Resistenza italiana sintesi e riassunto

 


 

Resistenza italiana sintesi e riassunto

 

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Resistenza italiana sintesi e riassunto

 

LA RESISTENZA

La resistenza è un fenomeno militare e politico che si sviluppa in un determinato contesto. Il termine si riferisce a movimenti di opposizione attiva o passiva sviluppatasi in Europa durante la seconda guerra mondiale contro gli oppressori tedeschi e italiani.
La resistenza attiva è quella armata, mentre quella passiva è quella di chi non passa informazioni e aiuti.
La resistenza è presente in tutta Europa contro tutti gli occupanti, anche gli italiani: per esempio in Jugoslavia contro gli italiani combatte una truppa di resistenti.
Alcuni soldati italiani imparano a fare la guerriglia proprio dai partigiani jugoslavi.
Per parlare della resistenza italiana si può prendere come riferimento la data dell’8 settembre oppure risalire più indietro.
Il rapporto con gli alleati condizionerà molto lo sviluppo della resistenza.
A partire dalla fine del 1943 il fronte del Mediterraneo diventa secondario e questo porta a due diverse linee da parte Delfi alleati. Da una parte Roosevelt vuole attaccare direttamente la Germania passando per la Francia, mentre gli inglesi sarebbero favorevoli a un intervento più forte nei Balcani per fermare l’espansionismo russo.
Il fronte di liberazione italiano avanza lentamente : il 9 settembre avviene lo sbarco alleato a Salerno, ma la linea di avanzamento sale a fatica fino alla linea tracciata dai tedeschi che unisce le foci del Garigliano fino all’Adriatico passando per Cassino.
Questa viene distrutta solo nel maggio del 1944 e questa vittoria porta alla liberazione di Roma il 4 giugno 1944. Per qualche settimana l’avanzata diventa più veloce a settembre viene liberata Firenze e nell’ottobre Rimini.
Ma qui gli alleati si fermano sulla linea gotica che unisce Rimini a La Spezia.
Gli alleati si fermano perché la stagione non è propizia e c’è scarsità di truppe.
Nell’aprile del 1945 inizia l’offensiva finale e inizia la resistenza attiva che porta al 25 aprile.
L’avanzamento lento degli alleati porta la possibilità di mantenere la Repubblica sociale italiana nel nord. La parte sud viene liberata quasi subito, quella centrale conosce alcuni movimento di resistenza, ma è la parte nord ha sentire il peso maggiore dell’occupazione fascista.
Alcuni movimenti di resistenza ci sono anche al sud come le 4 giornate di Napoli nel settembre 1943 e la guerriglia in centro Italia.
Dove si muove di più la resistenza anche la parte civile viene influenzata in funzione antifascista.
Per quanto riguarda il rapporto tra resistenza e alleati è necessario dividere gli stessi alleati perché alcune posizioni sono differenti anche all’interno degli stessi stati.
Si può dire che fu un rapporto di cooperazione competitiva o una competizione cooperativa perché gli obiettivi politici e militari non erano sempre gli stessi. Cooperano quindi cercando di ricavare i maggiori vantaggi.
I rapporto non è comunque no paritario: gli alleati erano più forti dei partigiani.
Il settore meridionale era di interesse inglese per interessi legati al commercio che erano stati prima orientali e poi rivolti al canale di Suez.
Lo scopo degli inglesi era di vincere la guerra senza arrivare a nessun compromesso con la Germania contro l’URSS. In Italia l’obiettivo era di provocare un ridimensionamento dell’importanza dell’Italia nel Mediterraneo. Ma questo lo aveva fatto già la guerra prostrando l’Italia e lasciandola senza colonie. Gli obiettivi di guerra degli inglesi erano gli stessi della prima guerra mondiale.
Inoltre chiedevano che l’Italia dopo la guerra restaurasse il regime monarchico di tipo conservatore e filoinglese.
