Guerra di trincea nella Grande Guerra riassunto

 


 

Guerra di trincea nella Grande Guerra riassunto

 

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Guerra di trincea nella Grande Guerra riassunto

 

La guerra di trincea nella Grande Guerra

L'immagine classica di un attacco di fanteria durante la prima guerra mondiale consiste in grandi masse di soldati che si gettano sulle trincee nemiche, contrastati dal fuoco delle mitragliatrici e dell'artiglieria.

Dopo il fallimento del piano dello stato maggiore tedesco (piano Schlieffen) che prevedeva una rapida guerra di movimento contro la Francia (prima battaglia della Marna), il fronte occidentale si trasformò in un'unica immensa cicatrice sul terreno, dal Mare del Nord alle Alpi, brulicante di camminamenti e rifugi, in cui milioni di uomini si affrontarono con continui assalti, con alternate conquiste e perdite di piccoli lembi di territorio, con bombardamenti d'artiglieria tanto devastanti quanto insufficienti a sfondare le difese nemiche. Anche lo scontro tra italiani e austriaci si trasformò ben presto in guerra di trincea, protrattasi per tre anni sul Carso e sugli altipiani. Fu la fine della guerra di movimento e l'inizio della guerra di logoramento, di cui la trincea fu la grande protagonista.

 

"Le trincee ... erano delle buche profondamente scavate nel terreno per una lunghezza di cinque metri all'incirca e per la larghezza di un metro. Vi si penetrava per una scala a pioli collocata in posizione assolutamente verticale nell'apertura che affiorava al livello del terreno, e quando s'era dentro ci si trovava nell'oscurità più completa, le feritoie erano inservibili sia perché mancavano di campo di tiro, sia perché erano troppo alte per tiratori in ginocchio, e troppo basse per tiratori in piedi. Gravava sul capo il tetto fatto di travicelli assai sottili, sostenenti uno strato di terra che non avrebbe fermato, non dico il più piccolo proiettile d'artiglieria, ma neppure una pallottola di fucile. Una tana, una orribile tomba!" (A.Monti, Combattenti e silurati, Ferrara 1922)


Struttura del sistema delle trincee Le trincee si svilupparono per migliaia di chilometri, divennero sempre più profonde e fortificate. A una prima linea, si aggiunsero con il passare del tempo una seconda e una terza linea, che venivano utilizzate per gli spostamenti delle truppe e per il rifornimento di munizioni e vettovaglie. La distanza tra le trincee nemiche variava da poche centinaia di metri a qualche chilometro. Quando una prima linea veniva conquistata, il fronte si spostava e tutte le trincee cambiavano di funzione.

Le trincee venivano quasi sempre scavate seguendo una linea a zig zag, che divideva la trincea in settori, al loro volta uniti da trincee trasversali di collegamento. Non esistevano tratti rettilinei di lunghezza maggiore di 10 metri. In questo modo, qualora una parte della trincea fosse stata conquistata dal nemico, questi non avrebbe avuto modo di colpire direttamente il resto della trincea. Inoltre questo schema costruttivo riduceva gli effetti di quei proiettili d'artiglieria che colpivano direttamente la trincea. Il lato della trincea rivolto al nemico era chiamato parapetto. Generalmente era munito di un gradino che consentiva di sporgersi oltre il bordo della trincea. I fianchi della trincea erano rinforzati con sacchi di sabbia, tavole, filo di ferro; il fondo era ricoperto di tavole in legno.

Le due linee contrapposte erano separate dalla cosiddetta "terra di nessuno", un vero e proprio ammasso di cadaveri, feriti e crateri, cui non potevano accedere nemmeno le squadre di soccorso. Lì i feriti, che non potevano più rialzarsi, urlavano il loro dolore inumano fino al dissanguamento o fino a che la cancrena li infettava completamente e ne strozzava i rantoli.  Le trincee nemiche spesso erano davvero molto vicine tra loro, tanto che non mancarono episodi di tregua in cui i due eserciti fermarono le ostilità. La vicenda più conosciuta è quella della tregua di Natale, 1914, quando nei pressi di Ypres, ma anche in molti altri punti del fronte occidentale, sorse spontanea una breve tregua durante la quale i due eserciti si incontrarono per fraternizzare, scambiarsi sigari, cioccolata, bevande alcoliche e c'è chi organizzò addirittura una partita di pallone. In questa atmosfera incredibile ed irreale fu possibile raccogliere i caduti rimasti nella terra di nessuno e dare loro sepoltura.


