condanne). A tale situazione di Terrore si oppose Danton, ma fu accusato, dal Comitato, di complotto controrivoluzionario, e ucciso nell’aprile 1794 .

 

La politica di scristianizzazione

Prima di sciogliersi ed essere sostituita dalla Convenzione, l’Assemblea legislativa approvò, il 20 settembre 1792, una legge che istituiva il matrimonio civile ed un’altra che ammetteva il divorzio. In seguito, la Convenzione vietò le processioni, chiuse gli edifici adibiti al culto e rimosse le campane. Il 5 ottobre 1793, la Convenzione approvò la sostituzione del calendario cristiano con un altro in cui l’evento del 22 settembre 1792 (la proclamazione della Repubblica) segnava l’inizio di una nuova era.
Robespierre era convinto che senza credere in una ricompensa ultraterrena gli uomini non avrebbero perseguito la virtù e non sarebbero stati disposti a sacrificare la propria vita per la nazione. Pertanto ottenne che la Convenzione approvasse un decreto nel quale riconosceva l’esistenza dell’Essere Supremo e dell’immortalità dell’anima. L’8 giugno 1794, insieme al pittore Jacques-Louis David, Robespierre organizzò a Parigi una grande festa nazionale per rendere solenne omaggio all’Essere Supremo.

 

La costituzione moderata del 1795

Nel momento in cui celebrava la festa dell’Essere Supremo, Robespierre sembrò toccare il massimo del proprio potere. In realtà, la sua situazione era già molto difficile, in quanto i giacobini nell’estate del 1794 erano isolati. Da un lato, la repressione nei confronti dei cordiglieri (marzo 1794) aveva privato Robespierre del sostegno dei sanculotti e del popolo di Parigi; dall’altro i deputati di estrazione borghese della Pianura ritenevano che l’emergenza fosse superata e che il Terrore potesse essere attenuato. Il 27 luglio (9 Termidoro), Robespierre, Saint-Just e altri giacobini  furono arrestati e il giorno seguente, senza processo, giustiziati. Il 5 agosto iniziò la liberazione dei detenuti arrestati a causa del Terrore. Parigi abbandonò la pesante atmosfera che gravava su di lei all’epoca del governo giacobino e riaprirono i teatri, i salotti, i balli e l’abbigliamento stesso torno ad essere più raffinato. Inoltre, riapparvero la libertà di stampa e la discussione politica.
Il 22 agosto 1795 venne promulgata una nuova Costituzione (la terza, dopo quelle del 1791 e 1793). Essa stabiliva che il potere esecutivo fosse affidato ad un Direttorio, un collegio di 5 membri, mentre il potere legislativo era assegnato a due Camere (Consiglio dei Cinquecento e Consiglio degli Anziani), elette a suffragio censitario.


Fasi della Rivoluzione

1791-1792: fase monarchica e moderata

Assemblea legislativa. Costituzione del 1791

Suffragio censitario

1792-1794: fase repubblicana e democratica

Convenzione. Costituzione del 1793

Suffragio universale

1794-1799: fase repubblicana e moderata

Direttorio. Costituzione del 1795

Suffragio censitario

 

Difficoltà economiche e tumulti sociali

Con il nuovo clima politico, furono riaperte al culto le chiese e fu abolito il maximum, ovvero la regolamentazione dei prezzi, i quali, a differenza di quanto si credesse, presero di nuovo ad aumentare notevolmente. Il popolo di Parigi, nella primavera 1795, insorse chiedendo “Pane e Costituzione del 1793”, ma i tumulti furono repressi facilmente dalle truppe governative (neppure la Congiura degli Eguali capeggiata da Gracco Babeuf ottenne alcun risultato).