È proprio su questo ultimo punto che parte dei partigiani sono in contraddizione: molti non vogliono un governo conservatore, molti non vogliono un governo monarchico e filoinglese.
Il ruolo dei partigiani è limitato al sabotaggio, all’informazione sullo spostamento di truppe; mentre dal punto di vista militare è condizionato dagli inglesi e dagli americani e non assume valore politico.
Il valore politico della resistenza andava secondo gli inglesi tenuto sotto controllo perché erano presenti comunisti e socialisti insieme ai liberali di Giustizia e libertà.
Esigenza del controllo politico è significativo nell’inverno 1944-45 quando in Grecia alcuni partigiani comunisti si scontrano con i monarchici, aiutati dagli inglesi, e lo scontro culmina con una repressione durissima anticomunista.
La politica degli inglesi è quella del riconoscimento della resistenza e del Regno del Sud, ma il ruolo dell’Italia è quello di cobelligerante senza entrare a far parte dell’alleanza.
L’Italia viene vista come il paese che aveva dato luogo a una dittatura e alla guerra.
La cooperazione significa scambio di risorse sia materiali che non.
Gli alleati passano ai partigiani armi e viveri soprattutto in inverno. Gli alleati fecero un uso politico degli aiuti favorendo principalmente le formazioni più vicine alla loro posizione. Questo porta anche a scontri interni ai partigiani, anche scontri a fuoco.
In cambio di questo aiuto i partigiani facevano attività di guerriglia con lo scopo di tenere occupate le truppe tedesche nelle retrovie.
Per quanto riguarda gli aiuti immateriali si chiedeva lealtà politica. Quello che volevano i partigiani era un riconoscimento ufficiale della forza militare del CLNAI.
Gli oppositori al fascismo durante la guerra si erano riuniti nel CLN, comitato di liberazione nazionale, che riuniva sei gruppi antifascisti con diramazioni locali.
Nell’Italia settentrionale era presente il CLN Alta Italia che chiedeva un riconoscimento politico.
I partigiani avevano paura che gli inglesi non gli aiutassero, per gli alleati la paura era quella di un movimento partigiano che posse estendersi da un punto di vista politico – militare.
Nell’inverno 1944 l’offensiva alleata nel centro – nord si ferma per il Proclama di Alexander interpretato dai partigiani come un segnale di abbandono.
In realtà il proclama fu frainteso per questioni di lingua, ma chiedeva di mantenere posizioni difensive.
Nel dicembre 1944 c’è una missione a Roma di esponenti del CLNAI, tra i quali Pavetta (comunista), Parri (partito d’Azione) e Sogno (liberale).
Il 7 dicembre 1944 si scrivono i Protocolli di Roma. Gli alleati hanno come vantaggio di disinnescare il potere offensivo dei partigiani, ne controllano così la forza militare disarmandoli alla fine della guerra. Pensano che il comitato di liberazione non rimanga dopo la guerra come movimento politico.
Si garantisce quindi che i partigiani dopo la guerra non facciano una rivoluzione.
I partigiani hanno certezza nei rifornimenti e nel riconoscimento del CLNAI come rappresentante del governo di Roma.
Molti ritennero che questi protocolli fossero un tradimento, ma chi aveva chiaro la situazione si rendeva conto che era l’unica cosa possibile.
La resistenza non poteva sopravvivere al di fuori di questa alleanza.
I rapporti della resistenza con la Repubblica sociale era solo di opposizione anche se si era pensato ad una riconciliazione nazionale.
Per quanto riguarda il Regno del sud, intorno alla monarchia c’erano posizioni differenti.
Le posizioni dei partigiani sia combattenti che non è una posizione critica verso la monarchia perché essa aveva dato l’appoggio all’ascesa del fascismo e all’entrata in guerra.
Si apre quindi la questione istituzionale: si vuole la repubblica.
Questa posizione era accettata dalla maggioranza ma era politicamente difficile da sostenere perché c’era ancora un sovrano legittimo ed era l’unica forma di governo presente oltre alla Repubblica di Salò.