 

La spersonalizzazione del soldato Neppure le azioni difensive ed offensive scuotevano il soldato dall’apatia e dal fatalismo nei quali era immerso. Nella stessa epoca un sottotenente di Carrara scrisse al «Corriere della Sera »: «Io non so più che diavolo subentri nei cuori, ma è certo che si è di una durezza speciale. Vedi cadere colpiti per non rialzarsi soldati e colleghi, e vedi altri balzare in piedi per scendere giù, agitando le braccia ferite, o premersi un fianco o l’addome in mille posture di persone straziate, e te ne rimani li, tranquillo, con solo un senso di noia per tutto quel frastuono, per tutto quel turbinio. E ti scappa come detto verso gli avversari: E smettetela un po’, noiosi! Se ripenso alla mia sensibilità di quando ero borghese, non so come capacitarmi del mutamento»


 

L’attacco  Quando il fischietto di un ufficiale lanciava un attacco alla linea del nemico, i soldati andavano all'assalto all'arma bianca con le baionette inastate sui fucili: moltissimi venivano falcidiati dal fuoco delle mitragliatrici nemiche, altri rimanevano feriti o mutilati nella terra di nessuno senza poter essere soccorsi. Spesso tutti gli sforzi profusi per conquistare qualche linea delle trincee nemiche si rivelavano inutili a causa della controffensiva del nemico. Andare avanti voleva dire andare incontro alla morte, ma anche chi tornava indietro veniva giustiziato in modo sommario per vigliaccheria o per ammutinamento. Fu un vero massacro: migliaia di uomini furono uccisi per conquistare pochi metri, spesso poi regolarmente persi. Infatti la strategia tipica delle guerre di posizione è quella del logoramento, imponendo al nemico un consumo di risorse tale da non consentirgli il proseguimento della guerra.


Vita in trincea  


Di regola, in trincea, la notte era movimentata e il giorno tranquillo. Di notte, infatti, bisognava restare all’erta: perché i soldati uscivano di pattuglia, perché il nemico poteva tentare una sorpresa, perché le tenebre favorivano un eventuale passaggio di disertori.

Di giorno, invece, si faceva poco o nulla. Non c’era la sveglia, e chi voleva poteva continuare a dormire. Le prime linee erano piene di uomini, ma su di esse regnava un assoluto silenzio. La distribuzione dei viveri costituiva l’unico avvenimento della giornata. I soldati in trincea erano sempre esposti al pericolo di morte durante le lunghe ore di inerzia tra un combattimento e l'altro: il fuoco dei cecchini, le granate, le mitragliatrici e gli assalti nemici erano sempre all'ordine del giorno, logorando i nervi delle truppe già provate dalle pessime condizioni di vita dovute alla sporcizia e, nei mesi invernali, al freddo, alla pioggia e al fango. Per sopportare il logorio mentale e la stanchezza sovrumana cui erano sottoposti, i soldati avevano come unici conforti l'alcol, la corrispondenza da casa e le saltuarie licenze.

«Siamo a pochi passi dal nemico, e la guerra sembra lontanissima. S’inganna di molto chi crede che in prima linea di fuoco, almeno lì, la guerra si veda. Chi si figura grida, fucileria, si è fatto della guerra un’idea fantastica e convenzionale, diversissima dal vero. Un’azione decisiva è molto più di questo, è un macello infernale, uno sterminio, un orrendo uragano di ferro e di fuoco, da cui si esce sbalorditi ed esterrefatti come da un cataclisma; ma un’azione decisiva è rara, avviene soltanto nelle grandi avanzate, ed è il risultato ultimo di una lunga e completa preparazione, che alle volte dura dei mesi


 