 

La campagna d’Italia

Nel 1796 il paese era in ginocchio, sull’orlo della bancarotta. Il Direttorio si convinse che l’unica soluzione era continuare la guerra, con l’obiettivo di trasferire ricchezze dalle regioni conquistate. Il piano del Direttorio prevedeva un’offensiva su due fronti: sul Reno, che doveva essere l’attacco principale, e in Italia Settentrionale, guidata dal giovane generale Napoleone Bonaparte (1769-1821). Nel corso dell’estate del 1796, l’offensiva sul Reno venne bloccata dagli austriaci; mentre in Italia Bonaparte riuscì a sconfiggere l’esercito nemico e ad entrare trionfalmente a Milano il 15 maggio. Napoleone stipulò, inoltre, con gli austriaci una pace molto vantaggiosa, chiamata Trattato di Campoformio, in base alla quale la Francia acquisì i Paesi Bassi austriaci (cioè il Belgio) e le terre della riva sinistra del Reno; l’Austria fu costretta a ritirarsi anche dalla Lombardia, ma in cambio Bonaparte le concesse di occupare la Repubblica di Venezia, che perse la sua millenaria indipendenza .

 

L’ampliamento del conflitto e l’espansione territoriale della Francia

Dopo la pace con l’Austria, solo l’Inghilterra continuava a combattere contro la Francia rivoluzionaria. L’esercito francese maturò allora l’idea di disturbare gli inglesi nei loro possedimenti coloniali in India, ma per questo era prima indispensabile conquistare l’Egitto. Il comando della spedizione d’Egitto (nel corso della quale fu rinvenuta la famosa stele di Rosetta) venne assegnato a Bonaparte. Giunto in Egitto, Napoleone sconfisse l’esercito dei mamelucchi (mercenari al servizio del sultano); tuttavia, la flotta francese incaricata di rifornire l’esercito, venne distrutta da quella inglese (comandata da Horace Nelson) nella rada di Abukir, con il risultato che l’esercito di Napoleone si trovò isolato e lontano dalla Patria.
In Italia, dopo la partenza di Napoleone, l’esercito francese procedette ad ulteriori conquiste e all’istituzione di varie repubbliche (le “Repubbliche sorelle”), formalmente indipendenti, ma di fatto protettorati francesi: la Repubblica Cisalpina (con capitale Milano e comprendente la Lombardia insieme a Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia); la Repubblica Ligure; la Repubblica Romana; la Repubblica Partenopea. Sfuggivano al dominio napoleonico solo la Sicilia e la Sardegna (a causa della presenza della potente flotta inglese nel Mediterraneo). Le Repubbliche sorelle decaddero nel 1799, ma i francesi riconquistarono l’Italia nel 1800-1801. In quel momento l’ex Repubblica Cisalpina prenderà il nome di Repubblica Italiana e nel 1805 di Regno d’Italia.

 