Nel giro di qualche mese, nel febbraio 1944 poi il governo del sud si era spostato a Salerno prendendo competenze e territori che rafforzano la monarchia.
Il dibattito che si apre è ampio: i liberali come Croce era favorevole all’abdicazione del re, De Nicola propende per eleggere un luogotenente del re.
A Bari a gennaio del 1944  si tiene un congresso del CLN dove salgono le voci più critiche verso il re, ma visto che sono presenti molte forze politiche ci sono diverse idee che convergono tutte nell’idea di rinviare la questione istituzionale dopo la guerra  con un plebiscito.
La posizione di Croce era realista: teneva conto della posizione di un sovrano che si era compromesso e che avrebbe dovuto abdicare per sollevare le sorti della monarchia.
Per cui lo scopo dell’abdicazione per i conservatori e quello di mantenere la monarchia.
Dal congresso invece esce l’idea di abbattere la monarchia e la scelta successiva doveva essere referendaria.
Il 30-31 marzo 1944 si arriva ad una svolta, la Svolta di Salerno, quando giunge in Italia, dopo anni di esilio a Mosca, Togliatti.
La sua presenza riesce a mettere d’accordo i comunisti del nord, delle zone ancora occupate, e quelli del sud, zone ormai libere.
Togliatti infatti chiede unità delle forze antifasciste per combattere contro fascisti e nazisti.
La questione istituzionale viene rimandata nel dopoguerra ma questa volta con la soluzione dell’Assemblea costituente.
Il ritorno di Togliatti è uno dei grandi punti storici perché porta una svolta nella linea politica del partito comunista che avrà forte manifestazione dopo la guerra.
Diventa un partito di massa all’interno delle istituzioni e mantiene una certa ambiguità eliminando però a parte rivoluzionaria.
Il 12 aprile nasce un nuovo governo Badoglio, ma i ministri sono esponenti politici della linea antifascista. È la prima svolta in senso democratico.
Il 4 giugno avviene la liberazione di Roma  che costa molte vite, tra le quali Buozzi, i morti delle fosse ardeatine,….
A questo punto Badoglio lascia il governo a Bonomi, un socialista riformista e la luogotenenza regia passa a Umberto. Inoltre viene declamato un proclama che assicura l’Assemblea costituente dopo la guerra. A questo punto inizia una lotta per prendere le posizioni migliori durante la lotta tra monarchia e repubblica.
Alla fine di ottobre in un’intervista al New York Time Umberto dichiara che la questione istituzionale sarà risolta con un referendum.
Proporre un referendum è diverso da proporre una Assemblea Costituente. Nel secondo caso la scelta della forma istituzionale è nelle mani dei rappresentanti del popolo, mentre nella prima è nelle mani del popolo stesso.
All’Assemblea costituente avrebbero partecipato quegli esponenti attivi contro il fascismo, per cui per la maggioranza repubblicani.
Il popolo invece era ancora filomonarchico, soprattutto in quelle aree meno sviluppate e meno toccate dalla resistenza.
Ci fu un altro scontro, quello per l’epurazione dei fascisti.
Togliatti, allora ministro guardasigilli, propose un atto realistico: l’amnistia.
Coloro che erano più radicali avrebbero voluto cambiare profondamente la natura dello stato, mentre altre volevano mantenere intatte le strutture dello stato precedente, anche se significava impedire lo sviluppo dello stato italiano.
In alcuni casi c’è troppo radicalismo, ma alcuni rappresentanti del personale era infido e avrebbe mantenuto uno stato conservatore.
Queste tensioni portano alla crisi del governo Bomoni, ma che poi si ricompone dando vita a un secondo governo Bonomi, dove non sono più presenti i socialisti e il Partito d’azione che non vogliono dare una copertura politica alle strutture conservatrici.
Il partito comunista invece rimane per non venire isolato e represso da un governo sempre più conservatore.