L’uso dei gas chimici   Il 2 Aprile 1915, a Ypres, in Belgio, i francesi vedono avanzare verso le loro trincee una nuvola di colore giallo-verde alta circa due metri, che continua a crescere fino a diventare una muraglia gassosa: è iniziata la guerra chimica. Sulle prime, i soldati pensano ad una cortina fumogena e si preparano ad accogliere i tedeschi: invece è la morte che arriva nel modo più crudele. In breve, le trincee e i campi circostanti si riempiono di soldati che, come impazziti, corrono in tutte le direzioni, gettando via i fucili, strappandosi i colletti delle camicie e dei pastrani, urlando e implorando acqua, sputando sangue, rotolandosi per terra nella vana ricerca di un po’ d’aria da respirare. I francesi lo chiamano YPRITE, i tedeschi GELBKREUZKAMPFSTOFF(materiale da combattimento con croce gialla), gli inglesi MUSTARD OIL (gas alla senape). C’era stato un precedente: i francesi, nell’ottobre del 1914, avevano sparato proiettili carichi di gas lacrimogeni e i tedeschi avevano risposto con gas asfissianti, in violazione della convenzione dell’Aja. La Germania deteneva praticamente il monopolio dell’yprite, prodotta negli stabilimenti BASF di Ludwigshaven. L’attacco di Ypres uccise 5000 soldati, e 10.000 rimasero orrendamente piagati o completamente ciechi.[….] "

 


Rispondi alle seguenti domande

  1. lungo quali fronti si sviluppò una guerra di trincea?
  2. perché secondo te la guerra di trincea può essere definita anche di logoramento?
  3. Descrivi le caratteristiche e le strutture fondamentali delle tricee.
  4. Perché le trincee vengono definite “una tana e una orribile tomba”?
  5. Per quale ragione le trincee venivano scavate a zig zag?
  6. Cos’è la terra di nessuno?

 

  1. Quando e da chi fu usata per la prima volta l’yprite? Da cosa prese il suo nome? Quali danni provocava
  2. Perché molto spesso si eseguivano fucilazioni tra le truppe?
  3. Cosa si intende per spersonalizzazione del soldato?
  4. In che modo i soldati andavano in contro alla morte stando nelle trincee o uscendo?
  5. Com’era la vita in prima linea?

 

Fonte: http://parolevoci.altervista.org/materiali/Guerra%20di%20trincea.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Guerra di trincea nella Grande Guerra riassunto

1.LE RAGIONI DELL’IMMANE CONFLITTO

 

  • LE CAUSE PRINCIPALI:
  • La questione balcanica:

I conflitti nazionali dei Balcani costituivano il maggior motivo di tensione dello stato asburgico. Altro motivo di tensione era l’impero Ottomano. Nel 1912 fu la Serbia (insieme alla Grecia, alla Bulgaria e al Montenegro) a dichiarare guerra alla Turchia (prima guerra balcanica). La pace di Londra del 1913 sancì la vittoria della lega balcanica e l’impero Ottomano (turco) dovette cedere la Macedonia alla lega.

La Bulgaria, che faceva parte della lega, attaccò la Serbia per garantirsi il controllo delle regioni macedoni (seconda guerra balcanica). La Serbia, appoggiata dalla Turchia e dalla Romania, uscì ancora vincitrice e rafforzata e divenne sempre più un pericolo per l’impero asburgico.

  • Cambiamento del clima politico-sociale:

La politica aggressiva ed espansionistica di Guglielmo II entrò in conflitto con l’impero britannico, che sentì minacciata la propria supremazia in campo coloniale e commerciale. I tedeschi estero i loro possedimenti anche nel continente africano (Camerun, Togo e Tanganica), aumentando così i motivi di tensione con l’Inghilterra, che voleva mettere in collegamento le sue colonia dal Sudafrica all’Egitto. Altro motivo di tensione fu quello relativo al fatto che l’imperatore volle accontentare i gruppi nazionalisti che auspicavano al pangermanesimo, ovvero alla riunificazione di tutti i popoli tedeschi in un unico stato. Negli ambienti finanziari e industriali tedeschi si era diffuso il timore per le lotte dei lavoratori e per le rivendicazioni popolari poiché la guerra poteva essere intesa come un’utile valvola di sfogo dei conflitti sociali.

 

  • Declino dell’egemonia inglese:

L’impero britannico aveva da sempre svolto il ruolo di grande potenza nel controllo e nella garanzia degli equilibri politico-diplomatici. Questo ruolo cominciò a declinare agli inizi del ‘900, venendo contesa e sostituita da economie nazionali agguerrite, come quella tedesca e americana, che volevano estendere la propria influenza nei mercati internazionali. Tra il 1906-7 si era concluso il ciclo espansivo risalente alla fine dell’Ottocento: ora, gli stati potevano acquisire territori solamente sottraendoli agli altri. Questa situazione non fece altro che diffondere la visione della guerra come unica soluzione per ristabilire l’ordine europeo e mondiale; le grandi potenze si prepararono per una corsa agli armamenti, la quale divenne un affare economico in cui i potenti gruppi industriali investirono somme quantità di denaro.