Bonaparte al potere

Sconfitta su tutti i fronti, la Repubblica francese dovette affrontare, nell’estate 1799, una crisi militare. Bonaparte, che all’inizio di ottobre abbandonò l’esercito bloccato in Egitto e ritornò in Francia, mise in atto un colpo di stato, che si realizzò il 18 brumaio 1799 (10 novembre). Il Direttorio fu soppresso e il potere passò completamente nelle mani di Napoleone, che assunse il titolo di Primo console. Formalmente la Repubblica continuava ad esistere anche se di fatto si era in presenza di una dittatura militare. Nel dicembre 1799 fu varata una nuova Costituzione (la quarta, dell’anno VIII), che stabiliva la concentrazione del potere esecutivo nelle mani del Primo console (Napoleone). Sul piano amministrativo una riforma destinata a durare per 150 anni introdusse un forte accentramento del potere: dipartimenti, cantoni e comuni vennero affidati rispettivamente a prefetti, sottoprefetti e sindaci, nominati dal governo e responsabili di fronte ad esso. I magistrati inoltre divennero funzionari nominati dal Primo console.
Le prime preoccupazioni di Napoleone furono di natura militare: occorreva riconquistare l’Italia e imporre di nuovo l’egemonia francese in Europa. Il primo obiettivo fu raggiunto con la vittoria di Marengo (14 giugno 1800); il secondo grazie alla battaglia di Hohenlinden, in Baviera, che aprì all’esercito francese la strada per Vienna e obbligò l’imperatore d’Austria e lo zar a porre fine alla guerra (pace di Luneville, 9 febbraio 1801). Un anno più tardi anche l’Inghilterra accettò di venire a patti con la Francia e firmò la pace di Amiens (25 marzo 1802).
Finalmente libero da preoccupazioni militari, Napoleone poté riorganizzare la società francese. Il 21 marzo 1804 fu promulgato il Codice civile, che fu il risultato più duraturo del regime napoleonico. Il Codice Napoleonico è uno dei più celebri codici civili del mondo. Creato da una commissione con il compito di raccogliere in un unico corpus giuridico la tradizione giuridica francese. Il Codice Napoleonico è ricordato ancora oggi per essere stato il primo codice moderno, introducendo chiarezza e semplicità delle norme e soprattutto riducendo ad unità il soggetto giuridico. Esso ruotava attorno a due elementi fondamentali: l’interesse dello stato e il diritto di proprietà. Il regime napoleonico è uno stato fortemente accentrato, in cui tutte le decisioni vengono prese dalla capitale; in periferia, l’autorità principale era il prefetto, nominato dal governo e incaricato di far eseguire tutte le direttive emanate dal centro. La proprietà era considerata un diritto inviolabile e veniva liberata da ogni vincolo che ne limitasse la circolazione, l’acquisto o la vendita (in pratica significava l’abolizione di tutte le usanze giuridiche tipiche dell’ancien régime, finalizzate a impedire la divisione in lotti delle vaste tenute nobiliari). Altri aspetti del Codice: tutti i cittadini venivano considerati uguali di fronte alla legge; venne introdotto il matrimonio puramente civile e il divorzio; venne proclamata la laicità dell’istruzione pubblica e si assegnò particolare importanza alle scuole superiori (chiamate licei), finalizzate a fornire validi funzionari all’apparato militare e civile dello stato.

 

L’Impero

Il 2 dicembre 1804, alla presenza del pontefice Pio VII, nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi, Napoleone cinse la corona di imperatore dei francesi e si incoronò personalmente.
Nel 1805, l’Inghilterra riprese la guerra contro la Francia e ricevette subito l’appoggio dell’Austria e della Russia. L’esercito dei due imperatori venne però sbaragliato ad Austerlitz (2 dicembre 1805). La Francia, invece, non riuscì mai a battere l’Inghilterra sul mare: la flotta inglese, anzi, nell’ottobre 1805 riuscì ad annientare quella francese nella grande battaglia di Trafalgar, nel corso della quale perse la vita l’ammiraglio Nelson. La resistenza inglese spronò gli altri paesi nemici della Francia a dar vita a una nuova coalizione, capeggiata questa volta dalla Prussia. Ma anche l’esercito prussiano fu annientato, nel 1806, con il risultato che Napoleone controllava ormai l’intero continente europeo. Non riuscendo a sconfiggere la flotta inglese, Bonaparte organizzò un blocco economico: impose a tutti i paesi europei di non commerciare con l’Inghilterra. Nel 1807-1808, Napoleone procedette all’invasione del Portogallo e della Spagna, ma alcune truppe inglesi guidate dal duca di Wellington riuscirono a conservare il controllo britannico del Portogallo.
Nel frattempo l’embargo nei confronti dell’Inghilterra non diede i frutti sperati, in quanto gli inglesi salvarono la propria economia intensificando i commerci con l’America, mentre tutti i porti sotto egemonia francese subirono danni gravissimi dal blocco dei commerci con l’Inghilterra.