Per quanto riguarda la resistenza essa somma in sé tre forme di guerriglia: una patriottica per la liberazione nazionale dal tedesco, quella antifascista che aveva come scopo il ripristino di una vita politica democratica e una guerriglia sociale con la volontà di cambiare i rapporti di forza attraverso una rivoluzione della società.
Gli obiettivi erano diversi e non sempre sovrapponibili.
Per esempio le formazioni azzurre si oppongono alle trasformazioni sociali, ma lo stesso Togliatti aveva messo la sordina alla rivoluzione.
L’idea di rivoluzioni è legata a gruppi comunisti minoritari, come Bandiera Rossa che non facevano parte del partito.
Il problema si accentua dopo la guerra perché i primi due obiettivi sono stati raggiunti e rimane solo la rivoluzione sociale, soprattutto in Emilia, dove nell’estate del 1945 ci sono forme di repressione contro esponenti fascisti che avevano mostrato avversione verso la rivoluzione.
Si continua la lotta di classe attraverso l’uccisione di sacerdoti, proprietari terrieri……….
Quello che succede va collegato all’azione fascista del 1920. La violenza agraria fascista non era stata dimenticata.
Togliatti non vuole questa violenza e questo vale anche quando verrà ferito nel 1948 e darà ordine di non attuare rivolte.
La resistenza ha visto più soggetti in gioco. Prima di tutto ci fu una resistenza armata e una non armata.
La resistenza armata ebbe tre forme: una sulle montagne, una nelle campagne e una caratterizzata dalla presenta di truppe cobelligeranti con gli alleati. (truppe di Como a Montelungo). Gli americani diffidavano dell’Italia perché credevano che con la pace avrebbero fatto delle richieste.
I partigiani erano divisi in :
Brigate monarchiche, in Piemonte
Brigate Garibaldi che erano reparti comunisti, ma che avevano all’interno anche gente apolitica
Giustizia e libertà, che facevano riferimento al Partito di Azione prodotto nel 1942 da intellettuali intorno ai fratelli Rosselli.
Formazioni  Matteotti, composte da socialisti
Fiamme verdi, composte da cattolici e presenti soprattutto nella zona del bresciano.
All’interno delle brigate era presente un comandante militare e un commissario politico che istruiva sugli scopi della guerra.
I mesi di attività partigiana vanno dal settembre 1943 all’aprile 1945 e le necessità primarie erano quelle di trovare un alloggio e trovare cibo soprattutto in inverno. Queste necessità creavano dei rapporti con i contadini che erano sia rapporti di tacita collaborazione sia di resistenza perché i partigiani requisivano loro il cibo.
In casi di furto però le varie formazioni erano rigide, le punizioni erano severe sia per i nemici che per sia per chi trasgrediva all’interno della formazione.
Infatti dove circolavano molte armi anche in forma privata era possibile che si formassero gruppi di banditi che facevano una guerra privata.
Durante i mesi di attività si vede un aumentare e diminuire di numero delle formazioni:

  1. inverno 1943-44 c’erano 9000 partigiani in armi
  2. estate 1944 i partigiani erano 80000 – 100000
  3. inverno 1944-45  erano 50000
  4. primavera 1945 erano 200000

Questo dipendeva si dal fatto che in inverno era più difficile sopravvivere in montagna, ma l’aumento è dovuto anche dalla chiamata alle armi della Repubblica sociale. I ragazzi avevano due possibilità o diventare repubblichini o diventare partigiani.
Ci sono però altri elementi: l’avanzata degli alleati riduce il territorio partigiano, inoltre si formano anche alcune repubbliche partigiane come in Val d’Ossola, che sono organizzazioni civili affidate al CNL che hanno una durata relativa concessa dai tedeschi. Hanno però un valore politico.
La resistenza si sviluppa prevalentemente in montagna e in campagna, ma esiste anche una resistenza urbana: il GAP. La funzione è di sabotaggio e di uccisione di personaggi tedeschi o italiani della Repubblica di Salò, come avviene nell’aprile del 1944 con Gentile.
Vivere in città da partigiano comportava meno problemi per la sopravvivenza, ma non c’era sicurezza. Inoltre l’attività partigiana si svolgeva in modo più vicino al terrorismo.
Esisteva poi la resistenza non armata che investiva parte del mondo cattolico e della Chiesa. I preti costituivano un punto di riferimento come guida della comunità dove non esisteva un’autorità legittimata.
Agli alti livelli c’era meno esposizione e si evitava di prendere una posizione definita. C’è poi tutta la polemica su Pio XII che non ha neanche una parola sullo sterminio degli ebrei. I collaboratori rispondono che denunciare i crimini tedeschi significava esporre la Chiesa mettendo a repentaglio i cattolici e gli ebrei che avevano trovato rifugio in Vaticano.
Il ruolo della Chiesa durante al guerra fu di compensazione delle violenze in quanto dava un luogo di rifugio a ebrei e antifascisti, In realtà al termine della guerra fece lo stesso con i fascisti  i nazisti.
I cattolici a nord prendono posizioni antifasciste maturate di fronte alla guerra: partecipano quindi alla resistenza sia attiva che passiva e costituiscono quell’area in cui i partigiani trovano rifugio.
Il mondo operaio indice alcuni scioperi (marzo 1943, marzo 1944) nati come rivendicazioni di condizioni di vita migliori ma si trasformano presto in rivendicazioni politiche.
Ci sono poi gli internati militari che fanno una resistenza cosciente anche se non armata.
Ci sono però anche forme di passività che coinvolgono parte della popolazione che aspettava che la guerra finisse con i danni minori.
Far finta che non succeda nulla per mantenere i propri agi non è moralmente accettabile.
La neutralità vigliacca si schiera poi con i vincitori per dare voti, una volta ristabilita la democrazia, a chi interpreti meglio l’idea di moderazione.
Questo delude i partigiani che credevano di cambiare radicalmente la società italiana ma questo avviene solo nei pochi mesi in cui Parri diventa Presidente del consiglio. Dopo di che si ritorna a una condizione politica stagnante, dove sono presenti ancora strutture politiche, burocrazia e personale che c’erano nel periodo fascista.

Sul confine orientale esiste una situazione particolare. C’era un’area della Jugoslavia che era stata occupata dagli italiani; nascono così questioni etniche e politiche e tensioni politiche e nazionali tra le formazioni partigiane italiane e jugoslave che portano a sconfinamenti.
In Italia la presenza di bande partigiane comuniste viene identificato come presenza di anti italiani e filojuogoslavi.
Tutto questo va inquadrato pensando a ciò che succede nel 1918 con la propensione italiana a annettere terre slave.
Le tensioni tra i due paesi proseguono fino lla definizione dei confini che porterà alla divisione del territorio tra Italia Jugoslavia in modo che l’Istria rimanga slava. Ma in Istria la maggior parte della popolazione era italiana e quindi si verificano onde di profughi verso Trieste.
Questi profughi hanno la caratteristica di essere nazionalisti e favorire chi vuole l’italianità dell’Istria.
Intanto chi veniva considerato fascista o anche solo italiano veniva ucciso e il cadavere nascosto nel Carso.
Dopo il 1948 quando la Jugoslavia rompe i rapporti con Stalin questi episodi vengono dimenticati.
Non si può però parlare di pulizia etnica perché questa è stata subita per esempio dagli 8 milioni di tedeschi fatti fuggire dall’est verso l’ovest dall’Armata rossa.

La seconda guerra mondiale finisce con 30 milioni di morti tra i quali 18 milioni di russi, 6 milioni di polacchi, 1 milione e mezzo di jugoslavi, 620 mila francesi, 280 mila inglesi, 300 mila italiani, 1 milione e mezzo di tedeschi e 290 mila americani.
Il paese che ha subito più morti è la Russia e questo spiega il prestigio con cui è uscita dalla guerra. La maggior parte di russi e polacchi morti furono civili. In Polonia anche a causa dell’insurrezione di Varsavia dell’agosto del 1944, che non viene aiutata dai russi che pensavano di sottomettere la Polonia. E a causa dell’insurrezione del ghetto di Varsavia del 1943.
Pere che siano stati i russi ad uccidere gli ufficiali dell’esercito polacco per sopprimere la classe dirigente che poteva opporsi all’annessione della Polonia da parte dei russi.
Nel 1945 la zona occupata dai russi viene affidata ai polacchi perché i russi vogliono i territori orientali della Polonia, ma alla Russia vengono proposti i territori tedeschi.
Quando i tedeschi chiedono la rettifica dei confini la zona polacca rimane russa.

 

Fonte: http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/STORIA.DOC

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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