  • Crisi dell’ordine europeo:

Il timore che l’Europa venisse dominata dalla Germania spinse la Gran Bretagna,la Francia e la Russia (che voleva estendere i propri confini a spese dell’impero turco) ad un’alleanza politco-militare. In Europa si crearono così due sistemi di alleanze contrapposti: Germania, Austria e Italia e Francia, Gran Bretagna e Russia. Questo sistema di alleanze fece in modo che se un solo stato ne avesse attaccato un altro, tutta l’Europa sarebbe entrata in guerra in difesa dell’uno o dell’altro.

 

  • LA CULTURA DEL NAZIONALISMO E DELLA VIOLENZA:

 

  • Trasformazione dell’idea di nazione:

L’ingresso delle masse in campo politico favorì lo sviluppo dei movimenti reazionari, nazionalisti e autoritari. I secondi, a partire dall’inizio del secolo, acquisirono molta importanza, conquistano parti della massa che erano lontane al centro del potere, come la borghesia cittadina e il proletariato. Così, in questo contesto, le idee di patria e nazione si distaccarono da quelle dell’800 e si trasformarono in pulsioni antidemocratiche, aggressività espansionistica, razzismo e desideri odi imporsi.

CONCETTI: Popolo-nazione/nazionalismo: l’insieme di persone  che parlano la stessa lingua, che hanno le stesse tradizioni culturali e che vivono in uno stesso territorio viene definito come popolo-nazione. Questo concetto emerse intorno alla fine del 700 e agli inizi dell’800 durante il movimento romantico. In origine l’idea di nazione si proponeva di promuovere un movimento di liberazione di  tutti i popoli. Fu nell’età dell’imperialismo che gli ideali nazionali si trasformarono divenendo sempre più aggressivi. Il caso della Germania è il più noto in quanto vi erano delle correnti pangermaniste che fecero sì che al concetto di “idea nazionale” si sostituì quello di “nazionalismo”, il quale contiene il concetto di imperialismo. La prima guerra mondiale più essere considerata il frutto di queste idee ce pian piano si diffusero in tutto il mondo.

 

  • L’alleanza tra nazionalisti e liberali:

Si venne a stabilire, per comunanza d’intenti, un’alleanza tra nazionalisti e liberali conservatori, arrivando, da entrambe le parti, a volere:

  • un’aristocrazia dominatrice anziché la democrazia e lo spirito d’uguaglianza;
  •  la guerra anziché la pace;
  •  la selezione dei migliori anziché la massificazione.

In questo clima di contraddizioni, inevitabilmente si andarono a creare,  nei vari paesi atteggiamenti che tendevano a considerare la guerra come ottima possibilità di sviluppo e affermazione internazionale. Il movimento operaio ebbe grandissime difficoltà nell’opporre la propria cultura pacifista e internazionalista, talmente era forte la tendenza alla guerra.

 

  • Gli intellettuali di fronte alla guerra:

Di fronte all’ormai dilagante cultura della guerra, anche gli intellettuali espressero il loro ruolo. Il dubbio che si domandavano questi era “l’uomo di cultura doveva stare lontano da tutto il tumulto degli eventi e continuare i suoi studi e le sue attività oppure doveva partecipare attivamente alla vita pubblica mettendo il proprio ingegno al servizio contro il comune nemico?”.

Possiamo raggruppare il loro pensiero in due posizioni:

  • La prima posizione era rappresentata da Rolland e Croce, secondo cui gli intellettuali avrebbero dovuto servire la patria continuando a fare il loro “mestiere”, quello di intellettuale che sta sopra la mischia.
  • La seconda posizione, invece, era rappresentata da Thomas Mann (scrittore tedesco), secondo il quale la guerra era una missione ed una necessità per rompere l’accerchiamento delle altre nazioni europee. La guerra era da interpretare come lo scontro dei valori tedeschi, eroismo e civiltà, con quelli volgari e utilitaristici, come Francia e Inghilterra.

 

  • Il casus belli:

Il 28 giugno 1914, le tensioni arrivarono ad un punto critico quando uno studente serbo, Gavrilo Princip, assassinò Francesco Ferdinando, l’arciduca erede al trono asburgico a Sarajevo.

 

  • I PRINCIPALI EVENTI DELLA GUERRA:

 

L’occasione dell’attentato permise all’impero Asburgico e alla Germania di dare inizio alle ostilità, mentre l’impero Asburgico voleva annientare il pericolo Balcanico, la Germania, sperando in un atteggiamento neutrale della Gran Bretagna, sperava di annientare la Francia ancora prima che la Russia fosse pronta a schierare tutte le sue truppe.