 

La sconfitta di Napoleone

Quando lo zar decise di non rispettare più il blocco commerciale con l’Inghilterra imposto dalla Francia, Napoleone organizzò una grandiosa spedizione contro la Russia (600 000 uomini reclutati non solo in Francia, ma anche in Germania e in Italia). L’invasione ebbe inizio il 24 giugno 1812 e fu caratterizzata in un primo tempo da un grande successo, al punto che il 14 settembre Napoleone riuscì ad entrare a Mosca. A quel punto però divenne drammatico il problema dei rifornimenti, anche perché i russi avevano adottato la tattica della terra bruciata, per cui distrussero i raccolti ed ogni altro bene che potesse tornare utile agli invasori (arrivando addirittura ad appiccare il fuoco a Mosca). L’incalzare dell’inverno rese del tutto impossibile un’ulteriore permanenza in territorio russo dell’esercito napoleonico, che fu costretto a ritirarsi in mezzo alla neve. Già decimate dal freddo e dalla fame, le truppe francesi dovettero sostenere i continui attacchi dei russi (soprattutto nel momento in cui dovettero varcare il fiume Beresina). La Grande Armata aveva perso circa 400 000 soldati. Tutti gli avversari di Napoleone (primi fra tutti i prussiani e gli austriaci) unirono le proprie forze e riuscirono a infliggere all’imperatore la gravissima sconfitta di Lipsia (16-18 ottobre 1813). Dopo che il territorio francese fu invaso e la stessa Parigi assediata, Napoleone accettò di abdicare e di ritirarsi sull’isola d’Elba. Nel 1815, tornò a Parigi e fece un ultimo tentativo di riprendere il potere; la sua avventura tuttavia si concluse definitivamente a Waterloo (15 giugno 1815), per opera dell’esercito inglese e di quello prussiano. Catturato dagli inglesi e obbligato a risiedere nella piccola isola di Sant’Elena, sperduta nell’Atlantico, Napoleone morì di cancro il 5 maggio 1821.


Tale privilegio aveva la sua origine nella cavalleria feudale medievale: il feudo non era di proprietà del cavaliere, ma concesso per armarsi e servire il padrone. In seguito il feudo divenne a pieno titolo proprietà del cavaliere che poteva trasmetterlo in eredità

Avvenimenti, Dichiarazioni e opere che hanno preceduto e ispirato la Dichiarazione francese: la Seconda Rivoluzione inglese (1688-89); il Trattato sul governo di Locke (1690); la Dichiarazone di indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776).

All’assalto si associò anche un reparto di volontari venuti da Marsiglia, i quali diffusero un nuovo inno militare, la Marsigliese, destinato a diventare il simbolo della resistenza rivoluzionaria

Il 10 marzo 1793 seicento paesi della Vandea insorsero contro le truppe della Repubblica e diedero vita a un tragico periodo di guerra civile che durò alcuni anni. La repressione dell’esercito repubblicano fu durissima e provocò la morte di 250 000 vandeani (un terzo dell’intera popolazione).

La ghigliottina era lo strumento simbolo del Terrore. Essa prese il nome del deputato Guillotin che propose che la pena capitale avvenisse in modo uguale per tutti per mezzo della decapitazione ed entrò ufficialmente in funzione nel 1792. Si trattava di una pena capitale illuminista per eccellenza, in quanto otteneva il proprio scopo nel modo più razionale, senza infliggere al condannato inutili e prolungate sofferenze. Inoltre si trattava anche di una esecuzione spettacolare, capace di intimorire e impressionare il pubblico e allo stesso tempo di entusiasmarlo (tali sentimenti raggiungevano il climax quando il boia sollevava la testa e la mostrava al pubblico).

Il Trattato di Campoformio destò lo sdegno di numerosi intellettuali italiani che avevano accolto Napoleone come un liberatore, ma che rimasero delusi quando capirono che la Francia rivoluzionaria aveva trattato il popolo italiano e le sue terre nello stesso modo in cui, in passato, avevano fatto Austria e Spagna.

 

Fonte: http://doceo.pbworks.com/w/file/fetch/58727808/rivoluzione_francese%2Beta_napoleonica.doc

Sito web da visitare: http://doceo.pbworks.com

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Parola chiave google : rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto tipo file : doc

 

 

 

Storia alcuni argomenti in ordine alfabetico

 

Nel nostro sito puoi trovare appunti di storia, riassunti , ricerche scolastiche, tesine, testi utili per studenti delle scuole medie , scuole superiori e università.

 

 

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

 

rivoluzione francese e l'età napoleonica riassunto