 

  • L’ultimatum dell’Austria alla Serbia:

Il 23 luglio l’impero asburgico lanciò un ultimatum alla Serbia, il quale prevedeva la dichiarazione di guerra da parte dell’Impero Asburgico verso la Serbia se quest’ultima non avesse accettato tutte le condizioni che l’Austria desiderava imporle (mettere fine alla propaganda antiaustriaca orale o scritta, i dipendenti statali incaricati di tale attività dovevano essere rimossi dai pubblici uffici e i funzionari austriaci dovevano partecipare alle indagini sull’attentato).

La Serbia decise di accettare tutte le condizione tranne l’ultima e così, nonostante essa si dimostrò favorevole al dialogo, il governo austriaco dichiarò guerra alla Serbia il 28 luglio 1914 e cominciò il bombardamento della sua capitale, Belgrado.

 

  • L’allargamento del conflitto:

La Russia si schierò dalla parte dello stato serbo per contrastare l’allargamento austriaco nei Balcani; subito dopo la Germania dichiarò guerra alla Russia e alla Francia, di cui la Gran Bretagna prese le difese durante lo scontro (triplice intesa: Russia, Francia e G.B.).

 Il Giappone si schierò a favore della triplice intesa. L’Italia decise di restare neutrale ritenendo l’invalidità della Triplice alleanza con Germania e Austria in quanto patto di carattere difensivo.

 

  • Le strategie di guerra:
  • La strategia tedesca: basata sul piano SCHLIFFEN. Si pensava di attaccare la Francia passando per il Belgio ed arrivare all’invasione di Parigi in brevissimo tempo, per poi spostare immediatamente le truppe sul fronte russo (dal momento che l’idea era quella che i russi ci avrebbero messo più tempo per spostare le loro truppe che la Germania ad arrivare a Parigi per poi disporsi sul fronte russo).
  • La strategia anglo-francese: mirava ad aggravare la situazione tedesca sul piano delle risorse. Si sapeva che se la guerra non fosse stata “lampo”, la Germania avrebbe potuto perdere per scarsità di risorse. Così si predispose il blocco navale inglese che doveva isolare la Germania dal punto di vista dell’approvvigionamento delle risorse.

 

  • La prima fase della guerra:

L’esercito belga riuscì a resistere all’attacco tedesco per quel tanto necessario al governo francese di organizzare una difesa adeguata che consentì all’esercito tedesco di arrivare a soli pochi chilometri da Parigi. L’esercito francese riuscì ad allontanare l’esercito tedesco dal suolo nazionale dopo una grandissima battaglia sul fiume Marna (settembre 1914). Così i tedeschi furono costretti ad arretrare scontrandosi ancora due volte con l’esercito franco-inglese sui fiumi Asine e Somme.

La sconfitta dei tedeschi fu determinata da due fattori principali: l’avanzata troppo rapida e l’inaspettata invasione della Prussia da parte della Russia, che necessitava di maggiori truppe, le quali vennero sottratte al fronte occidentale.

 

La strategia tedesca della guerra lampo era diventata ormai un’ipotesi lontana.

Come risposta alla strategia inglese di ostacolare i rifornimenti degli Imperi centrali, i tedeschi scatenarono una terribile guerra sottomarina. Gli U-Boat tedeschi iniziarono ad affondare ogni nave transitante nelle acque da loro  presidiate in modo da cercare sia di isolare la Gran Bretagna (specie dai rifornimenti americani) e sia per cercare di rompere il loro isolamento. La guerra sottomarina ebbe una grande crescita che coinvolse non solo le navi militari, ma anche quelle passeggere appartenenti a paesi neutrali. Il caso più clamoroso fu quello della Lusitania, su cui viaggiavano 198 americani. La risposta americana fu durissima: il presidente Wilson minacciò l’entrata in guerra dell’America contro la Germania se si fossero ripetuti altri incidenti di questo tipo. E così la Germania fu costretta a ridurre la sua aggressività sul fronte sottomarino, che perse tutta la sua importanza.

 

  • L’INTERVENTO ITALIANO:

 

  • I motivi principali della neutralità italiana nei primi anni di guerra:
  • Il primo di questi motivi è quello riguardante il carattere esclusivamente difensivo della Triplice alleanza; infatti la Germania e l’Austria non vennero attaccate, ma furono loro le “attaccanti”.
  • Inoltre l’Italia non era stata consultata riguardo all’ultimatum austriaco alla Serbia, per tanto essa non si sentiva presa in considerazione nella questione.
  • L’impero austriaco si rifiutava di dare compensi territoriali all’Italia nel caso in cui l’Austria fosse uscita rafforzata nell’area balcanica (articolo 7 del trattato).
  • Altro motivo non trascurabile è che in Italia serpeggiavano sentimenti antiaustriaci.

 

  • L’Italia fra neutralismo e interventismo:

All’interno dell’Italia si erano formati due gruppi idealmente contrapposti riguardo l’entrata o meno in guerra: gli interventisti, che erano favorevoli all’entrata in guerra, e i neutralisti, quelli non a favore della guerra:

  • Il movimento neutralista era composto dai Socialisti moderati, che ritenevano che la guerra fosse estranea agli interessi dell’Italia; dai Cattolici, che desideravano non partecipare alla guerra sia  per motivi morali che per no schierarsi contro un’altra potenza cattolica come l’Austria; dai Giolittiani, i quali sostenevano che il sistema italiano fosse troppo debole per poter affrontare una guerra e dicevano che l’Italia avrebbe potuto trarre vantaggi con delle operazioni diplomatiche più che con l’entrata in guerra.
  • Il movimento interventista, invece, era composto dai Socialisti rivoluzionari, come Benito Mussolini, secondo cui la guerra avrebbe aperto le porte alla rivoluzione socialista; dagli Irredentisti, che pensano che bisogni annettere ad un unico stato tutti i territori limitrofi e confinanti se c’è qualche comunanza di tipo nazionale e la guerra è un buon motivo per agire; dai Nazionalisti, come D’Annunzio, che portavano avanti un’ideologia antidemocratica, antiparlamentare ed espansionistica; dai Socialisti Conservatori, come Sonnino e Salandra (destra), che ritenevano che la guerra fosse l’unica soluzione atta a soffocare le tensioni sociali e per dare allo stato un carattere più autoritario.

 

 

  • Il patto di Londra:

La svolta interventista si ebbe nel 1915, quando Sonnino, in accordo con Salandra, stipulò segretamente, all’insaputa del parlamento, il patto di Londra con cui l’Italia si impegnava ad entrare in guerra schierata dalla parte della Triplice Intesa, avendo in compenso alcuni territori tra cui il Trentino, in caso di vittoria. Salandra diede le sue dimissioni in quanto Giolitti, essendo ancora all’oscuro del patto di Londra, ribadì la sua scelta neutralista in parlamento. Ma il re Vittorio Emanuele III non accettò le sue dimissioni e lo investì di poteri eccezionali (amministrare la guerra), scavalcando la volontà del parlamento.

Così il 20 maggio 1915, il parlamento, per evitare maggiori conflitti interni, diede il suo sostegno al governo (a eccezione dei socialisti), che il 23 maggio dichiarò guerra all’Austria.

La dichiarazione di guerra venne interpretata dagli storici come un tentativo di risolvere le tensioni del paese con un atto di forza appena rivestito di legalità.

 

CAP. II

  • LO STALLO DEL 1915-16

 

  • Una logorante guerra in trincea:

Come sappiamo, la strategia tedesca di una guerra lampo fallì e si trasformò in una guerra di logoramento, in cui milioni di soldati si contrapponevano lungo chilometri di trincee senza mai affrontarsi in battaglie campali. La trincea rappresentava quel periodo di stallo che ricoprì il 1915-16 in cui nessuno dei paesi in guerra era in grado di imporsi e di vincere il conflitto. Gli imperi centrali, circondati pressoché da tutti i fronti, erano quelli a soffrire di più di questa situazione. Gli effetti del blocco commerciale stavano riducendo la Germania in una situazione drammatica, che l’avrebbe condotta inesorabilmente a perdere.

Così essa cercò di rompere l’isolamento dando luogo a due battaglie: quella di Verdun (durò 5mesi) e quella di Jutland. La strategia della prima fu quella di concentrare gran parte delle armate su un unico punto, tuttavia, questa strategia non si rivelò vincente. Gli anglo-francesi non solo non persero le posizioni ma anzi, lanciarono un contro-attacco che fece arretrare notevolmente i tedeschi fino alla Somme, dove ci fu una carneficina di più di un milione di soldati.

Quanto alla battaglia dello Jutland, fu invece il tentativo tedesco della battaglia navale. L’esito non fu troppo differente dal tentativo terrestre. I tedeschi adottarono nuovamente la strategia della guerra sottomarina totale, l’unica che aveva dato dei risultati. Questa strategia si rivelò ancora una volta vincente, ma, se da una parte metteva a durissima prova l’economica nemica, dall’altra faceva correre il rischio dell’entrata in guerra dell’America contro la Germania., ma i tedeschi erano convinti di concludere la guerra prima che l’America iniziasse l’offensiva.

Sul fronte italiano, invece, l’Austria attaccò l’Italia con l’attacco detto “strafexpedition” (spedizione punitiva contro l’alleato traditore), che portò all’occupazione dell’Altopiano di Asiago. 

La condizione d’impreparazione dell’esercito italiano costrinse Antonio Salandra a dare le dimissioni, nel giugno dello stesso anno.

 

 

  • Conseguenze socio-politico-economiche della guerra:

Per affrontare le difficoltà della guerra nelle varie nazioni si formarono dei governi d’emergenza: in Francia con Aristide Briand, in Italia con Borselli, in Gran Bretagna con George (appoggiato dai conservatori, dai liberali e da una parte di laburisti) e in Austria con Carlo I.

In tutta questa situazione lo stato divenne il motore del sistema industriale, che aveva il compito di organizzare la produzione in base alle necessità sempre maggiori della guerra. Come scrisse Riccardo Bachi, lo stato è l’imprenditore della guerra, è diventato il perno di tutta l’economia, la quale fa rifermento principalmente all’azienda economica militare. Così le aziende vennero inevitabilmente militarizzate e lo stato improntò maggior parte della produzione allo sforzo bellico. Questo determinò uno sviluppo notevolissimo di: attività produttive, investimenti e formazione di imprese enormi. A questo proposito abbiamo la diffusione a scopo bellico di strumenti civili come il motore a scoppio, il telegrafo, l’energia elettrica ecc... Uno dei motivi per cui i profitti aumentarono così notevolmente è legato al fatto che lo stato aveva limitato le libertà sindacali e militarizzato il lavoro in fabbrica. Per poter far tutte queste iniziative lo stato dovette chiedere prestiti (ai cittadini e ad altri stati, come l’America), stampare valuta senza corrispondenza aurea ed aumentare le tasse. La conseguenza inevitabile e scontata fu l’aumento del debito pubblico e dell’inflazione.

 

  • La svolta del 1917:

L’avvenimento che portò l’uscita dalla guerra della Russia fu la rivoluzione russa scoppiata nel 1917. La situazione politico-sociale della Russia non era delle migliori; infatti vi erano manifestazioni contro la guerra da parte dei soldati e della popolazione, i quali pagavano duramente l’impreparazione tecnica e strategia dei comandi russi. Nel 1917 scoppiò una rivolta degli operai a Pietrogrado che provocò l’abdicazione dello zar Nicola I. Aleksandr Kerenskij, presidente del governo provvisorio, decise di continuare la guerra, e scatenò un’offensiva a Galizia, che fu un fallimento; i soldati russi fraternizzarono con quelli tedeschi e austriaci e tornarono alle loro case. Fu questo l’esplicito segno dell’avversione dei soldati alla guerra, che fece sì che la Russia ottenesse il consenso degli alleati e degli avversari ad uscire dalla guerra.

 

  • Entrata in guerra degli Stati Uniti (1918):

A causa della ripresa da parte dei tedeschi della guerra sottomarina tedesca gli Stati Uniti entrarono in guerra al fianco della Triplice Intesa (Francia, Inghilterra). Lo scopo principale degli Stati Uniti era quello di tutelare i loro capitali prestati ai paesi dell’Intesa . Inoltre il governo degli Stati Uniti tendeva a sostenere le nazioni come la Francia e l’Inghilterra, che avevano un sistema politico liberaldemocratico, rispetto a quelle dell’Alleanza.

 

  • Le disastrose condizioni delle popolazioni e la risposta al disfattismo:

La situazione che si era andata creare aveva prodotto una stanchezza generale da parte del popolo e dei soldati in guerra, la cui permanenza li ha portati a non avere più le forse per combattere. Una guerra che non vede né vincitori, né vinti per due anni non porta soddisfazioni, ma solo voglia di PACE. Le condizioni dei soldati erano ormai disastrose; soldati malnutriti, esposti a malattie e spinti a diserzioni di ogni tipo. Ormai il disfattismo serpeggiava tra tutti gli ordini militari; i comandanti dovevano combattere contro il nemico e contro gli oppositori interni. La risposta francese a questo disfattismo di massa fu quella di effettuare un cambiamento ai vertici dell’esercito, e il nuovo primo ministro avviò una politica di tipo autoritario per soffocare ogni sommossa. In Germania, invece, si passò a rafforzare i poteri militari ed a militarizzare le industrie.

  • La disfatta italiana di Caporetto:

Le Germani e l’Austria concentrarono parte dei loro eserciti per attaccare l’Italia, ritirando quelli sul fronte russo. L’esercito italiano era sfiancato, stanco e demoralizzato dagli incessanti sforzi che gli erano derivati dall’essere sotto il comando di Luigi Cadorna. Errori strategici e scarsa resistenza si aggiunsero alla stanchezza, tanto che il 24 ottobre 1917 il nemico prese Caporetto, costringendo l’esercito italiano a ritirarsi. Le perdite umane furono numerosissime, circa 400.000 uomini. L’esercito passò sotto il comando del generale Armando Diaz, il quale, per ottenere maggior fiducia, promesse delle terre ai contadini dopo la fine del conflitto.

 

2.LA FINE DELLA GRANDE GUERRA

 

  • La fine della guerra:

Gli imperi centrali sapevano che con l’arrivo delle forze americane la vittoria sarebbe stata più difficile, volevano quindi chiudere a loro favore la guerra prima dello sbarco delle truppe nemiche d’oltreoceano. Nel marzo 1918, gli stati centrali attaccarono sul fronte occidentale, nella regione di San Quintino e nei pressi di Marna le linee dell’Intesa furono sfondate. Nonostante ciò, le truppe anglo-francesi seppero riorganizzarsi, per evitare che il nemico andasse oltre, sotto il comando di Ferdinand Foch. Il 18 luglio, con l’arrivo delle truppe americane scattò la controffensiva dell’Intesa: vi furono le due battaglie di Amiens e di Vittorio Veneto che segnalarono la disfatta degli imperi centrali.

La guerra si era conclusa e iniziarono le rese (Bulgaria, Turchia) ed in particolare è importante l’armistizio tra Austria ed Italia, firmato a Villa Giusti (presso Padova) il 4 novembre 1918.

  • La conferenza di Versailles e le sue conseguenze:

Nel gennaio 1919 si aprì a Versailles (in Francia), la conferenza di pace, alla quale presero parte attiva solo i paesi vincitori (Francia, G.B., Stati Uniti e Italia), mentre i paesi vinti vennero convocati solo per firmare i trattati di pace. All’interno della conferenza possiamo distinguere due posizioni contrastanti:

  • Quella di Wilson che sosteneva il principio democratico dell’autodeterminazione dei popoli;
  • Quella di Clemenceau che prevedeva l’usuale pratica delle annessioni territoriali per risolvere il disfacimento dei grandi imperi passati (austriaco, tedesco, ottomano e russo),  voleva, inoltre, dar vita ad un nuovo equilibrio europeo incentrato sull’egemonia della Francia e della Gran Bretagna.

Tra le due prevalse la linea di Clemenceau, che mirava al blocco della Germania, costretta a firmare il trattato di Versailles che prevedeva la restituzione alla Francia dell’Alsazia e della Lorena e una grossa indennità di denaro.

Vi furono altri cambiamenti geo-politici, ad esempio la nascita di nuovi stati, come l’Austria, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, il regno di Jugoslavia (che a sua volta inglobava Croazia, Bosnia-Eezegovina, Montenegro e una parte della Macedonia), la ricostruzione della Polonia con l’annessione ai suoi territori di regioni prima appartenenti alla Russia e la spartizione dei territori dell’ex impero ottomano tra Francia e Gran Bretagna: alla prima andò la Siria ed il Libano mentre alla seconda l’Iran, l’Iraq e la Palestina.

Infine, per merito di Wilson, nacque anche la “Società delle nazioni” (fondata il 28 aprile 1919) con lo scopo di dirimere le eventuali controversie internazioni per mantenere la pace ed evitare nuove guerre.

 

Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/riassunti/grande_guerra_carla.doc

Autore del testo: Carla

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Guerra di trincea nella Grande Guerra riassunto

 

 

 

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